11 novembre 2015

Public access (Bryan Singer, 1993)

Public access (id.)
di Bryan Singer – USA 1993
con Ron Marquette, Dina Brooks
**1/2

Visto in divx.

Un misterioso viaggiatore, Whiley Pritcher, giunge nella piccola città di Brewster e acquista uno spazio presso l'emittente televisiva locale (una cosiddetta "public access television", ovvero una stazione che permette a chiunque, dietro pagamento, di mandare in onda i propri contenuti), dando vita a un talk show per discutere i problemi della cittadina ("Cosa c'è che non va a Brewster?" diventa la sua catch-phrase). Ben presto quella che sembrava una città idilliaca, priva di criminalità e con una fiorente occupazione, comincia a rivelare i suoi altarini: all'inizio, piccole beghe fra vicini o discussioni sulla moralità dei personaggi pubblici; e poi la corruzione nascosta del sindaco Breyer, che pure Whiley sostiene apertamente nel corso delle sue trasmissioni. Ma chi è Whiley e quali sono i suoi veri intenti? Il film d'esordio di Bryan Singer, girato in soli 18 giorni e con pochi soldi quando aveva soltanto 28 anni, è uno strano viaggio all'interno della provincia americana, con riflessioni sul fragile benessere delle comunità (nei dialoghi si cita il caso di Flint, la cittadina del Michigan che subì un crollo demografico e sociale per la crisi dell'industria automobilistica cui doveva la propria prosperità, come raccontato da Roger Moore nei suoi documentari) ma anche sul potere manipolatorio dei mass media, sull'ambiguità dei politici e sul fenomeno dei "predicatori" televisivi (anche se qui non si parla di religione ma di temi sociali). Forse un po' fumoso a livello di storia e di personaggi, il film brilla però per la regia di Synger, avvolgente e ipnotica, caratterizzata da lenti movimenti di macchina e da una fotografia virata sul rosso che a tratti dona connotazioni infernali agli scorci della tranquilla cittadina di Brewster (e non a caso, visto che una possibile lettura del film è quella che il misterioso Whiley sia una sorta di diavolo, giunto lì per seminare la zizzania). In effetti, la suspense è assicurata dall'ambiguità del personaggio principale, manipolatore e inquietante, venuto dal nulla e senza un passato, di cui a lungo ignoriamo i veri motivi. La pellicola vinse il premio della giuria al Sundance Film Festival e valse al giovane cineasta quella notorietà che gli consentì di attirare qualche nome di punta (Kevin Spacey) per il suo secondo progetto, "I soliti sospetti", scritto – come questo – insieme al suo amico ed ex compagno di liceo Christopher McQuarrie, che riscosse un successo planetario. Un altro amico, John Ottman, ha curato sia il montaggio che la colonna sonora.

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