5 marzo 2012

Lo spirito dell'alveare (V. Erice, 1973)

Lo spirito dell'alveare (El espíritu de la colmena)
di Victor Erice – Spagna 1973
con Ana Torrent, Isabel Tellería
***1/2

Visto in divx, in originale con sottotitoli.

La piccola Ana, inquieta e sensibile, vive con il padre, la madre e la sorella maggiore Isabel in una grande villa ai margini di una sperduta cittadina rurale sulla meseta castigliana, dove la famiglia si è trasferita per sfuggire alla guerra civile spagnola (siamo nel 1940). Rimasta impressionata da una visione del “Frankenstein” di James Whale (il film con Boris Karloff, per intenderci), si convince che in una capanna diroccata in mezzo ai campi risieda uno spirito che si fa vedere soltanto di notte: si tratta invece di un soldato repubblicano, rifiugiatosi lì per sfuggire alla guardia civile e al quale la bambina porta in segreto cibo e abiti. Primo lungometraggio del poco prolifico Erice (ne ha girati in tutto solo tre), è un film d’atmosfera che affronta, in maniera allegorica e quasi impalpabile, le inquietudini e le angosce di un periodo topico della storia spagnola attraverso gli occhi di una bambina. Girato durante gli ultimi anni della dittatura di Franco, colpisce per la bellezza visiva delle inquadrature, l’espressività degli sguardi, la vivida fotografia di Luis Cuadrado (divenuto cieco durante la lavorazione) che cattura l’ambiente e la natura, i segnali inquietanti (gatti neri e funghi velenosi), il ritmo lento e riflessivo. Il titolo proviene da un libro di Maeterlinck: e la metafora dell’alveare come microcosmo-prigione ordinato e brulicante ma al tempo stesso enigmatico e misterioso (il padre di Ana e Isabel – interpretato da Fernando Fernán Gómez, scrittore e a sua volta regista – è appassionato di apicultura) ritorna in più punti, per esempio attraverso le celle esagonali che adornano le finestre e le porte della villa. Indimenticabili alcune scene, come l'incontro notturno fra Ana, fuggita di casa, e il mostro di Frankenstein, o l'intera sequenza in cui la sorella si finge morta. Molto forte il simbolismo: l’isolamento e la disintegrazione della Spagna franchista sono impliciti in quelli della famiglia (in tutto il film non c'è una sola inquadratura che mostri i quattro membri insieme: soprattutto la madre, Teresa Gimpera, che si strugge per un amore perduto al quale invia lettere che non avranno mai una risposta, sembra assolutamente distante dagli altri). Alcuni elementi (la cattiveria del mondo vista dagli occhi dei bambini, i giochi infantili che si mischiano con la paura del diverso) potrebbero essere stati ispirati dal classico “Il buio oltre la siepe”; tuttavia il tema degli orrori del mondo e della guerra trasfigurati attraverso la fantasia di una bambina sarà trattato anni dopo – in maniera completamente diversa – in un altro film spagnolo, “Il labirinto del fauno”. Graziosissime le due bimbe: Ana Torrent, che ai tempi del film aveva solo sette anni, proseguirà la carriera di attrice (lavorerà per Carlos Saura e Peter Greenaway e sarà, fra le altre cose, la protagonista del primo film di Alejandro Amenábar, “Tesis”). Da notare che tutti i personaggi si chiamano come gli attori che li interpretano: Erice prese questa decisione perché sul set la piccola attrice non riusciva a capire come mai le persone cambiassero nome in continuazione.

2 commenti:

Marisa ha detto...

Film molto interessante e ingiustamente sconosciuto.
Visivamente bello, a tratti vicino a Tarkovskji, per l'attenzione e l'uso simbolico degli elementi: il fuoco acceso con le bambine che saltano scavalcandolo come piccole streghe, la terra , gli insetti...
anche l'ultima scena, con la luce quasi soprannaturale che viene dalla finestra è molto simile a certe luminosità del grande regista russo. Ma credo che le coincidenze non tolgano niente all'autenticità di quest'opera, che mi ha sorpreso e commossa.

Christian ha detto...

Sì, visivamente è davvero bellissimo, e i colori e la luce (anche nelle scene notturne, come l'ultima che citi, quella con la bambina che si avvicina alla finestra di notte) sono usati in maniera suggestiva e quasi magica.