3 ottobre 2012

Reality (Matteo Garrone, 2012)

Reality
di Matteo Garrone – Italia 2012
con Aniello Arena, Loredana Simioli
***

Visto al cinema Apollo, con Sabrina.

Luciano, estroverso pescivendolo che vive in un fatiscente palazzo nel cuore di Napoli e che “arrotonda” le proprie entrate travestendosi da drag queen alle feste di nozze e trafficando illegalmente in elettrodomestici venduti per corrispondenza, viene convinto dai propri familiari a partecipare alle selezioni locali per la nuova edizione del “Grande Fratello”. Quando gli viene fatta balenare innanzi la possibilità di entrare a far parte della trasmissione, Luciano è pervaso dall’illusione di diventare una celebrità e di poter così evadere dalla squallida vita quotidiana. L’ossessione per il programma lo porta a montarsi la testa: lascia il lavoro, vende la pescheria e si aliena sempre più dalla famiglia e da coloro che gli stanno attorno, perdendo gradualmente ogni contatto con la realtà. Tanto che, in attesa di una risposta dalla produzione (che non giungerà mai), viene colto dalla convinzione paranoica che “quelli della tv” lo stiano spiando, studiando tutto quello che fa, proprio come se si trovasse già nella casa del reality show. Dopo il successo di “Gomorra”, Matteo Garrone non abbandona Napoli ma cambia completamente registro narrativo: con i toni della parabola e della commedia, un tocco di esistenzialismo surreale e una fotografia che esalta i colori vivaci, sceglie di affrontare il tema dell’illusione che, soprattutto in tempi di crisi, colpisce tutti coloro che sperano di fare fortuna senza sforzo, in un mondo dove l’apparire in tv, anche per breve tempo, può trasformare chiunque in una celebrità popolare (come “Enzo”, l’idolo locale che, prima di Luciano, ha già avuto il suo momento di notorietà grazie allo spettacolo e che incoraggia il protagonista a non abbandonare mai il proprio sogno: “Never give up!”). Memorabile l'ambiguo finale in cui Luciano riesce a introdursi di soppiatto proprio nella sorvegliatissima casa dello show, senza che nessuno si accorga di lui mentre vi si aggira come un fantasma (ma forse i veri fantasmi sono gli altri personaggi dello show): che si tratti solo di una fantasia o, appunto, di un sogno che si autoavvera? L’ambientazione campana, la simpatia dei personaggi (il colorito parentame, tipicamente napoletano, o gli abitanti del quartiere dove vive il protagonista), la regia elegante e la buona scrittura sono al servizio di una lucida esposizione dei rischi che si corrono quando si rimane ossessionati dalla prospettiva di una facile popolarità. “Per molti la tv diventa come una certificazione della propria esistenza, un problema esistenziale più che narcisistico”, ha commentato il regista. “Vivendo in una società dei consumi si è sempre vulnerabili alle seduzioni che arrivano dall'esterno”. Anche se alla resa dei conti il film non dice nulla di particolarmente nuovo e originale sul tema: la miglior pellicola sui reality show rimane ancora quel capolavoro che – incredibile a dirsi – è stato realizzato ancora prima che il “Grande Fratello” televisivo vedesse la luce, vale a dire “The Truman Show”. Il bravo protagonista Aniello Arena è un’ergastolano, detenuto nel carcere di Volterra, che proprio nella recitazione (teatrale e cinematografica) ha trovato una nuova ragione di vita. Nel cast anche Nando Paone (l'amico Michele) e Ciro Petrone (il barista). La colonna sonora di Alexandre Desplat, in linea con il tono “fiabesco” della pellicola (si pensi anche all'incipit, con la carrozza trainata dai cavalli bianchi che giunge in un vero e proprio castello per la fastosa celebrazione delle nozze: qui Garrone si è ricordato di uno dei suoi primi documentari, "Oreste Pipolo"), ricorda le sonorità delle musiche di Danny Elfman per i film di Tim Burton. Una curiosità: i sottotitoli in italiano (almeno nella copia proiettata qui a Milano) su alcune frase in dialetto napoletano.

3 commenti:

Lisa Costa ha detto...

Decisamente piaciuto anche a me (come puoi vedere dalla recensione nel blog), Garrone ci sa fare anche con le commedia, non c'è che dire!

Marisa ha detto...

A mio avviso è il miglior film italiano in circolazione.
Che i sogni o desideri che siano vadano presi con le pinze e "interpretati" ce lo insegna non solo Freud , ma anche un gaudente per antonomasia come Oscar Wilde ("Stai attento a quello che desideri, potrebbe realizzarsi!).
Buttarsi a capofitto e prendere alla lettera i propri desideri è la strada più corta per il delirio e in questo film Garrone ci conduce magistralmente attraverso i vari passaggi, dalla speranza all'illusione fino alla paranoia che monta, nonostante i ripetuti tentativi di un ambiente prima complice e poi preoccupato, per finire nel delirio conclamato, quando Luciano, ormai solo, ride da folle nella sua meravigliosa "prigione" follia, in un mondo sempre più buio e avulso dalla realtà.

Christian ha detto...

Lisa: Siamo d'accordo, è un film che cresce anche dopo la visione, anche se poi la sua leggerezza è solo apparente, visto che la pellicola a suo modo è tragica quanto "Gomorra" o "Primo amore" nel mostrare una possibile deriva sociale dell'Italia di oggi, che può anche portare qualcuno alla follia o all'alienazione.

Marisa: Garrone si conferma come uno dei registi italiani più bravi in questo momento. Anche secondo me il finale non è un "happy end" ma la certificazione di un delirio ormai senza ritorno: per questo è stato girato in maniera così "irreale" (non è credibile che, con tutte le telecamere puntate sulla casa, nessuno si accorga che Luciano si è introdotto all'interno; non se ne accorgono nemmeno gli altri abitanti, veri e propri ectoplasmi).