30 settembre 2018

Venezia e Locarno 2018 - conclusioni

Una rassegna senza guizzi, capolavori o titoli davvero memorabili, forse anche perché mancavano i film che a Venezia hanno ricevuto i premi principali (a partire dal Leone d'Oro "Roma"). Le cose migliori sono state il Pardo d'Oro di Locarno ("A land imagined" di Yeo Siew Hua), "Tramonto" dell'ungherese Lászlo Nemes e "Il fiume" del kazako Emir Baigazin. Gradevoli, benché leggerini, anche i lavori di Assayas ("Il gioco delle coppie"), Gipi ("Il ragazzo più felice del mondo") e Duprat ("Il mio capolavoro"). Gli asiatici non hanno deluso, ma soprattutto per gli aspetti estetici e stilistici: sia "Killing" di Tsukamoto che "Shadow" di Zhang Yimou aggiungono ben poco, come contenuti, alle rispettive filmografie. Mi aspettavo di più dalla pattuglia hollywoodiana, che ha puntato tutto sulle biografie e le storie vere: "First man" di Chazelle, "Van Gogh" di Schnabel e "BlacKkKlansman" di Spike Lee, comunque, si sono almeno dimostrati buoni prodotti d'intrattenimento, e una visione la meritavano. E poi c'è stato il recupero di "The other side of the wind", pellicola incompiuta di Orson Welles. Male, invece, "The nightingale" di Jennifer Kent, l'unico film davvero brutto fra quelli visti. Temi ricorrenti di molte pellicole: le storie vere, come detto, e in generale l'arte (la pittura de "Il mio capolavoro" e "Van Gogh", la scrittura de "Il gioco delle coppie", il cinema di "Il ragazzo più felice del mondo" e "The other side of the wind", il canto di "The nightingale", ma anche le arti marziali di "Killing" e "Shadow").

0 commenti: