2 marzo 2016

Alien (Ridley Scott, 1979)

Alien (id.)
di Ridley Scott – USA/GB 1979
con Tom Skerritt, Sigourney Weaver
****

Rivisto in DVD.

Il cargo spaziale Nostromo, in viaggio verso la Terra con sette membri di equipaggio (più un gatto) in ibernazione, riceve un misterioso messaggio in radiofrequenza emesso da un satellite roccioso. Come da regolamento, il computer della nave, Mother, sveglia gli uomini a bordo affinché indaghino sull'origine del segnale. Questo risulterà provenire da un'astronave extraterrestre, naufragata da anni, al cui interno si cela una minacciosa presenza... Il secondo lungometraggio di Ridley Scott, ideato e sceneggiato da Dan O'Bannon (già autore del soggetto di "Dark Star" di John Carpenter), è un'accattivante commistione fra fantascienza e horror, una delle pellicole più significative e influenti del genere, pur non scevra da riferimenti a lavori precedenti (da "La cosa da un altro mondo", di cui proprio Carpenter avrebbe girato a breve un nuovo adattamento cinematografico, a "Lo squalo" di Steven Spielberg, di cui lo stesso O'Bannon affermò che era una versione fantascientifica, passando per "Il mostro dell'astronave" di Edward Cahn e "Terrore nello spazio" di Mario Bava). Oltre a stabilire definitivamente il nome di Ridley Scott (preferito a Walter Hill e a Robert Aldrich) nell'olimpo dei registi emergenti di Hollywood, il film lanciò anche la carriera della protagonista Sigourney Weaver, allora attrice teatrale semisconosciuta e nemmeno accreditata come primo nome nei titoli di testa (anche per depistare gli spettatori su chi sarebbe sopravvissuto e chi no). Oltre alla Weaver (che interpreta Ripley, terzo ufficiale a bordo dell'astronave), il cast comprende Tom Skerritt (Dallas, il comandante), John Hurt (Kane, il secondo ufficiale, il primo a essere "infettato"), Ian Holm (Ash, l'ufficiale scientifico), Veronica Cartwright (Lambert, il navigatore), Yaphet Kotto (il nero Parker) e Harry Dean Stanton (Brett), i due tecnici della sala macchine. I "panni" del mostro, nella sua versione adulta (gli stadi precedenti consistono in modellini realizzati da Carlo Rambaldi), sono occasionalmente vestiti da Bolaji Badejo, oltre che da alcuni stuntmen.

L'inizio è lento, teso e pieno d'atmosfera. Dopo i bellissimi titoli di testa (disegnati da Richard Greenberg), la musica di Jerry Goldsmith risuona mentre la macchina da presa esplora i locali dell'astronave, vuoti perché i membri dell'equipaggio sono tutti in ibernazione. Un monitor si accende, con lo schermo che si riflette sulle visiere degli scafandri, dando inizio alla procedura del risveglio. È l'avvio di una vicenda caratterizzata da enorme tensione, da un impianto che mescola l'esplorazione dell'ignoto alla lotta per la sopravvivenza, e costruita su quella tipica struttura che negli anni a venire sarà confidenzialmente denominata "totomorti" (un gruppo di persone, in un luogo chiuso o isolato, alle prese con una minaccia che li elimina uno a uno). I vari personaggi sono introdotti a grandi linee (sappiamo poco o niente del loro passato), attraverso basilari dinamiche di gruppo (vedi i due tecnici, Parker e Brett, che nutrono una certa acrimonia verso gli altri perché il loro stipendio è inferiore). Non si tratta di figure standard o idealizzate, rispondenti agli stereotipi del film di fantascienza: e anche se i ruoli sono i soliti (comandante, ufficiale scientifico, ecc.), la distanza da "Star Trek" non potrebbe essere maggiore. L'arrivo dell'alieno a bordo dà vita a tutta una serie di momenti di genuino terrore, privi dell'ingenuità che permeava analoghi film negli anni cinquanta (fra i tanti, cito la scena in cui il mostro fuoriesce sanguinosamente dallo stomaco di Kane, una scena che si fa fatica a dimenticare e che terrorizzò, sul set, gli stessi attori: John Hurt era stato infatti l'unico a essere avvisato in anticipo di cosa sarebbe accaduto). Il resto della pellicola alterna sequenze ad alta suspense (l'esplorazione della nave alla ricerca del mostro), sussulti (gli improvvisi attacchi ai vari membri dell'equipaggio) e alcune sorprese (la rivelazione che Ash è un robot, cui segue la sua distruzione, con l'impressionante liquido bianco che gli fuoriesce dalla bocca al posto del sangue). E poi c'è tutta la coda finale, che anticipa "Terminator" (quando sembra che il mostro sia stato ormai sconfitto, ecco che ritorna e costringe Ripley a un ulteriore scontro).

Che la sola sopravvissuta, e dunque l'eroina della storia, sia una donna (per quanto "tosta"), fu di certo innovativo per l'epoca, anche se i tempi erano ormai pronti per una serie di protagoniste femminili anche in generi cinematografici tradizionalmente riservati agli uomini (l'anno prima c'era stato "Halloween" di Carpenter, a breve sarebbero arrivati "Nightmare", "Terminator 2", e tanti altri). In effetti, il sesso dei personaggi non ha alcuna importanza nell'economia della vicenda (ne avrà molto di più nel sequel, con il parallelo fra Ripley e la regina aliena nei loro duplici ruoli di madri): fra i sette membri dell'equipaggio (cinque uomini e due donne) non sembra contare nulla, né nel determinare la gerarchia di comando, né nel partecipare ad azioni pericolose (a esplorare il pianeta vanno in tre, fra cui una donna). E l'unico istante in cui la femminilità di Ripley viene messa in evidenza davanti allo spettatore è proprio nel finale, quando – rimasta da sola – si appresta a tornare nella capsula per l'ibernazione spogliandosi e restando in mutandine e canottiera. Per il resto la pellicola è neutra, tanto che pure l'alieno non pare avere un sesso (anche se, nel suo design, le allusioni sessuali non mancano). Il suo ciclo di vita si svolge attraverso una serie di stadi ben precisi: si parte dalle uova che Kane rinviene nell'astronave extraterrestre, dalle quali fuoriesce il cosiddetto "face-hugger", creatura artropode che si attacca come un parassita al volto della vittima, infettandola e usandola come veicolo per la successiva nascita dell'alieno vero e proprio. Fondamentale, per l'estetica del film, il memorabile e terrificante design del mostro, opera dell'artista svizzero H.R. Giger, che fonde suggestioni biologiche e meccaniche (in particolare per la seconda fila di mandibole che fuoriesce dalla prima). In generale, del mostruoso xenomorfo – sulla cui origine in questo primo film non si viene a sapere nulla – sono le caratteristiche fisiche a fare più paura: chi non ricorda l'acido che ha al posto del sangue, e che lo rende una creatura quasi impossibile da distruggere? Di fatto è un guerriero perfetto, apparentemente senza punti deboli: "Ne ammiro la purezza", spiega Ash.

Lo scontro fra gli uomini e l'alieno ha luogo in un'astronave diversa da tutte quelle che fino ad allora erano comparse nei film di fantascienza. Corridoi bui, pareti arruginite, tubi, condotte e griglie di ventilazione in bella vista: si tratta di una fantascienza "sporca", che mette in chiaro come l'astronava sia "usata" e si corrompa con il tempo, agli antipodi dunque di quegli ambienti perfetti, puliti e asettici che per molti anni avevano caratterizzato l'immagine del futuro. Questo realismo si trasmette anche ai personaggi (tutti "normali" lavoratori, con cui dunque il pubblico si poteva facilmente identificare), dando l'impressione che qualsiasi cosa possa accadere e soprattutto che nessuno è al sicuro. Man mano che la storia procede e che l'alieno elimina i vari membri dell'equipaggio, si comincia a sospettare che, forse, nessuno ne uscirà vivo. Persino la mascotte di bordo, il gatto Jones, diventa sospetto! La lavorazione potè contare su una grande quantità di disegni preparatori, di studi di costumi, ambienti, scenari e atmosfere, e il risultato si vede: la Nostromo sembra reale, e tutto questo contribuisce a rendere il senso di pericolo ancora più palpabile (il che è uno dei segreti della buona riuscita di un film horror). Claustrofobia, angoscia e terrore ne conseguono in maniera naturale. Il doppiaggio italiano, pur di alto livello, scivola qui e lì in fase di adattamento: il nome di Ripley è sempre pronunciato "Raiplei" (tornerà "Ripli" dal secondo capitolo), mentre qua e là fanno capolino i famigerati "nitrogeno" e "silicone" al posto di "azoto" e "silicio" (errori comuni per chi traduce dall'inglese "ad orecchio"). Il successo del film darà il via a una lunga e celebrata franchise, fra sequel ("Aliens", "Alien³", "Alien: La clonazione"), crossover (i due "Aliens vs. Predator") e prequel ("Prometheus", l'imminente "Alien: Covenant"), per non parlare di fumetti, romanzi, videogiochi e via dicendo.

2 commenti:

James Ford ha detto...

Concordo su tutto.
Un film gigantesco, che ancora oggi fa venire i brividi.

Christian ha detto...

Più horror che fantascienza, ma una vera pietra miliare in entrambi i generi!