21 giugno 2015

Cannes e dintorni 2015 - conclusioni

E anche questa rassegna è finita. Non sono rimasto insoddisfatto: ho potuto vedere almeno un capolavoro ("Il figlio di Saul" dell'ungherese Nemes) e diversi film ottimi o comunque interessanti ("Al di là delle montagne", "Mózes, il pesce e la colomba", "Un mondo fragile", "The lobster", "Trois souvenirs de ma jeunesse"). Certo, non sono mancate le sòle: penso in particolare al micidiale "Peace to us in our dreams" di Sharunas Bartas, peggior film della rassegna (e forse dell'anno). Ma nel complesso, è sempre un piacere farsi un viaggio in pochi giorni attraverso il cinema di tutto il mondo, ascoltando tante lingue diverse e vivendo, per brevi momenti, in paesi così distanti fra loro. È questa la vera magia del cinema (soprattutto se in lingua originale)! Fra i temi preponderanti della rassegna spiccano i legami famigliari, presenti in quasi tutti i film visti: fra fratelli ("Rams"), sorelle ("Little sister"), figli e genitori ("Mózes", "Al di là delle montagne", "Il figlio di Saul") o a tutto tondo ("Un mondo fragile", "The here after"). Inoltre, grande attenzione agli adolescenti ("A testa alta", "Diamante nero", "Trois souvenirs de ma jeunesse" e ancora "The here after") e persino agli animali ("Rams", "Mózes", e ovviamente "The lobster"). Da segnalare l'alta qualità delle opere prime, come le due pellicole ungheresi di Nemes e Zomborácz e quella colombiana. La scelta della "Camera d'or" (il premio al miglior regista esordiente) non deve essere stata facile: per la cronaca, l'ha vinta Acevedo con "Un mondo fragile".

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