28 marzo 2012

Nostalghia (Andrej Tarkovskij, 1983)

Nostalghia (id.)
di Andrej Tarkovskij – Italia/URSS 1983
con Oleg Yankovskij, Erland Josephson
***1/2

Rivisto in DVD, con Marisa.

Lo scrittore Andrei Gorchakov (Oleg Yankovskij) giunge in Italia sulle tracce di un musicista russo del settecento che visse da esule in Toscana. Mentre visita il piccolo centro termale di Bagno Vignoni, in compagnia della sua guida e interprete Eugenia (Domiziana Giordano), incontra Domenico (Erland Josephson), un uomo da poco uscito dal manicomio. Questi gli rivela che per "salvare il mondo" è necessario attraversare la vasca medievale di Santa Caterina con una candela accesa in mano, e affida proprio a lui l’incarico. Rimasto colpito dalla "follia" di Domenico, con cui si sente stranamente in sintonia ("Una goccia più una goccia non fa due gocce ma una goccia più grande!"), ma soprattutto tormentato da sogni e ricordi della propria famiglia (rimasta in Russia) e da inquietanti segni premonitori (le piume che cadono dal cielo, l'incontro con una bambina di nome Angela), Gorchakov rifiuta le avances di Eugenia e sceglie di rimanere da solo nella campagna toscana. E proprio nello stesso istante in cui Domenico – che si è fatto portavoce di una protesta dei "pazzi" contro la società moderna – si dà fuoco a Roma al suono della nona sinfonia di Beethoven, Gorchakov muore dopo aver attraversato la fatidica vasca. Il primo film girato da Tarkovskij fuori dalla Russia (il secondo, tre anni più tardi, sarà “Sacrificio”), prodotto dalla Rai e sceneggiato insieme a Tonino Guerra, è perfettamente in linea con i temi e la poetica degli altri suoi lavori. L'argomento, come suggerisce il titolo, è quello del sentimento che pervade i russi quando si trovano lontani (per scelta o per costrizione) dalle proprie radici: non solo nostalgia ma anche incertezza verso il futuro, una situazione in cui la distanza e l'alienazione possono spingere a dimenticare le barriere fisiche in favore di quelle spirituali. La nostalgia è anche verso quella purezza primordiale, quello stato di armonia interiore che il mondo moderno (il consumismo, la corruzione, l'inquinamento) mette continuamente a repentaglio: e solo i "pazzi" sembrano accorgersene. Il personaggio interpretato da Yankovskij è ovviamente una proiezione dello stesso Tarkovskij, di cui riflette lo smarrimento e le preoccupazioni di un periodo in cui stava meditando di lasciare definitivamente l'Unione Sovietica, dove erano invece rimasti la moglie e il figlio (che, a differenza sua, non avevano avuto il permesso di espatriare). I sogni e le visioni del protagonista (rigorosamente in monocromia) fondono e confondono il passato con il presente, la Russia con la Toscana: memorabile, per esempio, l'inquadratura finale, in cui la casa di famiglia e la campagna russa sono "contenuti" all'interno delle rovine dell'abbazia di San Galgano, segno della capacità di aver finalmente riunito i due opposti dentro di sé. Un altro esempio è dato dal cane di Domenico, identico a quello che appare nelle visioni di Gorchakov: ed è proprio l'animale – una sorta di guida, come quello di “Stalker” – a rappresentare un legame fra i due uomini prima ancora che essi si incontrino. I luoghi dell’infanzia e la nostalgia del grembo materno (cui allude anche l'affresco della "madonna del parto" di Piero della Francesca) diventano qui una prefigurazione della morte, come se inizio e fine della vita si toccassero. Quanto al piano-sequenza dell'attraversamento della vasca con la candela in mano, che riesce solo al terzo tentativo, è una delle scene più note di tutto il cinema del regista russo, vuoi per l’intensità della sequenza (che rappresenta il vero e proprio climax del film), vuoi per il fascino del luogo. Molto evocativa la fotografia di Giuseppe Lanci, che esalta gli scenari di una Toscana medievale e soffocata da nebbia e umidità, fra stanze d'albergo deserte, case diroccate e chiese sommerse dall'acqua. Le poesie che il protagonista recita, in russo, sono del padre del regista, Arsenij Tarkovskji.

5 commenti:

Marisa ha detto...

Ingmar Bergman dice: "Quando un film non è documento, è un sogno. Per questo Tarkovskji è il più grande di tutti...E' un osservatore che è riuscito a rappresentare le sue visioni facendo uso del più pesante e duttile dei media. Per tutta la mia vita ho bussato alla porta di quegli spazi in cui lui si muove con tanta sicurezza. Solo qualche volta sono riuscito a intrufolarmi dentro." (La lanterna magica, pag. 71)

Condivido pienamente il parere di Bergman
e questo per me rimane un film magistrale, dove presente e passato, immaginazione e realtà, sogno e ricordo si intrecciano continuamente e la vicenda da soggettiva trascende verso l'universale e si allarga a destino condiviso perchè la vita (quella di Domenico e del poeta, che ormai sono tutt'uno) viene offerta in consapevole sacrificio per tutta l'umanità, secondo la più profonda tradizione spirituale russa, ma non solo (vedi i monaci buddisti bonzi...)

Christian ha detto...

È forse un film che bisognerebbe vedere più volte per essere apprezzato appieno. A una prima visione può sembrare che giri a vuoto, o addirittura che si tratti soltanto di un poetico manierismo. Credo però che, più che a temi universali (peraltro sempre presenti nei film di Tarkovskij) questo sia, come "Lo specchio", molto più legato al suo vissuto individuale. In questo senso, sarebbe utile accompagnare il film con la visione del documentario "Tempo di viaggio" che ha girato mentre era in Italia con Tonino Guerra e che aiuta a comprendere quali erano i suoi pensieri e il suo stato d'animo in quel periodo vissuto lontano dalla Russia e dalla famiglia.

Tornando a Bergman, l'affinità fra i due è evidente: non a caso in questo film Tarkovskij ricorre a un attore prettamente bergmaniano (Erland Josephson) e il successivo – il suo ultimo – lo andrà a girare direttamente in Svezia ("Sacrificio").

Anonimo ha detto...

Ricordo che la sequenza dell'attraversamento della vasca mi lasciò decisamente a bocca aperta.

Ale55andra

Christian ha detto...

Credo che sia una delle sequenze più belle della storia del cinema. Mi ricordo di averla vista per la prima volta fuori contesto, estrapolata dal resto del film e programmata da Ghezzi su “Fuori Orario”. Ne rimasi affascinato, anche senza sapere di quale film si trattasse (ma avendo già visto “Stalker” e altri lavori di Tarkovskij, ne riconobbi subito lo stile…).

Christian ha detto...

L'ho rivisto e riapprezzato ancora di più. Ho leggermente modificato alcuni passi della recensione (e alzato il voto).