20 settembre 2016

Frantz (François Ozon, 2016)

Frantz (id.)
di François Ozon – Francia/Germania 2016
con Paula Beer, Pierre Niney
***

Visto al cinema Arlecchino, con Sabrina, Marisa, Daniela e Federica, in originale con sottotitoli (rassegna di Venezia).

Siamo nel 1919: la prima guerra mondiale si è conclusa da poco, lasciando profonde ferite in tutta Europa. In un villaggio della Germania giunge il giovane francese Adrien per posare fiori sulla tomba di Frantz, soldato tedesco rimasto ucciso al fronte. Anna, l'inconsolabile promessa sposa di Frantz, e i genitori di questi lo accolgono in casa propria, dove Adrien racconta di essere stato amico del ragazzo durante il suo soggiorno a Parigi. E la sua sola presenza riesce a rasserenare gli animi, quasi sostituendo Frantz nel cuore dei suoi cari, tanto che i genitori cominciano a considerarlo come un figlio, e ad auspicare un suo matrimonio con Anna. Ma la verità è ben diversa, e solo Anna ne viene a conoscenza... Fotografato in un elegante bianco e nero (il colore irrompe solo nei momenti dei ricordi – veri o fasulli che siano – e in quei brevi istanti dove la gioia di vivere e la felicità tornano ad avere la meglio sul dolore e il tormento), Ozon rilegge "L'uomo che ho ucciso" (Broken Lullaby), film di Ernst Lubitsch del 1932 (a sua volta tratto da una pièce di Maurice Rostand), costruendo un melodramma antibellico che, gira e rigira, torna sui temi a lui cari dell'ambiguità e del rapporto fra realtà e finzione (con la scrittura, in questo caso le lettere di Anna ai genitori, che contribuisce alla creazione di una realtà immaginaria), con echi talvolta di "Jules e Jim", de "Il nastro bianco" e di "Heimat". Il personaggio di Frantz (a proposito: il nome stesso è un ponte fra i due mondi, quello tedesco e quello francese), sensibile, pacifista, amante dell'arte, torna a rivivere in Adrien, di cui anche Anna non può che innamorarsi, nonostante nasconda un terribile segreto. E proprio l'arte (la musica di Chopin, le poesie di Verlaine, i quadri di Manet), oltre all'amore, fornisce ai personaggi un appiglio per tenerli ancorati al mondo, nonostante gli impulsi di morte. Lo sfondo storico mostra le conseguenze della guerra su entrambi i fronti, il dolore per i caduti, il cieco risentimento verso il "nemico": interessanti a questo proposito le situazioni simmetriche che Adrien e Anna si trovano a vivere quando visitano l'uno il paese dell'altra (vengono visti con sospetto, o con malcelato odio, e sono testimoni del risentimento e dei rigurigiti nazionalisti del "nemico", come nelle scene in cui assistono a inni e canti nelle osterie). Intenso a livello psicologico, forse nella seconda parte il film concede un po' troppo al melodramma, per riprendersi però nel finale. Bravi i due giovani interpreti (Niney sembra un Adrien Brody giovane, e il suo personaggio ha pure lo stesso nome; la Beer ha vinto a Venezia il premio Mastroianni per la miglior attrice emergente). La scena dell'incontro fra Adrien e Frantz nella trincea riporta alla mente la canzone di Fabrizio De Andrè "La guerra di Piero".

3 commenti:

Marisa ha detto...

E' una struggente rappresentazione di come siamo tutti più o meno prigionieri di pregiudizi, risentimenti, illusioni... e solo l'arte forse ci può aiutare a sopportare, anche se non a risolvere, tanto dolore.
Tra le righe mi sembra di scorgere oltre il grande rimorso di Adrien (nonostante il perdono di Anna lui non riusirà mai a perdonarsi)il vero motivo di tanto struggimento, cioè l'omosessualità mai dichiarata che lo porta ad identificarsi innamorandosene proprio con il sensibile e pacifista "nemico". il gioco delle complesse identità sessuali è da sempre presente nei film di Ozon...

Christian ha detto...

Sì, mi pare evidente che Adrien sia omosessuale (e che si innamori di Frantz post-mortem), un'altra delle tante "verità nascoste" dei personaggi di questo film...

Marisa ha detto...

Illuminante la frase "La mia unica vera ferita è Frantz...)