10 aprile 2015

Il presidente (Carl T. Dreyer, 1919)

Il presidente (Præsidenten)
di Carl Theodor Dreyer – Danimarca 1919
con Halvard Hoff, Olga Raphael Linden
**1/2

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Karl Victor von Sendlingen, integerrimo presidente della corte di giustizia della sua città natale, è chiamato ad avallare la condanna a morte di una giovane accusata di aver ucciso il proprio neonato. Peccato però che la ragazza, all'insaputa di tutti (anche di lei stessa), sia la sua figlia illegittima. Non potendo concederle la grazia, il giudice decide di farla evadere e di fuggire con lei... Il film d'esordio del grande Dreyer, da lui sceneggiato a partire da un romanzo di fine ottocento dell'austriaco Karl Emil Franzos, è un drammone generalmente sottovalutato, persino dallo stesso regista, che ebbe a dire: "Ho fatto questo film un po’ come studio ed esperienza. [...] Era piuttosto mediocre, un po’ melodrammatico". In realtà si capisce bene perché Dreyer scelse quel soggetto, che in lui doveva avere indubbiamente una risonanza: anche il regista era nato come figlio illegittimo, tanto che il cognome Dreyer è in realtà quello del suo padre adottivo e non del vero genitore. Questo tema all'interno del film si sussegue più volte, generazione dopo generazione, ed è mostrato in una serie di tre flashback che suggeriscono come le colpe e i peccati si ripetano nel corso degli anni, sia pure con sviluppi ed esiti differenti. La pellicola si apre infatti con il padre del protagonista che, fra le rovine del castello un tempo appartenuto alla loro famiglia, gli racconta di come in gioventù fu costretto a sposare la serva dalla quale aveva avuto un figlio, e come da questo ne conseguì il decadimento del casato. Anni dopo, è lo stesso Karl Victor a narrare a un amico la storia del suo amore per un'istitutrice (la madre di Victorine, appunto) che poi, per motivi di opportunità e di carriera, aveva dovuto abbandonare. E infine, al processo di Victorine, il suo avvocato racconta ai giudici la triste storia della ragazza, che riecheggia in tutto e per tutto le due precedenti (è stata sedotta e poi abbandonata da un giovane nobile). I forti temi etici, con il conflitto fra le leggi della società e la morale individuale, si intrecciano in una trama decisamente interessante, anche se la sceneggiatura si dilunga un po' troppo nella seconda parte (anche attraverso una serie di scenette "leggere", con i servitori e i cagnolini, fondamentalmente inutili). La regia invece è sorprendentemente dinamica, sfrutta il montaggio per alternare con frequenza piani medi e lunghi, e punta su uno stile pittorico per far sì che "gli interni riflettano i caratteri" dei personaggi, con set che ricordano i dipinti di Vilhelm Hammershøi, e molte scene notturne, in penombra o nella quasi totale oscurità. Da segnalare un paio di inquadrature particolarmente suggestive, come quella dei due innamorati che si baciano sopra un ponte, e di cui è mostrato solo il riflesso nell'acqua sottostante.

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