11 ottobre 2013

The grandmaster (Wong Kar-wai, 2013)

The grandmaster (Yi dai zong shi)
di Wong Kar-wai – Hong Kong/Cina 2013
con Tony Leung Chiu-wai, Zhang Ziyi
***

Visto al cinema Centrale.

Realizzato dopo un lavoro di preparazione e di ricerca durato otto anni (di cui tre trascorsi in giro per la Cina e Taiwan a intervistare grandi maestri di arti marziali a proposito della loro filosofia e del loro retaggio, un viaggio che è stato documentato nel film "The road to the Grandmaster"), il nuovo (capo)lavoro di Wong Kar-wai narra la storia di Ip Man (Tony Leung), il leggendario artista marziale che contribuì a rendere popolare il Wing Chun a Hong Kong negli anni cinquanta e sessanta, e che fu – tra le altre cose – il maestro di Bruce Lee (il bambino che si vede nel finale, insieme agli altri discepoli del protagonista, è senza dubbio Bruce!). La sua vicenda personale, che procede fra strappi ed ellissi, si dipana sullo sfondo di importanti eventi storici (la guerra civile, l'occupazione giapponese, l'indipendenza) e si intreccia con le vicissitudini delle scuole di arti marziali nella Cina repubblicana degli anni trenta, l'epoca d'oro del kung fu cinese, e soprattutto con quelle di Gong Er (Zhang Ziyi), la vendicativa figlia del maestro Gong Yutian, che rinuncerà a un matrimonio prestigioso per dare la caccia a Ma San (Zhang Jin), l'uomo che aveva tradito e ucciso suo padre. La storia d'amore fra Gong Er e Ip Man attraversa tutta la pellicola in maniera sotterranea, senza mai consumarsi e senza mai sfociare in una vera relazione, in maniera in fondo non dissimile da quella di "In the mood for love" (l'interprete maschile, fra l'altro, è lo stesso), dove i due protagonisti non si scambiavano neanche un bacio. Più che sui combattimenti, che comunque abbondano e sono assai dinamici (pur essendo dipinti sullo schermo con la raffinatezza ed l'eleganza, non scevra da un certo manierismo, tipica del regista: da segnalare in particolare quelli sotto la pioggia e sotto la neve, come il bellissimo scontro fra Gong Er e Ma San sulla banchina della stazione, dove abbondano rallenti, primi piani e improvvise accelerazioni che sembrano trasformare i movimenti dei corpi in pennellate di colore che un artista getta su una tela), il film intende parlare dei principi etici e morali che sono alla base delle arti marziali. Per questo motivo, ampio spazio è dato alla "filosofia" e alla saggezza degli antichi maestri, gli ultimi rappresentanti di una visione "poetica" e assai lontana dal puro esibizionismo dei più giovani. La multiforme colonna sonora (di Shigeru Umebayashi, fra gli altri; ma c'è anche uno "Stabat Mater" di un giovane compositore italiano, Stefano Lentini) evoca a tratti quella di Ennio Morricone per "C'era una volta in America": nella parte ambientata a Hong Kong negli anni cinquanta, in particolare, ne trasporta sullo schermo tutto il carico di nostalgia, di passione e di rimpianti. Da rimarcare, a questo proposito, lo struggente dialogo fra Ip Man e Gong Er in occasione del loro ultimo incontro nella sala da tè. La sceneggiatura, dal canto suo, sembra perdere per strada qualche filo (mi sfugge il ruolo del personaggio chiamato il "Rasoio", per esempio). Ma forse in fase in montaggio è stato sacrificato qualcosa da un film che, chissà, un giorno potrebbe rivedere la luce in una versione "director's cut" assai più lunga e completa. Così com'è ora, vive di momenti bellissimi ma un po' scollati fra di loro. Da notare che la vita di Ip Man, più o meno romanzata, è già stata oggetto di numerose altre pellicole: da segnalare quelle – di impianto e stile decisamente più "classici" – girate da Wilson Yip con Donnie Yen come protagonista.

2 commenti:

Marisa ha detto...

A me, ad un certo punto, era sembrato che "rasoio" fosse uno pseudonimo di Ma San...
Comunque, anche io che non amo il genere "arti marziali" ho trovato molto bello questo film, così intenso e struggente.

Christian ha detto...

No, sono due personaggi diversi, anche se forse si possono confondere perché hanno un aspetto vagamente simile (a partire dai baffetti). Se Ma San passa dalla parte dei giapponesi, il "rasoio" sta invece con i nazionalisti che combattono l'occupazione nipponica (almeno fino alla fine della guerra). E poi, la prima volta che lo vediamo (nella scena del treno), Gong Er lo protegge appoggiandosi su di lui e fingendo di essere sua moglie (quando i giapponesi stavano cercando una spia nei vagoni): non lo avrebbe certo fatto, se lui fosse stato Ma San. Nell'ultima parte, soprattutto dopo aver visto la scena del barbiere, sinceramente mi aspettavo che il film si concludesse proprio con uno scontro fra il protagonista e il "rasoio"... chissà se è stata tagliata dal montaggio finale.