12 maggio 2015

Star Trek Into Darkness (J.J. Abrams, 2013)

Into Darkness - Star Trek (Star Trek Into Darkness)
di J.J. Abrams – USA 2013
con Chris Pine, Zachary Quinto
**

Visto in divx.

Secondo capitolo del reboot cinematografico di "Star Trek", virato in chiave fracassona e giovanilistica dal regista/produttore J.J. Abrams. Meglio del precedente, devo dire: a parte la debole caratterizzazione dei personaggi principali e il fatto che si risolva sempre tutto a scazzottate, si cominciano lentamente a intravedere alcune delle caratteristiche fondanti della saga (in questo caso, il dilemma morale fra il desiderio di vendetta e il rispetto delle regole, anche quando ci si trova di fronte a terroristi, il che riecheggia questioni di stretta attualità nel mondo odierno come accadeva nei migliori episodi della serie), tali da giustificare la sospensione dell'incredulità di fronte a una trama non priva di buchi o di passaggi forzati. E il finale annuncia l'avvio di quella "missione quinquennale" di esplorazione dello spazio che nelle prossime pellicole – almeno così si spera – giustificherà finalmente quel "Trek" nel titolo. Come nel secondo film della serie classica, il cattivo è Khan, superuomo geneticamente modificato e poi ibernato insieme ad altri suoi compagni, che minaccia di distruggere la Federazione Stellare perché il guerrafondaio ammiraglio Marcus (Peter Weller) intendeva usarlo – e sacrificarlo – pur di scatenare una guerra contro l'impero Klingon. I nostri eroi si troveranno nel mezzo e dovranno decidere da che parte stare, fra la tentazione di una facile vendetta contro Khan (responsabile della morte del mentore di Kirk, il capitano Pike) e la scelta di allearsi momentaneamente con lui per fronteggiare un nemico ancora peggiore. Ne risulterà, fra l'altro, uno scontro diretto con Marcus, con due navi della federazione una contro l'altra (ma quella dei cattivi, manco a dirlo, è più grande, nera, e praticamente senza equipaggio). Trama a parte, come in ogni secondo capitolo di franchise che si rispetti, dopo la difficoltosa introduzione dei personaggi nel primo film il loro processo di "costruzione" procede spedito, avvicinandoli sempre più a quelli che conosciamo, anche se non tutti godono dello stesso spazio sotto i riflettori e alcuni sembrano quasi una caricatura di sé stessi. A parte Kirk e Spock, protagonisti assoluti, una discreta attenzione è dedicata a Scotty e Uhura, mentre Sulu e Chekov sono ancora al livello di macchiette e il dottor McCoy è parecchio sacrificato (e dire che nella serie tv era di fatto un terzo protagonista).

Molti i rimandi e i riferimenti al classico "L'ira di Khan", come dicevamo. A parte l'identità del cattivo (svelata solo a metà film), interpretato da un Benedict Cumberbatch che lo differenzia parecchio dalla versione precedente di Ricardo Montalbán (perde del tutto, per dirne una, l'etnia indiana o sikh), possiamo udire la celebre frase "Le esigenze dei molti contano più di quelle dei pochi" (subito all'inizio, durante la sequenza d'azione introduttiva). Quando il vecchio Spock (Leonard Nimoy, alla sua ultima apparizione sullo schermo) compare brevemente in video, quello nuovo gli chiede come avessero sconfitto Khan nella linea temporale originale. Ma l'omaggio più evidente è nel finale, quando viene riproposta – a parti invertite – la famigerata scena in cui Spock moriva per le radiazioni dopo essersi sacrificato per rimettere in funzione il motore a curvatura dell'Enterprise. Stavolta è Kirk a soccombere, e Spock ad assistere alla sua morte. Naturalmente, nella versione di Abrams, tale morte non è temporanea: tempo pochi minuti, ed ecco che si scopre un modo per riportare l'amico in vita. Dal film del 1982 viene anche il personaggio di Carol Marcus: ma in questa sciacquetta che si mostra in lingerie non c'è nulla della scienziata matura e indipendente di allora. Per il resto, detto che i Klingon ci fanno una magra figura e che non mancano le consuete assurdità scientifiche e fantascientiche (come l'inseguimento e il combattimento fra astronavi durante la curvatura, o il fatto che Khan si teletrasporti direttamente dalla Terra al pianeta dei Klingon: a cosa servono le navi spaziali allora?), da segnalare – fra una scena d'azione e l'altra – qualche momento divertente: come quando Chekov, cui Kirk ha ordinato di mettersi una divisa rossa per sostituire Scotty nella sala macchine, mostra una faccia preoccupata: perché sente la responsabilità dell'incarico affidatogli, o perché sa – come i fan – che le "redshirt" fanno di solito una brutta fine? Il titolo italiano, chissà perché, inverte le due parti del titolo, rendendolo fra l'altro privo di senso semantico. Abrams rinuncerà a dirigere il terzo episodio perché impegnato con il nuovo film di "Star Wars": e il fatto che possa passare con tale disinvoltura da "Star Trek" a "Guerre stellari", due universi fantascientifici un tempo agli antipodi per contenuti e significato, dimostra come questo reboot, pur gradevole a livello di intrattenimento, sia ancora parecchio distante dalla filosofia originaria della serie.

2 commenti:

Jean Jacques ha detto...

Ammetto che di "Star Trek" ho visto poco o nulla, concedendomi solo ai film-reboot... sono sempre stato un warsie :)
Da spettatore vergine posso dire quindi che li ho graducchiati. Ma questo mi ha dato l'impressione di un film che, per quanto gradevole e simpatico, ha delle grandi potenzialità che però non sfrutta...

Christian ha detto...

In effetti è così, speriamo che le prossime pellicole (senza Abrams, e con la missione quinquennale in partenza) le potenzialità le sfruttino meglio. C'è da dire, però, che anche i film classici (a parte poche eccezioni) non erano questo gran che. Forse "Star Trek" è un franchise che funziona meglio come serie tv...