22 aprile 2016

Le confessioni (Roberto Andò, 2016)

Le confessioni
di Roberto Andò – Italia/Francia 2016
con Toni Servillo, Daniel Auteuil
*1/2

Visto al cinema Apollo.

Il presidente del Fondo Monetario Internazionale (Daniel Auteuil) e i ministri dell'economia del G8 si riuniscono in un albergo di lusso sulla costa della Germania per deliberare una manovra segreta contro la crisi economica. Al summit, a sorpresa, sono invitati anche tre elementi esterni: una rock star, una scrittrice per bambini (Connie Nielsen, ispirata evidentemente a J.K. Rowling) e un monaco certosino votato al silenzio (Servillo). A quest'ultimo, a sera inoltrata, il presidente chiede inaspettatamente di essere confessato nella privacy della propria stanza. Ma quando la mattina dopo l'uomo viene trovato morto, si scatenano dubbi e panico: si è suicidato? è stato ucciso (con il monaco come primo sospettato)? Ma soprattutto, ha rivelato nella sua confessione il segreto della manovra finanziaria che sta per essere varata, e che avrà conseguenze pesanti per i paesi più deboli e già in difficoltà? Dopo "Viva la libertà", Andò – con l'aiuto di Servillo – prosegue la sua riflessione sul potere, centrando meglio l'attenzione da quello politico a quello economico. Ma lo fa con un film sì elegante (e che può contare su un ricco cast internazionale: ci sono anche Pierfrancesco Favino, Lambert Wilson, Marie-Josée Croze, Togo Igawa e Moritz Bleibtreu) ma anche freddo, fumoso e qualunquista nelle sue riflessioni a vasto raggio (oltre a politica ed economia, si sfiorano anche arte e religione). L'aggancio all'attualità (la crisi economica, l'austerity, il default della Grecia) si perde in generalizzazioni tanto superficiali quanto discutibili, mentre il gioco dei contrasti (il monaco umile in abito bianco che si aggira nei corridoi di un hotel lussuoso e asettico, i politici e gli economisti che devono prendere decisioni disumane e che frattanto mostrano vizi e virtù quanto più umane possibili) lascia il tempo che trova. Quanto all'aspetto giallistico, Andò ha dichiarato di essersi voluto rifare a maestri come Polanski e Hitchcock (di cui si cita esplicitamente "Io confesso"): ma evidentemente non sembra aver compreso la lezione di sir Alfred secondo cui la suspense va costruita "titillando" il pubblico: qui lo spettatore è tenuto all'oscuro di quasi tutti i dettagli della vicenda, i segreti dei personaggi rimangono tali anche per lui, il monaco è sempre enigmatico e impenetrabile, e dunque vengono a mancare gli appigli per costruire la tensione e rendere avvincente il thriller. Aggiungiamovi la caratterizzazione mal riuscita o inesistente di gran parte dei personaggi (alcuni dei quali, come il cantante, francamente inutili), la stereotipazione dei "buoni" e dei "cattivi" (i soli a manifestare dubbi sulla manovra economica sono il ministro italiano e l'unica donna, la canadese, mentre fra i "duri" ci sono ovviamente il tedesco, l'americano e il russo: le simpatie e le antipatie del regista sono fin troppo evidenti), i luoghi comuni sul potere delle banche, sul cinismo del capitalisti e sulla disumanità di potenti che non ascoltano la propria coscienza. A rendere un po' più gradevole il tutto non bastano sporadici momenti surreali o poetici (gli uccelli, il cane, il vecchio ricco con l'alzheimer, il finale semi-comico che però giunge fuori tempo massimo in un film che si è preso troppo sul serio) o la bravura degli interpreti (alcuni però, come Auteuil o la Nielsen, affossati dal doppiaggio). Nella colonna sonora di Nicola Piovani c'è spazio per Lou Reed ("Walk on the wild side") e Schubert ("Winterreise").

2 commenti:

Ismaele ha detto...

sei troppo buono, a me sembra una cagata pazzesca, possibile che delle molte persone che ci hanno lavorato nessuno ha capito la vuotezza e inutilità di questo film?

Christian ha detto...

In effetti è stato davvero una delusione. Ero andato a guardarlo con una certa aspettativa, visto il cast e il fatto che il film precedente di Andò non mi era dispiaciuto (anche se pure quello, a fronte di un'idea carina, era abbastanza superficiale e pressapochista). Qui davvero non funziona nulla, né se vogliamo analizzarlo a livello realistico (figuriamoci se i ministri dell'economia che partecipano a queste riunioni prendono le decisioni da soli: di solito sono accompagnati da fior di "sherpa", consulenti e collaboratori) né a livello filosofico (i discorsi su economia e politica, ma anche quelli sulla religione o sull'essere umano, sono qualunquistici, vuoti e retorici). Si salva giusto la confezione (interpreti, scenografia, fotografia, colonna sonora), con evidenti rimandi a Sorrentino, ed è solo a quella che si deve il mio mezzo punto.