21 settembre 2017

Foxtrot (Samuel Maoz, 2017)

Foxtrot - La danza del destino (Foxtrot)
di Samuel Maoz – Israele/Germania/Francia 2017
con Lior Ashkenazi, Sarah Adler
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Visto al cinema Anteo, in originale con sottotitoli
(rassegna di Venezia).

I coniugi Michael (Ashkenazi) e Daphna Feldman (Adler) ricevono all'improvviso la tremenda notizia che loro figlio Jonathan (Yonaton Shiray), soldato di leva, è morto in circostanze non precisate. Naturalmente ne sono distrutti, l'uomo soprattutto... Ma non tutto è come sembra. Con questa "tragedia in tre atti", girata con uno stile personale e interessantissimo, Maoz (già vincitore del Leone d'Oro nel 2008 con "Lebanon", e le cui esperienze passate di soldato hanno evidentemente influenzato fortemente i lavori fin qui realizzati) ha conquistato a Venezia il Gran Premio della Giuria. La pellicola è divisa in tre parti, con la prima e l'ultima – dai toni drammatici e realisti – che mostrano le reazioni dei genitori, e quella intermedia – con un carattere surreale e sospeso, quasi alla Kaurismäki (o addirittura alla Fellini) – ambientata invece presso il posto di blocco nel deserto dove Jonathan svolge il suo lavoro di soldato. Qui, in mezzo al nulla, il ragazzo è protagonista di un segmento quasi da teatro dell'assurdo: il container dove dorme sprofonda nel fango, inclinandosi ogni giorno di più, mentre le poche auto e i cammelli di passaggio rappresentano gli unici momenti di fuga da una routine quasi alienante. Il posto di blocco è chiamato in codice "Foxtrot": ma proprio come il ballo da cui prende il nome, i personaggi e le loro vicende girano fino a tornare al punto di partenza. Emozioni, desideri, dolori e gioie si rincorrono lasciando l'una il posto alle altre, e il passato del padre si rispecchia in quello del figlio e viceversa. Un film sicuramente strano, a più facce, che mescola il dramma alla parabola filosofica, correndo il rischio di scontentare lo spettatore ma offrendogli in cambio una notevole qualità nella messa in scena (la regia è impeccabile e geometrica), nella recitazione (esaltata dai primissimi piani dei volti) e nella sceneggiatura (con un approccio originale e personale ai temi del lutto, della guerra, del rapporto fra padri e figli).

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