25 giugno 2015

Quella sporca dozzina (R. Aldrich, 1967)

Quella sporca dozzina (The Dirty Dozen)
di Robert Aldrich – USA 1967
con Lee Marvin, Charles Bronson
***

Visto in TV.

Poche settimane prima dello sbarco in Normandia, il maggiore americano Reisman (Lee Marvin) viene incaricato di addestrare un gruppo di dodici soldati detenuti, condannati a morte o all'ergastolo per crimini vari, e di farne una squadra in grado di compiere una missione "impossibile": raggiungere un castello nella Francia occupata dai nazisti, all'interno del quale si radunano gli ufficiali nemici, e sterminarli tutti. Nonostante le iniziali difficoltà (Reisman, a sua volta refrattario alle regole e all'autorità, si troverà a gestire uomini indisciplinati, inaffidabili, incorreggibili o addirittura psicopatici), il gruppo imparerà pian piano a conoscersi e a dimostrare spirito di squadra. E saprà portare a termine la missione con coraggio, anche se la maggior parte ci rimetterà la pelle. Uno fra i più celebri film di guerra "non convenzionali", divertente, violento e fumettoso (non a caso è fra le fonti di ispirazione citate da Tarantino per "Bastardi senza gloria"), riscosse un enorme successo di pubblico proprio perché, alla vigilia del 1968, metteva in scena una serie di individualità che contestavano apertamente la catena di comando e le logiche della guerra (la pellicola si chiude addirittura con la frase "C'è una buona notizia: ammazzare generali può essere un lavoro!"). Solo l'ultimo quarto del film è dedicato alla missione vera e propria: in precedenza assistiamo al lungo processo di addestramento e soprattutto all'esercitazione in cui la "sporca dozzina" (chiamata così perché, per punizione, da un certo punto in poi agli uomini viene proibito di lavarsi o di radersi) dimostra il proprio valore contro i reparti organizzati e regolari dell'esercito alleato, guidati dallo sprezzante colonnello Breed (Robert Ryan). E non mancano altre scene in cui i protagonisti tendono a farsi beffe dell'autorità costituita (come quando uno di loro, spacciandosi per generale, passa in rassegna le truppe). A causa di tutto ciò, anche il finale in cui i nostri eroi si sacrificano durante la missione può essere visto più come un attaccamento ai propri compagni che non agli ideali patriottici o bellici, verso i quali c'è sospetto, diffidenza o totale distacco. La sceneggiatura, estremamente lineare e facilmente divisibile in "atti", è tratta da un romanzo del 1965 di E. M. Nathanson, ispirato a sua volta (pare) da personaggi reali, i "Filthy Thirteen". Ricco, ovviamente, il cast: fra i membri del gruppo spiccano Charles Bronson (Wladislaw, il leader silenzioso e imperturbabile, l'unico che parla tedesco), Telly Savalas (Maggott, il maniaco religioso, il più pazzo del gruppo), John Cassateves (Franco, il più indisciplinato ma anche il più carismatico), Donald Sutherland (Pinkley, il più giovane), Jim Brown, campione di football americano (Jefferson, l'immancabile nero) e Clint Walker (Posey, il "gigante buono"), mentre in altri ruoli troviamo Ernest Borgnine (li generale di divisione), Richard Jaeckel (il sergente di collegamento), Ralph Meeker e George Kennedy. Lee Marvin e Telly Savalas sostituirono all'ultimo minuto John Wayne e Jack Palance, che rifiutarono i ruoli. Uno dei dodici soldati (Jimenez) muore fuori scena perché l'attore che lo interpretava (Trini Lopez) abbandonò il set per divergenze con la produzione. La pellicola fu interamente girata in Inghilterra: il castello francese fu costruito appositamente dallo scenografo William Hutchinson e si rivelò talmente solido che, nella scena dell'esplosione, i cineasti furono costretti a utilizzare un modellino in sughero. Il successo del film, e soprattutto l'impatto che ebbe sul pubblico, portarono alla realizzazione di svariate imitazioni ma anche di tre sequel ufficiali e persino di una serie televisiva negli anni ottanta.

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