15 giugno 2016

Io, Daniel Blake (Ken Loach, 2016)

Io, Daniel Blake (I, Daniel Blake)
di Ken Loach – GB 2016
con Dave Johns, Hayley Squires
**1/2

Visto al cinema Colosseo, in originale con sottotitoli
(rassegna di Cannes).

Dopo quarant'anni di lavoro come carpentiere in una segheria, Daniel Blake ha dovuto smettere a causa di un infarto. Ma per un cavillo gli viene negato l'assegno di invalidità: l'uomo è così costretto a una lunga trafila fra uffici e call center per cercare di far valere i propri diritti, vittima di una burocrazia ottusa e ridicola che sembra fare apposta a mettergli i bastoni fra le ruote. Intenzionato a non darsi per vinto e al tempo stesso a non perdere la propria dignità, Daniel le prova tutte, e nel frattempo stringe amicizia con Katie, madre single con due figli a carico, a sua volta disoccupata e alla disperata ricerca di una fonte di sostentamento. Ken Loach ha sempre fatto film "politici", e questo – premiato a Cannes con la Palma d'Oro, la seconda per il regista britannico dopo "Il vento che accarezza l'erba" nel 2006 – non solo non è da meno, ma è forse uno dei suoi lavori più esplicitamente di denuncia sociale. È un film cupo e pessimista, che mette al centro un vecchio lavoratore tagliato completamente fuori dal nuovo mondo "digitale" che si è formato intorno a lui, prigioniero di un meccanismo statale e burocratico che sembra aver perso di vista il proprio fine, in una società dove soltanto la solidarietà fra poveri, che si aiutano e sostengono a vicenda, può offrire qualche spiraglio di speranza e di fiducia per il futuro. Ma come tutti i film a tema, ha naturalmente i suoi limiti: nonostante la calda umanità del protagonista e la cura psicologica della sceneggiatura nel descrivere le tribolazioni di Katie, la Newcastle in cui si svolge la storia sembra troppo costruita per essere vera, e tutti i personaggi con cui interagisce Daniel non hanno personalità al di là del loro ruolo nelle sue vicende. Ma il brusco finale (con la lettera di Dan letta da Katie, quasi un manifesto per rivendicare la propria dignità di uomo e di lavoratore) è senza dubbio commovente.

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