17 gennaio 2015

Exodus – Dei e re (Ridley Scott, 2014)

Exodus - Dei e re (Exodus: Gods and Kings)
di Ridley Scott – USA 2014
con Christian Bale, Joel Edgerton
**1/2

Visto al cinema Uci Bicocca.

Il filone del kolossal biblico, che sembrava tramontato dopo il periodo d'oro degli anni cinquanta, pare essere tornato in auge a Hollywood. A differenza del "Noah" di Darren Aronofsky, uscito pochi mesi prima, questo "Exodus" di Ridley Scott (che torna a calcare la strada del peplum-storico dopo i fasti de "Il gladiatore") sceglie però un approccio meno fantasy e assai più realistico, lasciando in secondo piano (per quanto è possibile) l'elemento soprannaturale e concentrandosi sulla coerenza interna e la verosimiglianza storica (libertà artistiche a parte, ovviamente). Certo, il soggetto resta quello dell'Esodo, il libro della Bibbia che racconta della fuga degli schiavi ebrei dall'Egitto, guidati da Mosé: ma la sceneggiatura rinuncia a una lettura pedissequa del testo sacro, e più che sul popolo ebraico si concentra (in un certo senso anche tradendo il titolo) sulla figura di Mosé stesso, ritratto come un uomo pieno di contraddizioni (è al tempo stesso un energico eroe d'azione e un pacifista; un miscredente e un devoto; un padre di famiglia e un avventuriero). Figlio adottivo del faraone Seti, si vede mandato in esilio quando sul trono sale Ramses, che nel frattempo è venuto a conoscenza della sua origine ebrea. L'incontro con Dio sul monte Sinai lo spingerà a mettersi alla testa del suo popolo, a liberarlo dalle catene e a condurlo fino alla terra di Canaan. Se non manca quasi nulla del racconto biblico tradizionale (le dieci piaghe d'Egitto, le acque del Mar Rosso che si aprono, per finire con la dettatura dei dieci comandamenti), per ogni intervento soprannaturale è però suggerita una spiegazione – per quanto eccezionale o improbabile – anche perfettamente naturale: i dialoghi di Mosè con Dio (che gli appare sotto forma di un bambino) come il frutto di una botta in testa (!); le piaghe come rari eventi catastrofici ambientali; l'apertura del Mar Rosso come conseguenza delle forze della natura; e così via. La teologia è del tutto assente, e lo spazio alla dimensione simbolico-religiosa è molto sacrificato: ma forse è meglio questo approccio (che peraltro consente di superare alcune ingenuità dei vecchi film di Cecil B. De Mille) che non il kitsch del suddetto "Noah". In ogni caso lo spettacolo è garantito, e Scott e lo sceneggiatore Steven Zaillian riescono a tenere desta l'attenzione dello spettatore con sequenze (su tutte quelle delle piaghe d'Egitto) non prive di tensione ed emozione. Pensavo decisamente peggio. Anche il rischio di una lettura all'insegna dell'integralismo religioso è prudentemente evitato (Mosé si trova talvolta in disaccordo con Dio, mentre il bene e il male non vengono divisi nettamente in due parti): il che non ha impedito – anzi, forse ne è stato la causa – che il film venisse messo al bando in diversi paesi del Medio Oriente e del Nord Africa. Bale svetta nel cast, Edgerton è un Ramses con luci e ombre, mentre in ruoli minori si riconoscono John Turturro, Sigourney Weaver, Ben Kingsley, Aaron Paul e Golshifteh Farahani. Il film è dedicato da Ridley "a mio fratello, Tony Scott", suicidatosi nel 2012: e forse non a caso mi è parso il più "sentito" (o, se vogliamo, il meno svogliato) fra gli ultimi lavori del regista.

3 commenti:

Jean Jacques ha detto...

Scott, nonostante abbia fatto alcuni dei miei film preferiti, non è un regista che amo. Però questo, non so perché, un poco mi ispira.

Christian ha detto...

Pur con i suoi difetti, questo per me è il suo miglior film da molto tempo. Pensavo che non mi sarebbe piaciuto per nulla, invece a tratti mi ha davvero convinto. In ogni caso, meglio di "Noah"!

James Ford ha detto...

Sono contento di leggere che sia meglio di quella porcata di Noah.
Staremo a vedere che succederà quando incrocerà la strada del Saloon.