16 giugno 2012

Un sapore di ruggine e ossa (J. Audiard, 2012)

Un sapore di ruggine e ossa (De rouille et d'os)
di Jacques Audiard – Francia/Belgio 2012
con Marion Cotillard, Matthias Schoenaerts
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Visto al cinema Anteo, in originale con sottotitoli (rassegna di Cannes).

Lui, Ali, è un ex pugile giunto in Costa Azzurra con il figlioletto di cinque anni – che sembra essere l'ultimo dei suoi pensieri – per rifugiarsi dalla sorella e cercare lavoro (prima come buttafuori in una discoteca, poi come sorvegliante notturno). Lei, Stéphanie, è un'addestratrice di orche in un parco acquatico, cui vengono amputate le gambe dopo un incidente. La coppia che formano si basa dapprima solo sull'amicizia, il conforto reciproco e il sesso: ma alla lunga arriverà anche l'amore. Con un film di estrema fisicità (si mostrano corpi feriti o mutilati; feroci combattimenti a mani nude – Ali entra in un circuito di lotte clandestine in stile "Fight Club" – e torride scene di sesso; per non parlare della sequenza più bella, quella in cui Ali porta Stéphanie a nuotare e ad immergersi in un mare illuminato dal sole al tramonto), Audiard racconta la storia dell'incontro di due personaggi soli e chiusi in due "prigioni" esistenziali: lui (incapace di esprimere i propri sentimenti) in quella di una vita senza scopi e senza prospettive, fatta di relazioni e di rapporti occasionali, di indifferenza verso il figlio e le persone che gli stanno attorno, di ricerca del brivido e del rischio per puro "divertimento"; e lei in quella della malattia, in fuga da una vita infelice (di cui l'esibizionismo in discoteca e la crisi del rapporto con il precedente compagno non erano che prodromi) e alla disperata ricerca di nuova forza e di una nuova stabilità. Ma rispetto ai lavori precedenti del regista francese, il film (dedicato a Claude Miller, scomparso da poco) non convince appieno: molti sono gli snodi forzati, gli elementi dispersivi (non casualmente: la pellicola è tratta da una raccolta di racconti, "Rust and Bone" del canadese Craig Davidson), i passaggi melodrammatici (come il licenziamento della sorella, l'incidente del bambino sul ghiaccio, Stéphanie che diventa il manager di Ali durante gli incontri clandestini) messi lì senza un adeguato approfondimento oppure inseriti ad hoc per "pilotare" la vicenda nella giusta direzione e poi dimenticati (lo stesso handicap di Stéphanie, cui poi si rimedia con delle protesi di metallo, cessa di avere peso nella vicenda da metà film in poi). Bravi i due protagonisti. Nel cast c'è anche il belga Bouli Lanners nei panni di Martial, il barbuto mentore di Ali.

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