22 settembre 2014

From what is before (Lav Diaz, 2014)

From what is before (Mula sa kung ano ang noon)
di Lav Diaz – Filippine 2014
con Perry Dizon, Roeder Camanag
***1/2

Visto al cinema Apollo, in originale con sottotitoli
(rassegna di Locarno).

All'inizio degli anni '70, in un remoto villaggio costiero delle Filippine dove riti e credenze ancestrali convivono con le nuove religioni, la vita dei pochi abitanti è scossa da alcuni misteriosi eventi: morti improvvise di mucche, capanne che prendono fuoco, strane grida provenienti dalla foresta. E nel frattempo, il presidente Marcos proclama la legge marziale e le campagne cominciano a essere invase da soldati e guerriglieri... Noto per le sue pellicole fluviali, il cineasta indipendente Lav Diaz non si smentisce: il film – dedicato "alla memoria del mio paese" – dura oltre cinque ore e mezza, nel corso delle quali racconta tante storie che si intrecciano e che formano un affascinante mosaico che è al tempo stesso un viaggio nel passato (o nei ricordi) e un monito per il presente, visto che le vicende umane (collettive o individuali che siano) non rappresentano altro che un presagio della catastrofe che sta per colpire la nazione. Girato in un bianco e nero livido e a basso contrasto, attraverso un'interminabile serie di piani sequenza in campo lungo o lunghissimo nei quali i personaggi sono quasi sovrastati dagli scenari naturali, il film è uno di quelli che dividono gli spettatori in due gruppi: coloro che sono disposti ad accettare i tempi dilatati del regista e a farsi trascinare dentro un mondo complesso, affascinante e suggestivo, e coloro che invece non hanno la pazienza necessaria. Effettivamente, Diaz se la prende comoda nell'introdurre scenari e personaggi, ma a un certo punto i fili cominciano a essere tirati e lentamente emergono alcune storie principali: quella di Joselina, ragazza mentalmente disabile ma con il "dono" di guarire la gente, e di sua sorella Itang, che se ne prende cura con pazienza e devozione; quella di Sito, vecchio contadino che vive con il figlio adottivo Hakob, il quale vorrebbe partire alla ricerca dei genitori che crede rifugiati in una lontana isola; e ancora quelle di Tony, il produttore di vino che abusa di Joselina; di Heding, venditrice ambulante impicciona e molesta; di Horacio, il poeta tornato nel paese dove era nato; di Padre Guido, il prete che tenta invano di lottare contro le superstizioni locali. Attorno a loro la natura è protagonista, con il vento, il mare e la pioggia incessante, mentre gli eventi della storia (la dittatura che avanza) lasciano pian piano la loro impronta, passando sopra ogni cosa e costringendo gli abitanti del villaggio ad abbandonarlo, fino a che non diventerà un "paese di morti". Solo a partire da metà pellicola comprendiamo finalmente che quello che il film sta raccontando è proprio la fine del passato "innocente" delle Filippine, e che il villaggio nel quale si svolge la storia è un microcosmo che riflette in sé stesso il resto del paese. Il che ne fa qualcosa che sta a metà fra "Il nastro bianco" di Haneke (pellicola con cui ha parecchio in comune, a partire dal bianco e nero) e le storie corali della Palomar di Gilbert Hernandez (dal fumetto "Love and Rockets"). Le vicende esistenziali assumono una dimensione fisica e palpabile, e il tentativo di Diaz di dare "forma" ai ricordi e al passato insanguinato del suo paese può dirsi pienamente riuscito. Pardo d'Oro al Festival di Locarno.

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