20 giugno 2012

Room 237 (Rodney Ascher, 2012)

Room 237
di Rodney Ascher – USA 2012
documentario
**1/2

Visto al cinema Apollo, in originale con sottotitoli (rassegna di Cannes).

“Shining” di Stanley Kubrick è uno dei massimi capolavori del genere horror, ma non solo: come per tutti i lavori del regista americano, la ricchezza di temi, contenuti e dettagli ha spinto critici e spettatori a leggerlo in chiave differente, uscendo cioè dai confini del semplice “film di paura” per tentare di cogliervi metafore o significati più vasti e profondi. Questo bizzarro documentario – il cui sottotitolo è “Un’indagine su Shining in nove parti” – espone alcune di queste interpretazioni. Diciamo subito che non è da prendere sul serio: è vero che Kubrick, noto per la sua maniacalità e l’attenzione ai dettagli, non lasciava nulla al caso; ma pensare che ogni singolo oggetto o elemento che si vede sullo schermo servisse per lanciare un messaggio allo spettatore sembra davvero esagerato. Solo in questo modo si possono avallare alcune delle sconcertanti ipotesi avanzate da sedicenti studiosi o critici: da quella che si tratti di una sorta di “confessione” di Kubrick a proposito del suo coinvolgimento nella falsificazione dello sbarco sulla Luna (una teoria cospirazionista piuttosto diffusa, infatti, afferma che il regista di “2001: Odissea nello Spazio” avrebbe girato in studio tutti i materiali che documentano l’allunaggio; lo rivelerebbe, fra le altre cose, il maglioncino con la scritta “Apollo 11” indossato dal piccolo Danny in una scena topica del film) all’idea che l’intera pellicola sia una denuncia del genocidio degli indiani d’America da parte dell’uomo bianco; dalla convinzione che il film parli in realtà dell’Olocausto, a quella secondo cui “Shining” è una lettura moderna dei miti greci (e segnatamente di quello del Minotauro: da qui il labirinto). Alcune di queste ipotesi sono suggestive, e non mancano di fondamento, ma complessivamente siamo di fronte a un semplice gioco: con la ricchezza di elementi che il film fornisce, non sarebbe difficile costruire teorie alternative che puntino in qualsiasi altra direzione; lo dimostra il fatto che ognuno dei critici può leggere gli stessi dettagli in maniera diversa. Divertente e ben assemblato (anche attraverso spezzoni di altre celebri pellicole, di Kubrick e non), alla fine “Room 237” lascia un po’ il tempo che trova e brilla soprattutto di luce riflessa: ma è sempre bello (ri)vedere le immagini del film sul grande schermo, scoprire tanti dettagli che a una prima visione possono sfuggire, accorgersi dei numerosi “errori di continuità” (molti dei quali probabilmente voluti) e sentirsi suggerire nuove modalità di visione di un capolavoro (come quella di guardarlo proiettato al contrario e sovrapposto). Alla fine, non si può non essere d’accordo con chi azzarda un’analogia con la fisica quantistica: l’osservatore modifica l’oggetto osservato.

3 commenti:

Giuliano ha detto...

anni fa ho parlato di Shining con una tizia appassionata di Stephen King, il film non le era piaciuto.
A me invece l'esatto opposto, quando inizio a leggere S.King mi spazientisco subito, trovo tutto scontato e prevedibile.
Comunque sia, questo del cercare significati nascosti è un esercizio che si può applicare un po' a tutto, libri quadri film...
:-)
il mio preferito in questo campo rimane Achille Campanile, ma questo te l'ho già detto
(Il vertice massimo di questi raguonamenti probabilmente è questo: Alphonse Allais scrisse che "William Shakespeare non è mai esistito, tutte le sue opere sono state scritte da un altro autore inglese, che si chiamava anche lui William Shakespeare")

Christian ha detto...

Anche a King stesso, il film di Kubick non era piaciuto. Tanto che più tardi fece realizzare una miniserie tv più fedele al libro originale...

Bella la frase di Allais! ^^

Giuliano ha detto...

beh, io sto con Kubrick!!
:-)
in attesa che qualcuno ripeta la stessa operazione con Barry Lyndon, ti ringrazio per la segnalazione (prima o poi finirò per vederlo, dev'essere divertente)