3 maggio 2018

La montagna sacra (A. Jodorowsky, 1973)

La montagna sacra (La montaña sagrada)
di Alejandro Jodorowsky – Messico/USA 1973
con Horacio Salinas, Alejandro Jodorowsky
**1/2

Rivisto in divx alla Fogona, con Marisa e Monica.

In un Messico surreale e apocalittico, un ladro che assomiglia a Gesù Cristo (e come tale viene persino usato come "calco" per fabbricare una quantità spropositata di statue di crocifissi) viene "purificato" e poi addestrato da un santone-alchimista (Jodorowsky stesso): insieme ad altre sette persone, si metteranno in cammino per raggiungere la sommità della "montagna sacra", dove si dice che dimorino nove saggi che governano le sorti del mondo... Vagamente ispirato a "Il monte analogo" di René Daumal, uno dei film più celebri, folli e personali di Alejandro Jodorowsky, che firma regia, sceneggiatura, montaggio, vi recita e collabora anche alle scenografie, ai costumi e alla colonna sonora. Ricca (anzi, grondante) di simboli esoterici o alchemici, di immagini forti (anche se il taglio grottesco e kitsch le rende assolutamente digeribili), di allegorie, di metafore socio-politiche, di scene con animali di ogni genere, la pellicola racconta in teoria un viaggio verso l'ignoto e alla scoperta di sé stessi, talmente densa di (possibili) significati che ogni riassunto o descrizione non le renderebbe giustizia: va vista e basta. La sezione iniziale, che introduce il protagonista, ricorda ancora il precedente lungometraggio dell'autore cileno, "El topo", fra figure grottesche o deformi (il nano), ricostruzioni storiche stranianti (la battaglia fra indios e conquistador riprodotta con rospi e camaleonti) e una generale descrizione di un mondo degradato e in preda al caos, in attesa di un salvatore che lo illumini. Nella parte centrale vengono introdotti i sette partecipanti alla scalata al fianco del ladro, del santone e della sua guardia del corpo: costoro rappresentano i "potenti" della terra (imprenditori, politici, militari, intellettuali, ecc.) che hanno però scelto la via ascetica, e ciascuno di loro è associato a un pianeta del sistema solare. Le loro presentazioni, ricche di un grottesco surrealismo, sono fra le sezioni forse più interessanti del film a livello contenutistico. Infine c'è la lunga scalata alla montagna, con una serie di prove da superare. Il film si conclude con lo svelamento del "trucco" cinematografico: Jodorowsky rivela agli spettatori che si tratta solo di un film, e che è necessario cercare la propria via nella realtà. Una trovata simile a quella che, per motivi ovviamente diversi, farà Abbas Kiarostami ne "Il sapore della ciliegia". Decisamente un film unico nel suo genere, da gustare (o forse da centellinare) in maniera appropriata, come pura esperienza estetica-visiva, senza farsi soverchiare dalla densità di stimoli e di contenuti o della ricerca a tutti i costi di un significato implicito.

2 commenti:

Marisa ha detto...

Io sinceramente mi sono annoiata. Tutto quel sovraccarico di simboli arraffazzonati e gratuiti, senza una vera ispirazione individuale, ma presi a prestito da ogni parte, mi ha lasciato completamente indifferente. E dire che io adoro i simboli, ma quando sono autenticamente connessi con le profondità di chi li esprime!

Christian ha detto...

Per questo, secondo me, il film è da apprezzare soprattutto come esperienza estetica, nei suoi aspetti più grotteschi, surreali o di critica sociale, senza cercare di dare ai simboli un significato che non c'è oppure è pretestuoso e fumoso.