15 giugno 2014

Lettere di uno sconosciuto (Zhang Yimou, 2014)

Lettere di uno sconosciuto (Guilai, aka Coming home)
di Zhang Yimou – Cina 2014
con Gong Li, Chen Daoming
***

Visto al cinema Apollo, in originale con sottotitoli
(rassegna di Cannes).

Incarcerato durante la Rivoluzione Culturale, l'intellettuale Lu Yanshi torna a casa dopo vent'anni di "riabilitazione" solo per scoprire che la moglie non lo riconosce più. La donna soffre infatti di un raro disturbo mentale, un'amnesia selettiva che le impedisce di ricordare il volto del marito. Con l'aiuto della figlia, e per starle sempre vicino, l'uomo si stabilisce in una casa a fianco di quella della moglie, tentando in tutti i modi di riattivarle la memoria: ma né le immagini (le fotografie di quando era giovane) né i suoni (la musica del pianoforte) riescono a fare il miracolo. Zhang Yimou torna al suo fortunato filone intimista con una pellicola ispirata a un romanzo di Yan Geling (la stessa autrice de "I fiori della guerra", da cui Zhang aveva tratto il suo film precedente). Se l'incipit poteva far pensare anche in questo caso a un dramma a sfondo politico-sociale (fra l'altro il regista aveva già parlato della Rivoluzione Culturale in "Vivere!"), progressivamente invece il film perde le connotazioni storiche e ideologiche per tramutarsi in un'accattivante versione cinese di "Amour" (con echi di "Memento": vedi i bigliettini sparsi per casa), con l'uomo che per anni rimane a vivere al fianco di una donna che non lo riconosce (e alla quale deve presentarsi nuovamente ogni giorno, sempre con una diversa identità) ma che tuttavia continua ad amarlo, al punto da recarsi ogni 5 del mese alla stazione nella speranza di vederlo tornare. E per comunicare in qualche modo con lei, le scriverà false lettere dalla "prigionia". Evidente, a livello di metafora, il tema della rimozione e dell'alterazione della memoria storica: quando il padre era imprigionato, la figlia – indottrinata dal partito – aveva tagliato via con la forbice il suo volto da tutte le fotografie presenti in casa; quando l'uomo ritorna, invece, a sparire in maniera analoga è il suo volto dalla memoria della moglie. Bello e toccante il finale, sotto la neve invernale. A otto anni da "La città proibita" e per solo la seconda volta in quasi vent'anni Zhang torna a collaborare con Gong Li, la sua musa di un tempo, qui autrice di una prova intensa e commovente. Bravi anche Chen Daoming e la giovane Zhang Huiwen nei panni della figlia Dandan, che si esibisce fra l'altro come danzatrice in una rappresentazione del classico balletto dell'era comunista "Il distaccamento femminile rosso".

3 commenti:

Jean Jacques ha detto...

Spero di vederlo presto, anche se del buon Z mi manca ancora I fiori della guerra

Dantès ha detto...

dalla tua recensione mi ispira parecchio

Christian ha detto...

Sì, a me questo filone "intimista" di Zhang piace parecchio (mi piacciono meno i suoi wuxiapian, invece).

Anch'io mi sono perso "I fiori della guerra", mi sa che l'ultimo suo film visto era stato "La città proibita"...