9 gennaio 2017

Love exposure (Sion Sono, 2008)

Love exposure (Ai no mukidashi)
di Sion Sono – Giappone 2008
con Takahiro Nishijima, Hikari Mitsushima, Sakura Ando
***1/2

Visto in divx, in originale con sottotitoli.

Vero amore e religione, perversione e spiritualità, alienazione e famiglie disfunzionali in un film-monstre di ben quattro ore: ma la lunghezza è in realtà uno dei suoi pregi, visto che sembra di assistere a un serial televisivo che, episodio dopo episodio, approfondisce sempre più i personaggi principali, consentendo al pubblico di affezionarsi e "vivere" al loro fianco. E paradossalmente, nonostante la durata mastodontica (ma il ritmo e l'attenzione non calano mai) e la vastità dei temi trattati, è forse uno dei film di Sono più accessibili e meno "estremi" (relativamente parlando), almeno fra quelli che ho visto finora. Forse addirittura il suo capolavoro. Anche se il regista giapponese – come sempre – non sembra porre limiti o freni inibitori alla propria visione, gli eccessi e le esagerazioni risultano funzionali ai contenuti e l'immenso senso di libertà (dai generi e dalle convenzioni, ma non solo) che si respira a pieni polmoni contagia progressivamente anche lo spettatore. La trama è ovviamente assai lunga, e anche riassumendone solo i punti essenziali le si fa un torto (è un film che deve essere visto, non raccontato!). Comunque: il giovane Yu (Takahiro Nishijima), cresciuto in una famiglia cattolica, si scopre trascurato dal padre (che dopo la morte della moglie è stato ordinato prete), e per riconquistare il suo affetto comincia a commettere "peccati" di ogni genere in modo da poterglieli confessare. In particolare, diventa esperto nell'arte del tosatsu, ovvero la fotografia voyeuristica delle mutandine sotto le gonne delle ragazze. Nel frattempo, è alla ricerca della sua "Maria", ovvero l'unica ragazza di cui potrà innamorarsi. La troverà in Yoko (Hikari Mitsushima), teenager ribelle che odia tutti gli uomini ("tranne Gesù Cristo e Kurt Cobain"). Avendola salvata da un agguato mentre, per una scommessa, vestiva i panni della vendicatrice mascherata Sasori (mantello nero, occhialoni e cappello a falde larghe: un personaggio reso celebre dell'attrice Meiko Kaji in una serie di film degli anni settanta), Yu si rende conto di poterla corteggiare soltanto sotto quella falsa identità. Anche perché sta per diventare suo fratello, visto che suo padre intende lasciare la tonaca per sposare Kaori, la madre adottiva di Yoko. E qui si inserisce la terza protagonista, la misteriosa Aya Koike (Sakura Ando), manipolatrice biancovestita con un violento passato, che si occupa di reclutare nuovi membri per conto di una setta religiosa, la Chiesa Zero. Aya si interessa a Yu e alla sua famiglia non solo perché, in quanto cristiani, sono "prede" particolarmente allettanti: la ragazza vede in Yu una copia di sé stessa, essendo lui ossessionato, proprio come lei, dal "peccato originale". Con questo, credeteci o meno, arriviamo giusto ai titoli di testa, che giungono dopo la prima ora di pellicola!

Ondeggiando fra la commedia romantica e il coming of age esistenziale, il melodramma religioso e il cartoon demenziale, "Love exposure" è un film che spiazza in continuazione. Come tutti i lavori di Sono ha tanti pregi quanti difetti, che però sono perdonabili vista la genialità del regista e il suo bisogno di andare oltre i limiti pur di raccontare i temi che gli stanno a cuore: il legame fra l'individuo e la società, la rottura del cordone ombelicale con la famiglia – spesso descritta in termini negativi – e la conquista di un proprio posto nel mondo, che sia attraverso l'amore, il lavoro o la religione. E a proposito di quest'ultima, che nella pellicola gioca un ruolo fondamentale, ne vediamo sia gli aspetti più puri e spirituali (significativo che sia stato scelto il cristianesimo, che in Giappone è in fondo professato da una minoranza; ma il tema del peccato era strettamente necessario) che quelli socialmente patologici o distorti (la setta di Aya, che fa il lavaggio del cervello ai suoi adepti). I temi "alti" (l'amore, la purezza, la redenzione) vengono affiancati da quelli "bassi" (la perversione, la pornografia, la violenza), affrontati però non con intenti moralistici ma anzi con un approccio liberatorio e lontano da ogni ipocrisia, accompagnato da un'ironia da cinema trash o di exploitation (si pensi alle imprese "acrobatiche" di Yu per scattare foto sotto le gonne delle ragazze: sembra di vedere in azione Ataru Moroboshi!). E la nonchalance con cui si passa da sequenze esageratamente violente o gore (il flashback sulla gioventù di Aya, l'irruzione di Yu nella sede della setta) ad altre demenzialmente erotiche – le erezioni di Yu – o comiche (che sembrano uscire da un manga hentai), da situazioni intensamente romantiche o tragicamente liriche ad altre assolutamente improbabili e irreali, rivela tutto il talento cinematografico di un regista che, anche quando cerca di contenere alcuni dei suoi eccessi, è semplicemente incapace di fare film "normali" e che passino inosservati. Magistrale come sempre l'uso della colonna sonora: oltre ai brani composti appositamente da Tomohide Harada e alle canzoni del gruppo Yura Yura Teikoku, Sono ricorre con grande efficacia alla musica classica, in particolare al Bolero di Ravel (che accompagna la decisione di Yu di diventare esperto di tosatsu e tutto il suo "addestramento"), all'Allegretto della settima sinfonia di Beethoven (nella scena sulla spiaggia in cui Yoko recita il capitolo 13 della prima lettera ai Corinzi) e all'Adagio della terza sinfonia di Saint-Saens (nella sequenza dell'incontro fra Yoko e Yu/Sasori all'ospedale psichiatrico). Ottimi i tre giovani protagonisti. Nel cast anche Makiko Watanabe (Kaori) e Atsuro Watabe (il padre di Yu). Il musicista Hiroshi Oguchi è Lloyd, il maestro di tosatsu.

5 commenti:

Adriano Max ha detto...

Semplicemente evochi in me la curiosità per qualcosa che non conosco. Non so nulla di questo regista e dei registri a cui accede, ma l'immagine e la prima parte del tuo commento ( la seconda, il 'riassunto', la sto evitando prima di vedere il film ) mi stanno dicendo: guardalo ! Grazie Christian per la tua generosità e dedizione nel regalare queste pagine ! Adriano.

Christian ha detto...

Se lo vedrai, sono curioso di conoscere le tue reazioni! Sion Sono è un regista molto particolare e dallo stile ricco e molto personale, ama le provocazioni e non conosce mezze misure. Può piacere o non piacere, ma di certo non lascia indifferenti.

Anonimo ha detto...

sicura4mente il miglior film di Sono dop4o Cold fish... e mi ha p4ure fatto conoscere la saga di Sasori.

Christian ha detto...

Stai ironizzando sul fatto che dura 4 ore? :)

Comunque, prima o poi, la saga di Sasori me la vedrò anch'io!

Lakehurst ha detto...

no, i 4 mi sono partiti per sbaglio, ma in effetti erano calzanti. il contenuto del commento era onesto.
Il primo film della saga di Sasori è effettivamente molto bello, con una regia che merita.