20 marzo 2015

Sogni (Akira Kurosawa, 1990)

Sogni (Yume, aka Dreams)
di Akira Kurosawa – Giappone 1990
con Akira Terao, Martin Scorsese
***

Rivisto in divx.

Dopo il successo ottenuto in patria e all'estero con i grandi kolossal storici "Kagemusha" e "Ran", nel 1990 l'ottantenne Kurosawa soprese tutti con un lavoro molto diverso dai precedenti, intimo, personale e onirico: come definire altrimenti una pellicola che mette in scena dei "sogni"? Il film presenta infatti otto episodi, ordinati cronologicamente secondo l'età del protagonista (bambino nei primi due, giovane e via via più adulto nei seguenti, interpretato quasi sempre dall'attore Akira Terao), che pescano dalle paure, dalle speranze, dalle angosce e dalle aspirazioni del regista; curiosamente nessuno di questi è legato direttamente al mondo del cinema, anche se il quinto episodio (quello di Van Gogh) mostra il suo amore per l'arte (come è noto, l'Imperatore inizialmente voleva diventare un pittore, e ripiegò sul cinema solo in un secondo momento). La variopinta e luminosa fotografia di Takao Saito (che trasferisce sullo schermo una serie di disegni e di bozzetti dello stesso Kurosawa), la regia classica e austera del nostro Akira (con la collaborazione di Ishiro "Godzilla" Honda), l'atmosfera da "realismo magico" che permea ogni segmento, gli effetti speciali dell'Industrial Light & Magic di George Lucas (che ha sostenuto la realizzazione della pellicola insieme a Francis Ford Coppola e Steven Spielberg, tutti grandi estimatori del regista nipponico) sono al servizio di otto episodi di diverso tono, significato e valore, ma che nel loro insieme concorrono a creare un mondo interiore complesso e suggestivo. Alla sua uscita, ovviamente, molti critici interpretarono il film come il testamento spirituale del grande regista, l'ultimo tassello di una carriera leggendaria e considerata ormai al termine: Kurosawa smentì tutti sfornando, nel giro di tre anni (cosa insolita per lui, che da un trentennio girava solo un film ogni cinque anni) altre due pellicole, differenti da questa ma altrettanto "intime" e personali: "Rapsodia in agosto" e "Madadayo".
Come già detto, non tutti gli episodi sono belli allo stesso modo, così come le atmosfere variano parecchio (e si fanno via via più cupe man mano che il personaggio invecchia, salvo risollevarsi nel segmento conclusivo). I miei preferiti sono i primi due ("Raggi di sole nella pioggia" e "Il pescheto"), ma per motivi diversi meritano una menzione particolare anche "Il tunnel", "Corvi" e "Il villaggio dei mulini".

"Raggi di sole nella pioggia" - Da bambino, il protagonista (ovvero Kurosawa stesso, anche se il suo nome non viene mai pronunciato in tutto il film) esce di casa nonostante il divieto della madre e si inoltra nella foresta durante un giorno in cui piove e contemporaneamente splende il sole. È in giornate come questa che le volpi (animali "magici" secondo le superstizioni giapponesi) celebrano i loro matrimoni. Avendo spiato una di queste cerimonie, il bambino scatena l'ira delle volpi: e dovrà raggiungere la loro dimora ai piedi dell'arcobaleno per chiedere perdono. Il film si apre con un episodio magico e fiabesco, dominato dalle paure dell'infanzia ma anche dalla curiosità e dalla scoperta.

"Il pescheto" - K. ha ora qualche anno di più. È il giorno della "festa delle bambole" (hina matsuri), che tradizionalmente cade il 3 marzo, quando gli alberi di pesco sono in fiore. Il bambino esce di casa seguendo una misteriosa ragazzina dai vestiti rosa, che lo conduce fino ai campi dove sorgeva il pescheto di famiglia. Qui incontra gli spiriti degli alberi, che lo rimproverano perché le piante sono state tagliate. Ma quando si accorgono che il bambino è sinceramente addolorato per l'accaduto, gli spiriti eseguono una danza e gli permettono di ammirare ancora una volta gli alberi in fiore. Personalmente il mio episodio preferito.

"La tormenta" - Durante il servizio militare, K. e altri scalatori rimangono intrappolati in alta quota, dove sono sorpresi da una tormenta di neve. A uno a uno, i suoi compagni si addormentano in preda alla fatica e al freddo: anche lui viene visitato da uno spirito della montagna sotto le sembianze di una fanciulla, ma riesce a resistere alla sua seduzione ("Soldato, la neve è tiepida") e al suo abbraccio gelido e mortale. Poco più tardi, il sole torna a splendere e le tende del campo base si rivelano essere a pochi passi di distanza. L'episodio forse si ispira alla leggenda giapponese della yuki-onna, la principessa delle nevi.

"Il tunnel" - Terminata la guerra, K. sta tornando a casa lungo una strada fangosa e deserta. Dopo aver attraversato un lungo tunnel, a cui faceva da guardia un cane infernale, K. è raggiunto dai fantasmi dei suoi compagni caduti in battaglia. Dovrà convincerli a tornare indietro, non prima di aver chiesto perdono per essere sopravvissuto mentre loro sono morti. Un segmento inquietante ma di grande suggestione (con il rimbombo dei passi dei soldati in marcia che risuona nel tunnel buio), che mette in scena non solo l'orrore e le conseguenze dell'esperienza bellica ("La guerra è follia!"), ma anche i sensi di colpa dei superstiti.

"Corvi" - Mentre ammira i quadri di Van Gogh esposti in una galleria, K. – che evidentemente è ora uno studente d'arte – "entra" magicamente nei dipinti e vaga alla ricerca del pittore olandese (interpretato da Martin Scorsese: uno dei rari casi in cui il regista italo-americano appare in un film non diretto da lui), di cui è un grande ammiratore. Questi gli spiega che non può fare a meno di dipingere, come in preda a una "febbre", e di essersi tagliato un orecchio perché non gli veniva bene in un autoritratto. Il viaggio di K. nei vibranti colori di Van Gogh termina in un campo di grano da cui improvvisamente si alzano i corvi in volo (metafora del suicidio dell'artista). Oltre che dalle pennellate dei quadri, l'episodio è graziato dal preludio n. 15 di Chopin nella colonna sonora.

"Fuji in rosso" - Con questo e il successivo episodio, le paure e le angoscie dell'era atomica si materializzano sullo schermo attraverso due sogni che sono veri e propri incubi (da notare che Kurosawa negli anni cinquanta aveva dedicato un intero film all'argomento, "Testimonianza di un essere vivente"). Il vulcano Fujiyama sta eruttando, e la popolazione fugge in preda al panico, ma non c'è modo di scampare al disastro. Anche perché la centrale nucleare sul fianco della montagna è esplosa, e le sostanze radioattive si stanno spargendo ovunque (colorate per distinguerle meglio: "Abbiamo sviluppato una tecnologia per rendere visibile il rischio; e ora abbiamo il vantaggio di sapere che cosa ti ha ucciso", spiega all'interdetto K. uno degli uomini che hanno contribuito al disastro).

"Il demone che piange" - Quasi un seguito dell'episodio precedente, di cui riprende i toni catastrofici e pessimisti, immersi stavolta in un'atmosfera da bolgia infernale. La terra è stata devastata dalle radiazioni, e tutto quello che resta sono pendii brulli e anneriti, sui quali crescono giganteschi fiori (denti di leone alti tre metri) e piante mutanti. Il mondo è ora popolato da demoni cornuti e deformi, che un tempo erano esseri umani e che ora sopravvivono sbranandosi l'un l'altro. Uno di questi demoni conduce K. fino all'orlo di un cratere, da dove spiano i suoi compagni che piangono, si torcono e ululano al cielo per il dolore procuratogli dalle loro stesse corna. È un'immagine quasi da inferno dantesco.

"Il villaggio dei mulini" - Nel segmento finale si torna a uno scenario positivo, colmo di luce e di speranza. Il viandante K. giunge in un villaggio i cui abitanti vivono in completa armonia con la natura, fra ruscelli, fiori e mulini. Un vecchio contadino (Chishu Ryu, l'attore feticcio di Ozu) spiega al protagonista che in quel villaggio i funerali sono un'occasione per festeggiare e per "congratularsi" con il defunto per la vita che ha condotto. Tra una critica alla modernità e un elogio alle tradizioni, l'episodio conclude la pellicola su toni di ottimismo: "Si dice spesso che la vita è difficile, dura...", commenta il vecchio. "Questa è solamente una posa dell'essere umano. La verità è una sola: la vita è bella. Più che bella: entusiasmante".

2 commenti:

Ismaele ha detto...

l'ho visto molte volte, e non smette di essere bellissimo.

è vero,i primi due episodi sono eccezionali, gli altri solo molto belli

Christian ha detto...

I primi due episodi sono pura poesia, conditi da immagini e colori come solo il grande Akira ci ha abituati. A tratti è un film molto pittorico! Gradisco invece poco il pessimismo di alcuni episodi (quello del Fuji in rosso e quello del demone piangente, per esempio), ma fanno parte di un certo periodo della vita di Kurosawa (i tardi anni 60-inizio anni 70), quando ha anche tentato il suicidio. Per fortuna, poi, l'ultimo sogno è su toni completamente differenti, con la serenità della vecchiaia che prende il sopravvento sugli incubi.