20 ottobre 2014

L'uomo che sapeva troppo (A. Hitchcock, 1934)

L'uomo che sapeva troppo (The man who knew too much)
di Alfred Hitchcock – GB 1934
con Leslie Banks, Edna Best
**1/2

Visto in divx.

I coniugi inglesi Bob e Jill Lawrence sono in vacanza sulla neve a Sankt Moritz, in Svizzera, quando la loro figlia Betty viene rapita da una banda di terroristi internazionali per costringerli a non rivelare alla polizia gli indizi di cui sono venuti casualmente in possesso, relativi a un tentativo di omicidio ai danni di un diplomatico europeo durante un concerto sinfonico alla Royal Albert Hall di Londra. Uno dei più celebri film del periodo britannico di Alfred Hitchcock, e il suo primo vero grande successo di critica e di pubblico dopo "Il pensionante". La pellicola diede la svolta definitiva alla carriera del regista, che finalmente trovò nella spy story e nel thriller il terreno più fertile per la propria creatività, di fatto non abbandonando mai più il genere (che in precedenza aveva frequentato solo saltuariamente). Temi seminali del suo cinema, come il coinvolgimento di un uomo comune in una vicenda più grande di lui, con conseguente indagine parallela a quella delle forze dell'ordine, ma anche la suspense crescente (memorabile la sua costruzione nella sequenza del concerto, con Jill che si scruta attorno in preda alla tensione, consapevole che da un momento all'altro il sicario sparerà con il fucile) e la resa dei conti all'aperto fanno qui la loro prima compiuta apparizione. Da ricordare anche la galleria dei villain, guidati da un impressionante Peter Lorre (appena fuggito dalla Germania nazista: pare che non sapesse ancora parlare inglese, e che leggesse le sue battute da un copione con la pronuncia fonetica). Il titolo deriva da una raccolta di racconti di Gilbert K. Chesterton del 1922 (con cui il plot non ha niente a che fare: inizialmente la storia avrebbe dovuto coinvolgere Bulldog Drummond, personaggio creato da H. C. McNeile, ma poi Hitchcock adattò la sceneggiatura in corso d'opera, escludendo il detective). Rifatto da sir Alfred stesso nel 1956 a colori, con James Stewart e Doris Day (uno dei rari casi di remake di un film da parte dello stesso regista dell'originale) e con diverse modifiche: l'incipit sarà spostato in Marocco anziché in Svizzera, e mancheranno sequenze come quella del dentista, il combattimento con le sedie nella sede della setta, e il drammatico finale con la madre che colpisce con il fucile il sicario in fuga sui tetti di Londra. Il brano musicale che viene eseguito durante il concerto all'Albert Hall ("Storm Clouds Cantata") fu scritto appositamente dal compositore Arthur Benjamin, e venne riutilizzato anche nella versione a colori del 1956.

5 commenti:

marco c. ha detto...

Rivisto di recente in TV su Iris il remake con Jimmy Stewart. Entrambe opere minori. Sempre sostenuto che il periodo americano è il migliore.

Christian ha detto...

Senza dubbio! Del periodo inglese, da quello che ho visto finora, salvo soprattutto "Il pensionante" (il migliore indiscusso fra i suoi film muti) e "Il club dei 39", anche se francamente non mi sembrano all'altezza dei migliori film hollywoodiani coevi.

marco c. ha detto...

Chissà perché il periodo americano è migliore di quello inglese. La differenza qualitativa è nettamente superiore. Non capisco se ci possa essere una spiegazione riferibile al cambiamento di luogo. Mi spiego: ipotizzo che in taluni casi sia presente un'influenza sull'artista dovuta al cambiamento del contesto culturale. Noto infatti che alcune tematiche sono ricorrenti in entrambi i periodi (ad esempio il tema della caduta da luoghi alti) ma siano trattati a livello visivo in maniera diversa. Nella versione con Stewart il villain cade da un palco ma la scena è resa senza originalità mentre in Vertigo la medesima azione è associata ad un uso della camera che simula la vertigine (quindi novità nella tecnica di ripresa). A ciò si aggiunge che l'uso del colore che nella versione di Stewart è solo accennato, mentre in Vertigo diventa dominante (scena del ristorante: M. è in tono rosso-negativo in cui simula la moglie del villain, mentre in tono verde-il suo positivo c'è la scena del bacio espressione di sentimenti autentici). Quindi è evidente che H. dispone nel periodo americano di una superiore capacità nell'uso del colore e della camera. Dal punto di vista sintattico inoltre abbandona ciò che per noi contemporanei è ormai desueto (ad esempio la citazione del genere musical nella scena con la Day). C'è davvero una superiore capacità nel coniugare in modo eccellente tutte queste componenti che poi si mischieranno nuovamente in malo modo nei film successivi come Marnie o Frenzy . Non voglio scrivere una sintesi dei suoi punti di forza di H. del periodo americano ma voglio semplicemente domandarmi per quale ragione ad un artista (come è successo anche ad Euripide grazie al suo viaggio in Macedonia dove ha scritto l'unica grande tragedia del suo corpus) accada di migliorare visibilmente le proprie capacità cambiando il contesto culturale di riferimento. Mi dò come spiegazione il Genius Loci americano che operava in modo inaspettato su H. e forse anche su Chaplin. Per quale ragione?

marco c. ha detto...

Una critica che può essere mossa al mio ragionamento è che la versione di L'uomo che sapeva troppo del 1956 è girata con produzione americana. Tuttavia è a tutti gli effetti un film inglese. Infatti è ambientato a Londra con uno script che riprende a livello semantico (quindi luoghi, personaggi e azioni) lo stile inglese del primo H. E' il luogo che influenza la ripresa, o meglio, il regista. Sostengo quindi che dall'aspetto semantico deriva quello sintattico cioè l'espressione tecnica della ripresa cinematografica come costruzione delle sequenze del film. E' questo che fa la differenza nel periodo americano: nulla di ciò che sarà in scena è inglese, neppure un singolo attore (come accade invece nella versione del '56). Ecco perché è così moderno.

Christian ha detto...

Personalmente mi limiterei a spiegare la maggior qualità dei film americani di Hitchcock (oltre che per via di budget maggiori e attori migliori), col fatto che il regista era più "maturo" ed esperto, visto che i film inglesi sono quelli degli esordi (e l'industria cinematografica britannica, negli anni '20 e '30, non era certo l'ambiente perfetto per "imparare il mestiere", visto che era piuttosto arretrata non solo rispetto a quella statunitense, ma anche a quelle di altri paesi europei: non a caso Hitchcock ha scelto di "formarsi" cinematograficamente, almeno in parte, presso registi tedeschi).

Il caso di Chaplin è un po' diverso, visto che quasi tutta la sua produzione è rigorosamente made in Usa (a parte gli ultimissimi film, girati "in esilio").

Però è vero che "il luogo influenza la ripresa". Ci sono registi che soffrono terribilmente se calati in contesti produttivi diversi dal proprio (esempio: John Woo), mentre altri si adattano più facilmente e riescono a sfornare ottimi film anche se "lontani da casa" (es. Lang, Forman, Polanski, Weir...).