20 novembre 2015

Sete (Ingmar Bergman, 1949)

Sete (Törst)
di Ingmar Bergman – Svezia 1949
con Eva Henning, Birger Malmsten
**1/2

Visto in divx, in originale con sottotitoli.

Tratto da una raccolta di novelle di Birgit Tengroth (che recita nel film nella parte di Viola), "Sete" è uno dei film più complessi – anche a livello di costruzione narrativa – fra quelli del primo periodo di Bergman, un dramma coniugale che anticipa molti temi (su tutti, quelli psicanalitici) dei suoi lavori successivi. Al centro della storia c'è Ruth, ex ballerina che sta tornando in Svezia dopo una vacanza trascorsa in Italia con il marito Bertil. Mentre il treno su cui viaggia la coppia attraversa un'Europa ancora sconvolta dalla guerra (fuori dal finestrino si vedono rovine e profughi), il rapporto fra i due coniugi è messo a dura prova da tensioni e insicurezze dovute alle rispettive esperienze passate. La ragazza, ex ballerina con un'inclinazione all'alcolismo, prova un profondo rancore verso gli uomini perché è diventata sterile in seguito a un aborto cui si era sottoposta dopo essere stata abbandonata da un amante precedente, Raoul, un ufficiale svizzero che aveva preferito tornare dalla moglie. Bertil, a sua volta, è rimasto segnato da una relazione con Viola, una donna che soffre di problemi psichici. Quasi tutta la pellicola (se si eccettua il lungo flashback iniziale che mostra la frequentazione fra Ruth e Raoul a Basilea) è ambientata nello scompartimento del treno su cui viaggiano Ruth e Bertil, mentre in parallelo si mostrano le tragiche vicende di Viola a Stoccolma, alle prese prima con un ambiguo psicanalista e poi con un'amica lesbica (un personaggio, quest'ultimo, che torna dal passato di Ruth, come a completare un circolo che unisce tutti i personaggi: una conseguenza dell'aver congiunto, nella sceneggiatura, quattro diversi racconti della Tengroth). La tensione fra i due coniugi giunge al suo apice quando Bertil "uccide" Ruth in sogno: l'episodio lo porterà a comprendere che non vuole restare da solo, e i due (forse) si riappacificheranno. La "sete" del titolo, ovviamente, oltre a essere letterale (Ruth beve in continuazione), indica il bisogno compulsivo di amore, ma anche – a seconda dei personaggi – di gratificazione (i due chiedono a una bambina incontrata sul treno se le piacciono), di indipendenza, di avere una famiglia. I personaggi sono stratificati e non mancano di spessore (persino quelli che fanno solo una comparsata – come l'anziana insegnante di ballo, o il vetraio che redarguisce lo psicanalista – restano impressi), mentre a livello visivo la regia insiste sulle suggestioni fornite dalla simbologia dell'acqua (si mostrano fiumi, laghi e mulinelli, e anche la sceneggiatura contribuisce, citando la leggenda di Aretusa).

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