25 settembre 2015

Ti guardo (Lorenzo Vigas, 2015)

Ti guardo (Desde allá)
di Lorenzo Vigas – Venezuela 2015
con Alfredo Castro, Luis Silva
***

Visto al cinema Ariosto, con Sabrina, in originale con sottotitoli (rassegna di Venezia).

La strana relazione fra Armando, uomo di mezza età che adesca ragazzi per rapporti gay a pagamento, ed Elder, delinquentello per le strade di Caracas. Dopo un inizio violento (il ragazzo rifiuta le avances dell'uomo, lo picchia e lo deruba), una serie di successivi incontri li fanno avvicinare sempre più, al punto che Elder comincia a vedere in lui quel padre che avrebbe voluto avere. Ma forse non tutto è come sembra, e l'estrema ambiguità di Armando nasconde un piano per approfittare del giovane. Giostrato su molti livelli e ambientato in una città colma di "distanze" (il titolo originale significa "Da lontano"), omofobie e solitudini, un film intenso e coinvolgente, che spiazza continuamente lo spettatore (il tema dell'omosessualità, col senno di poi, si rivela secondario) e che lascia molte cose non dette, al punto da stimolare riflessioni e ipotesi di vario genere (siamo di fronte a un dramma psicologico, a un thriller o magari ad entrambi?). Fra attrazioni e repulsioni, scelte di individualità e bisogno di legami familiari, scenari di povertà e violenza e scorci di ricchezza usata come esca o tentazione (il denaro è una forza potente a ogni latitudine, anche se poi si rivela il surrogato di qualcos'altro), il regista è abile a non lasciare indizi evidenti sulla reale natura della personalità di Armando, tenendo dunque per valido il tema dei rapporti familiari (la relazione padre-figlio si riflette da un personaggio all'altro e si trasferisce nel rapporto fra Armando stesso e il ragazzo, con evidenti connotazioni edipiche) anche se, per paradosso, la vera storia fosse invece quella ben più banale di un killer che sfrutta un innocente per fargli fare il proprio lavoro. Ogni lettura in fondo potrebbe essere giustificata, perché gli elementi che la consentirebbero non mancano: alcuni di essi, semplicemente, sono "fuori fuoco", come suggerisce la fotografia delle scene iniziali e finali. L'estremo controllo del regista (esordiente) sulla vicenda, la sua torbidità e l'ambiguità generale, ben sostenuta comunque da personaggi a loro modo indimenticabili, sono valsi al film il Leone d'Oro a Venezia, forse a sorpresa ma anche meritato. Ottimi gli attori: alla fragilità del giovane Silva si contrappone l'espressiva enigmaticità di un impeccabile Castro (già protagonista dei capolavori di Pablo Larraín, "Tony Manero" e "Post mortem").

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