24 giugno 2013

L'uomo d'acciaio (Zack Snyder, 2013)

L'uomo d'acciaio (Man of steel)
di Zack Snyder – USA 2013
con Henry Cavill, Amy Adams
**

Visto al cinema Colosseo.

È il film con cui la DC Comics ha dato il via ufficiale al proprio "Extended Universe", nel tentativo di imitare la concorrente Marvel e di riscuotere un analogo successo con una serie di pellicole intrecciate fra di loro. E naturalmente non si poteva iniziare che con il supereroe DC per eccellenza, vale a dire Superman. Prodotto da Christopher Nolan, e dunque idealmente imparentato – sin dalla scelta di non mettere il nome dell'eroe nel titolo – con la trilogia de "Il cavaliere oscuro", questo reboot ci ricorda perché l'uomo d'acciaio sia – oltre che il primo e più famoso supereroe del comicdom americano – anche uno dei personaggi su cui è più difficile scrivere una buona storia. Il regista Zack Snyder e lo sceneggiatore David S. Goyer se la cavano limitando al minimo gli elementi iconici della saga (niente Lex Luthor, niente kryptonite, persino niente Clark Kent: solo nell'ultimissima scena – quasi un contentino – il nostro eroe inforca gli occhiali e si presenta al Daily Planet per farsi assumere come giornalista) e ponendo il personaggio di fronte ad avversari del tutto pari a lui per forza e poteri, ovvero ad altri kryptoniani (cosa che già accadeva, comunque, nel "Superman II" del 1980, di cui questo è quasi un remake). Il cattivo, il generale Zod (responsabile anche della morte del padre di Kal-El), è infatti scampato a sua volta, con un pugno di sottoposti, alla distruzione del suo pianeta d'origine: e vorrebbe "trasformare" la Terra in un nuovo Krypton, alterandone massa e atmosfera ed eliminandone tutti gli abitanti. Ma Superman, ormai terrestre d'adozione, saprà fermarlo. Se a livello di script si è lavorato per sottrazione, e tutto sommato direi che la scelta è stata giusta (ma non mancano i soliti e triti riferimenti cristologici, visto che il buon Kal-El, inviato dal padre a "salvare" il mondo, ha 33 anni), come spesso capita nei lavori di Snyder la cosa migliore di un film prevedibilmente fracassone è l'aspetto visivo: la regia irrequieta e la fotografia plumbea (di Amir Mokri) giocano a "simulare" il cinema d'autore o il documentario, attraverso immagini spesso sfocate o sovraesposte e inquadrature imperfette o traballanti, il tutto per dare maggior "realismo" alla pellicola: e devo ammettere che, dopo un primo impatto negativo, il risultato non è poi male e aiuta a rendere digeribili anche l'orgia di effetti visivi e le lunghe e noiose scene d'azione (che si riducono essenzialmente a prolungate scazzottate fra kryptoniani). Come nella trilogia nolaniana su Batman, il costume dell'eroe e in generale tutta l'estetica del film è più dark e meno fumettosa rispetto al passato. E sempre come nei film di Nolan, si fa ampio ricorso ad attori famosi nei ruoli dei comprimari: spiccano su tutti Russell Crowe e Kevin Costner nei panni dei due "padri" di Superman, rispettivamente Jor-El (in versione "ologramma" nelle scene successive alla distruzione di Krypton) e Pa' Kent (in numerosi flashback della vita di Clark da bambino e da ragazzo); Diane Lane è Ma' Kent; Laurence Fishburne è Perry, il direttore del Daily Planet. Se Amy Adams è una Lois Lane un po' sciacquetta, convincono Michael Shannon negli ingrati panni del cattivo Zod e anche il belloccio e muscoloso Henry Cavill in quelli di un Superman almeno un po' più espressivo dell'ultima volta (dimentichiamoci in fretta di Brandon Routh, per favore!).

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