7 maggio 2015

2 cavalieri a Londra (David Dobkin, 2003)

2 cavalieri a Londra (Shanghai Knights)
di David Dobkin – USA 2003
con Jackie Chan, Owen Wilson
**1/2

Visto in TV.

È il seguito di "Pallottole cinesi", ambientato pochi anni dopo, nel 1887. Questa volta i nostri due eroi, Chon Wang (Jackie) e Roy O'Bannon (Wilson), si trasferiscono nel vecchio continente, ossia nella Londra vittoriana, alla ricerca del misterioso sicario britannico che ha ucciso in Cina il padre di Chon per impadronirsi di un prezioso sigillo imperiale. Il cattivo è Lord Rathbone (Aidan Gillen), imparentato nientemeno che con la famiglia reale: in cambio del sigillo, che vuole consegnare al fratellastro dell'imperatore cinese (Donnie Yen), questi sterminerà per lui la regina Vittoria e tutti i parenti più prossimi, lasciandolo come unico sopravvissuto nella linea di successione. Chon e Roy sventeranno però l'attentato, aiutati anche dall'ispettore di polizia Arthur Conan Doyle (al quale i nostri due eroi ispireranno, involontariamente, il personaggio di Sherlock Holmes) e da un piccolo ladruncolo di strada, Charlie Chaplin (qui c'è un anacronismo: Chaplin in realtà è nato nel 1889). Come nel film precedente, siamo di fronte a un pastiche che mescola generi e luoghi comuni dell'avventura, con citazioni e riferimenti di ogni tipo. Fra un bisticcio e un combattimento, i nostri eroi attraversano con ironia tutti i luoghi simbolo di Londra e dintorni (passando da Stonehenge, da Whitechapel – dove affrontano Jack lo Squartatore – o dal museo delle cere di Madame Tussaud, per concludere con la lotta finale nel Big Ben). Come e più del precedente (al quale è superiore per ritmo e regia), il film è sempre in movimento: per quanto riguarda le scene d'azione Jackie sembra parecchio in forma (se si pensa che aveva quasi 50 anni), combatte come suo solito utilizzando gli oggetti e i luoghi stessi a suo favore, ed è protagonista di numerose sequenze divertenti (vedi lo scontro nelle porte girevoli dell'albergo, quello al mercato londinese – dove combatte con un ombrello sulle note di "Singin' in the rain" – o appunto quello nel Big Ben: delude invece, ahimé, la lotta con Donnie Yen sul Tamigi). Wilson, dal canto suo, contribuisce con il suo personaggio sbruffone e inaffidabile, che qui si prende una cotta per la sorella di Chon, la bella Lin (Fann Wong). La scena in cui l'amico parla male di lui alla sorella, mentre Roy origlia, è speculare a quella del primo film in cui era Roy a "tradire" l'amicizia di Chon; e se in "Pallottole cinesi" i due cementavano l'amicizia con un bagno a base di bolle di sapone, qui si riappacificano con una battaglia di cuscini in un bordello! Nel finale, i due (anzi tre, contando anche Conan Doyle) vengono nominati baronetti dalla regina Vittoria, giustificando così il titolo del film (anche se quello italiano perde ogni legame con il precedente: in originale si passava da "Shanghai Noon" a "Shanghai Knights", qui invece nulla fa capire a uno spettatore non informato che si tratta di una serie). Controfinale metacinematografico, con i nostri due eroi che progettano di trasferirsi a Hollywood per girare film di kung fu (altro anacronismo: sono un paio di decenni in anticipo!), ovviamente – in puro Jackie style – "senza controfigure".

2 commenti:

Jean Jacques ha detto...

Ricordo che alle medie questo film e quello prima mi avevano divertito un sacco. Ora è un decennio che non lo vedo, però ne conservo un ricordo piacevole, legato soprattutto a quell'età.

Christian ha detto...

Sono ancora divertenti, sicuramente fra le cose migliori che Jackie Chan ha girato a Hollywood. Ma certo non sono paragonabili ai suoi grandi film hongkonghesi degli anni ottanta...