18 luglio 2013

La pacifista (Miklós Jancsó, 1970)

La pacifista, aka Smetti di piovere
di Miklós Jancsó – Italia 1970
con Monica Vitti, Pierre Clémenti
*1/2

Visto in DVD.

Sullo sfondo di una Milano attraversata da cortei di protesta studentesca in favore degli operai e dagli intrighi di gruppi eversivi di estrema destra, la giornalista televisiva Barbara (Monica Vitti) – che si aggira spersa e neutrale fra questi "fremiti di guerriglia urbana" – scopre di essere pedinata da un misterioso e affascinante giovane (Pierre Clémenti), che si introduce persino nella sua casa-rifugio, e di cui finisce con l'innamorarsi. Si tratta di un membro di un'organizzazione terroristica di destra, che sta per compiere un attentato. Il giovane vorrebbe dissociarsi, ma i suoi compagni non glielo permettono; e quando Barbara prova a denunciarli alla polizia, il commissario la crede una mitomane, costringendola così a farsi giustizia da sola. Primo film "italiano" del regista ungherese Miklós Jancsó, scritto e sceneggiato dalla sua compagna di allora, Giovanna Gagliardo, è un lungometraggio ideologico e irrimediabilmente datato, nonostante abbia il merito di descrivere bene il clima delle contestazioni dell'epoca che stava per lasciare il posto agli anni di piombo (a un certo punto il commissario chiede a un suo sottoposto: "Non credi che i nostri figli un giorno o l'altro ci uccideranno?"). Molti dei discorsi politici risultano "fumosi" o addirittura vengono volontariamente coperti dai rumori ambientali (traffico, sirene), dalle musiche della colonna sonora (di Giorgio Gaslini), dai canti dei comunisti e degli anarchichi che marciano per le strade: è come se quello che dicono i personaggi non contasse veramente, ma solo il loro "vissuto". Nel finale la sceneggiatura cerca comunque di riannodare le fila del discorso e di lanciare il suo messaggio: bisogna provare a resistere alla violenza con la forza della pace (quello che la protagonista non riesce a fare). Quanto allo stile, per tutto il film Jancsó fa ricorso a lunghissimi piani sequenza, il suo marchio di fabbrica, che terminano spesso con un primissimo piano del volto pensieroso o assorto della Vitti; e, in maniera davvero interessante, sceglie di usare come scenografie non le normali strade della città ma cortili, giardini e chiostri di alcuni luoghi particolarmente insoliti (la Rotonda della Besana, il Giardino della Guastalla, via Cavalieri del Santo Sepolcro, via Palestro, la Pinacoteca di Brera). Nella versione originale la pellicola terminava con la frase "Ma liberte c'est celle des autres", che capovolge e contraddice la celebre asserzione (di John Stuart Mill?) "La mia libertà finisce dove comincia quella degli altri": ma poi il film venne rieditato (con il titolo "Smetti di piovere") e ridoppiato in maniera indecorosa e parodistica, eliminando il finale e "coprendo" i silenzi con parole, dialetti, battute e volgarità: un po' come accadrà anche con "Fritz il gatto".

2 commenti:

marco c. ha detto...

Grande Clémenti! La Vitti mi è piaciuta sono nei film di Antonioni.

Christian ha detto...

Fondamentalmente anche a me... Però è sempre molto bella!