30 novembre 2013

Verso il sole (M. Cimino, 1996)

Verso il sole (The sunchaser)
di Michael Cimino – USA 1996
con Woody Harrelson, Jon Seda
**1/2

Visto in divx.

Un delinquente sedicenne, Brandon "Blue" Monroe (Seda), malato terminale (gli resta poco più di un mese di vita per un tumore addominale), sequestra l'oncologo che lo ha in cura, l'ambizioso chirurgo Michael Reynolds (Harrelson), per farsi condurre in auto fino in Arizona, nella riserva navajo (il ragazzo è mezzosangue indiano) dove, secondo le leggende di una tribù chiamata "i cacciatori del sole", in cima a una montagna sacra si troverebbe un lago dalle acque miracolose. Il settimo e ultimo film di Cimino, uscito a sei anni dal precedente, è un road movie costruito sul classico tema del cambiamento e della scoperta di sé stessi attraverso il viaggio. Il medico, inizialmente interessato soltanto alla carriera e con fede solo nella scienza (qui contrapposta alla credenze spirituali), nel corso del tragitto muta il proprio punto di vista e le proprie prospettive (anche perché il rapporto con il giovane "Blue" gli riporta alla memoria la traumatica esperienza vissuta con il fratello maggiore, malato anch'esso di cancro e al quale lui stesso staccò – su sua richiesta – il respiratore), tanto da aiutarlo ad evitare la polizia che dà loro la caccia e a fare di tutto per condurlo fino a destinazione. Che poi il lago sacro esista davvero o sia soltanto un punto d'arrivo metaforico e – appunto – spirituale, poco importa. Non poche le similitudini con il primo film di Cimino, "Una calibro 20 per lo specialista", anch'esso incentrato sulla fuga di una coppia di uomini, di cui uno giovane e più anziano, che proprio durante il percorso cementano un'amicizia inizialmente improbabile. Più prevedibile del dovuto, soprattutto nella caratterizzazione stereotipata dei personaggi, a tratti manierista nella regia e nella fotografia, alterna momenti riusciti e commoventi con altri che sembrano tirati via: ma non mancano alcune sequenze splendide, come la corsa della Cadillac insieme ai cavalli nella riserva indiana, per mimetizzarsi con la polvere, quasi un rimando a Ulisse che si confonde con le pecore per fuggire dai ciclopi ne "L'Odissea". Eccellente, comunque, l'uso scenografico che Cimino fa di paesaggi come la Monument Valley, che rendono la seconda parte della pellicola quasi un western moderno. Alcune situazioni evocano o anticipano "Thelma & Louise", "Un mondo perfetto" e – perché no? – "Into the wild". Anne Bancroft è la hippie sciroccata che dà un passaggio ai due fuggitivi. Non sempre azzeccata la colonna sonora.

4 commenti:

James Ford ha detto...

Gran bel recupero, questo.
Un film che ricordo con grande piacere, profondo ed intenso.
Del resto, Cimino è una garanzia.

Marisa ha detto...

Concordo con James, anche io lo ricordo con grande emozione. Mi piace soprattutto il finale perchè la guarigione è soltanto(!) quella dell'anima. Il recupero della propria tradizione spirituale, dopo tanto materialismo e cultura egocentrata è una speranza per tutti.
Bellissima la dissolvenza nel lago. Non sarebbe meraviglioso morire svanendo nella bellezza?

Ismaele ha detto...

l'avevo visto al cinema, una grande emozione per un film che vale molto, non sarà perfetto, ma un Cimino "minore" è sempre un regista grandissimo.

Christian ha detto...

Sì, il film emoziona (specialmente nel finale) ma presenta anche qualche banalità nel meccanismo narrativo, già visto tante volte. Comunque il talento di Cimino non si discute.