12 settembre 2013

Green Card (Peter Weir, 1990)

Green Card - Matrimonio di convenienza (Green Card)
di Peter Weir – USA/Australia/Francia 1990
con Gérard Depardieu, Andie MacDowell
**1/2

Rivisto in TV.

Georges, un compositore francese, e Brontë, un'ortocultrice newyorkese, contraggono matrimonio pur essendo perfetti sconosciuti e promettendo di non rivedersi più. In questo modo lui può ottenere la carta verde (il permesso di residenza illimitata negli Stati Uniti per gli stranieri) e lei può occupare l'appartamento dei suoi sogni, con annessa una favolosa serra, che i proprietari intendevano affittare soltanto a una giovane coppia. Ma quando gli ispettori dell'immigrazione cominciano ad indagare su di loro, i due dovranno iniziare una forzata convivenza, e studiare alla perfezione il passato e le abitudini l'uno dell'altra, per "dimostrare" di essere davvero marito e moglie. Naturalmente, alle iniziali idiosincrasie per le rispettive differenze (lei è ambientalista, vegetariana, chiusa in sé stessa e rigorosa in tutto ciò che fa; lui è un artista scapigliato, estroverso e spontaneo, che vive alla giornata) seguirà un reale innamoramento. Peter Weir si dà alla commedia romantica leggera (oggi diremmo "chick flick"), allontanandosi per una volta dalla complessità psicologica degli altri suoi lavori, con l'aiuto di due attori assai carismatici e di una sceneggiatura (dello stesso regista) che cerca di superare – o almeno di non far pesare troppo – i limiti intrinseci del genere, su tutti la prevedibilità. Certo, lo spunto di partenza è assai esile, per non dire poco credibile, ma il risultato è quanto meno gradevole, anche perché a ben vedere riesce a "riciclare" sotto forme più facili molti dei temi che Weir aveva già affrontato nei suoi precedenti film: il cambiamento che arriva all'improvviso, l'incontro (o lo scontro) fra culture diverse, il confronto con ciò che ci è estraneo. E anche l'amore fra i due protagonisti, che nasce quasi dal nulla, può essere ricondotto a quel fascino per il mistero e per l'inspiegabile che permea tutto il cinema del regista australiano. Nota a margine: chissà come l'avrebbe girato un Polanski, magari ai tempi de "L'inquilino del terzo piano", vista la presenza inquietante di vicini e dirimpettai ficcanaso. Il film servì a introdurre Depardieu alle audience americane. La scena in cui i due protagonisti si "fabbricano" foto e falsi ricordi sembra riecheggiare "L'ultima donna" di Ferreri (con lo stesso Depardieu). La colonna sonora di Hans Zimmer saccheggia Mozart ed Enya.

2 commenti:

Ismaele ha detto...

mi era piaciuto molto, ora, che sono più saggio:), il giudizio è: simpatico, niente di speciale

Christian ha detto...

Sì, in un certo senso è solo un "filmetto", peraltro con diversi passaggi deboli o poco credibili nella sceneggiatura. Ma girato certamente con grande mestiere, e superiore alla media del genere: fossero tutte così le commedie romantiche moderne!