28 maggio 2017

Storia segreta del dopoguerra (Nagisa Oshima, 1970)

Storia segreta del dopoguerra: dopo la guerra di Tokyo
(Tokyo senso sengo hiwa)
di Nagisa Oshima – Giappone 1970
con Kazuo Goto, Emiko Iwasaki
**1/2

Visto in divx, in originale con sottotitoli.

Un gruppo di studenti di sinistra intende documentare su pellicola le proteste di strada contro il governo, perché "per spezzare l'oppressione serve l'immaginazione. Ecco perché facciamo film". Ma quando uno di loro si suicida gettandosi da un palazzo con la cinepresa in mano, il giovane Motoki si convince che l'amico abbia voluto lasciare nel film una sorta di testamento personale. E con l'aiuto della ragazza del defunto, Yasuko, cerca di dare un significato alle immagini apparentemente senza senso, scorci e riprese delle vie della città, e di ricostruirne il contenuto recandosi a filmare negli stessi luoghi... Girato durante la fase più ideologica e sperimentale della carriera di Oshima, e noto anche con il titolo inglese "The Man Who Left His Will On Film", questo strano film ondeggia fra l'autobiografico, il militante e il metafisico. Significativo che, quando gli studenti elencano i registi che potrebbero simpatizzare con loro, il primo della lista sia proprio Oshima. Fare cinema è un atto contraddittorio, così come la realtà e la finzione sono in contraddizione fra loro (e questo ricorda la querelle fra i teorici sovietici: non a caso si riconoscono echi de "L'uomo con la macchina da presa" di Dziga Vertov). Lo stesso cinema è uno strumento di lotta politica e al tempo stesso un mezzo per l'autodeterminazione individuale (convinto che non sia mai esistito, Motoki comincia a identificarsi nell'amico come a volerne prendere il posto, anche al fianco della compiacente Yasuko). "Catturare" su pellicola i paesaggi e gli scorci della città diventa equivalente a conquistare la ragazza (che infatti si pone spesso fra l'obiettivo e lo sfondo, come voler divenire una parte integrante del paesaggio; in una scena precedente, si spoglia davanti alla cinepresa per "fondersi" nel film proiettato), oltre a riportare dentro di sé quella parte che è fuggita (il misterioso amico scomparso). Girato con attori non professionisti e una bella colonna sonora di Toru Takemitsu, il film è però troppo enigmatico nella sovrapposizione dei piani narrativi e nello sviluppo "filosofico", con tanto di finale circolare, e pur essendo storicamente significativo non raggiunge l'intensità delle opere migliori del regista nipponico né il fascino dei suoi modelli di riferimento (su tutti gli autori della Nouvelle Vague francese, come Resnais e Godard).

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