12 agosto 2015

Madadayo (Akira Kurosawa, 1993)

Madadayo - Il compleanno (Madadayo)
di Akira Kurosawa – Giappone 1993
con Tatsuo Matsumura, Kyoko Kagawa
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Rivisto in divx, con Marisa.

Il professor Uchida, scrittore e docente di tedesco, va in pensione nel 1943: illuminato e anticonvenzionale, stravagante e fuori dagli schemi, nel corso della sua carriera si è conquistato l'affetto e il rispetto di decine di studenti che non cesseranno mai di fargli visita e recargli omaggio. Ogni anno, in occasione del suo compleanno, lo festeggeranno in particolare con un'insolita cerimonia, durante la quale gli viene provocatoriamente chiesto se è finalmente disposto ad abbandonare questo mondo: "Mādakai?" ("Sei pronto?"), è la domanda che gli rivolgono. E la sua risposta, immancabilmente, è "Mādadayo" ("Non ancora"). L'ultimo film di Akira Kurosawa (il regista nipponico sarebbe morto pochi anni dopo, nel 1998) non è il suo testamento spirituale: di quelli, "l'imperatore" ne aveva già lasciati fin troppi con i lungometraggi precedenti (a ben vedere è almeno dal 1965, l'anno di "Dodes'ka-den", che ciascuno dei suoi film veniva considerato da critici e spettatori – per temi, importanza o contenuto – come se fosse l'ultimo di una carriera che sembrava non terminare mai). È invece semplicemente un omaggio verso un personaggio realmente esistito (Hyakken Uchida visse dal 1889 al 1971) e nel quale forse Kurosawa si identificava, o che quantomeno ammirava per aver sempre saputo mantenere un animo giovane e limpido ("d'oro zecchino", dicono i suoi studenti) come quello di un bambino: solo così si spiegano le forti emozioni che suscitano in lui eventi semplici e "piccole" tragedie personali come la perdita del gatto di casa (un episodio che occupa quasi metà del film), oppure i sogni che continua a fare anche in età avanzata, nei quali si rivede da ragazzo a giocare a nascondino con i suoi amici e a contemplare le luci dorate del tramonto che creano strane forme e colori nel cielo. Ed è su queste immagini oniriche, accompagnate dalla musica di Vivaldi, che si concludono sia il cinema di Kurosawa sia un film che, insieme agli immediatamente precedenti "Sogni" e "Rapsodia in agosto", compone un ideale trittico intimo e minimalista, apparentemente distante dai grandi affreschi storici e sociali realizzati dal regista in precedenza ma in realtà incentrato, come quelli, sulla psicologia umana e sulla grande sensibilità dell'artista. Anche prima di questo finale, in ogni caso, la pellicola ha parecchio da offrire a uno spettatore disposto ad adeguarsi al ritmo rilassato della narrazione: divertenti aneddoti e momenti di grande pathos (giocando un po' con la cronologia – nella realtà Uchida smise di insegnare nel 1949 – Kurosawa racconta anche gli ultimi anni della guerra e quelli dell'immediato dopoguerra: ma il tono è sempre ilare e rilassato, mai drammatico), festeggiamenti di gruppo e recitazione di poesie, la contemplazione della luna e il trascorrere delle stagioni, canti popolari e insegnamenti spirituali quasi zen. Fra gli attori che interpretano gli allievi di Uchida, si riconoscono Hisashi Higawa e Akira Terao, già visti in "Ran" e "Sogni".

2 commenti:

James Ford ha detto...

Devo recuperarlo, è uno dei pochissimi Kurosawa che mi manca.
Al Maestro lo devo.

Christian ha detto...

Non c'è un film di A.K. che non meriti la visione! ^^