17 marzo 2015

Luciano Serra pilota (G. Alessandrini, 1938)

Luciano Serra pilota
di Goffredo Alessandrini – Italia 1938
con Amedeo Nazzari, Mario Ferrari
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Visto in divx.

Fra i maggiori successi cinematografici italiani del ventennio fascista e in particolare dell'epoca – iniziata nel 1935 – in cui era necessario "celebrare" le imprese e le conquiste coloniali in Africa, "Luciano Serra pilota" è una pellicola importante per una serie di motivi, extrafilmici e non. Innanzitutto è uno dei due film (l'altro è "Scipione l'Africano" di Carmine Gallone) con cui vennero inaugurati gli stabilimenti di Cinecittà, costruiti nel 1937 per promuovere l'industria cinematografica nazionale; poi, vinse la Coppa Mussolini (antesignana del Leone d'Oro) come miglior film italiano alla Mostra di Venezia del 1938; infine, c'è la presenza di un giovane Roberto Rossellini (agli esordi nel mondo del cinema, e non ancora regista) alla sceneggiatura, che coadiuva Alessandrini – già autore di alcune pellicole del filone dei "telefoni bianchi" con lo stesso Nazzari – e Fulvio Palmieri. La vicenda è figlia del suo tempo, e celebra una concezione ingenua e idealistica dell'eroismo. Eppure, nonostante la supervisione di Vittorio Mussolini (secondogenito di Benito e grande appassionato di cinema), non si tratta solo di propaganda fascista: il protagonista mostra anche tratti romantici e fortemente individuali (è mosso dal desiderio di gloria personale e dall'amore per il proprio figlio). E forse questo spiega come mai piacque così tanto al pubblico, che in lui riusciva a identificarsi più facilmente che non con i personaggi di altre pellicole di propaganda uscite in quegli anni e oggi, oltre che dimenticate, praticamente inguardabili per l'alto tasso di retorica e di "amor di patria". In effetti Luciano sembra più l'eroe ribelle di un film d'avventura hollywoodiano che non un soldato fascista inquadrato e ubbidiente. La storia si apre nel 1921. Luciano Serra, aviatore durante la Grande Guerra, vive di sogni e di passione per il volo, rifiutando di mettere i piedi a terra: piuttosto che farsi assumere nell'azienda del suocero, preferisce sbarcare il lunario portando in volo i turisti sul Lago Maggiore. Ma le difficoltà economiche gli impediscono di prendersi cura della moglie e, soprattutto, del figlioletto Aldo: questi tornano dal padre di lei, mentre Luciano – considerato da tutti un fallito – decide di tentare la fortuna in America. Dieci anni dopo lo ritroviamo in Brasile, dove la sua "degradazione" prosegue, visto che gli unici lavori che trova sono in ambito circense o pubblicitario (l'episodio in cui trasporta "Simba, il leone volante", è significativo). Intenzionato a cimentarsi in un'impresa che dovrebbe procurargli la gloria necessaria a tornare in Italia a testa alta, decolla per una trasvolata atlantica in solitaria e senza scali. Ma viene colto di sorpresa da una tempesta: il suo aereo sprofonda in mare e tutti lo credono morto, compreso il figlio che, nel frattempo, ha deciso di seguirne le orme e si è iscritto all'accademia aerea. Scoppia la guerra in Africa orientale: Aldo è lì in servizio con l'aviazione. Nel corso di una tremenda battaglia, a salvare la vita a lui e a tutto il reparto sarà proprio il padre Luciano, che nel frattempo è sopravvissuto e si è arruolato fra i legionari sotto falso nome. L'atto eroico gli costa la vita, ma gli vale finalmente anche il riconoscimento e il rispetto di tutti (nonché una medaglia d'oro al valor militare). Scolastico nei dialoghi e nella sceneggiatura, ma efficace nella rappresentazione del protagonista, degli ambienti e delle situazioni, il film si lascia apprezzare per la recitazione dell'ottimo Nazzari e per il notevole sforzo produttivo, in particolare nelle scene di battaglia, quantomai realistiche e dinamiche (l'assalto al treno, il bombardamento aereo). La pellicola ebbe anche un adattamento a fumetti, opera di Walter Molino.

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