24 ottobre 2011

This must be the place (P. Sorrentino, 2011)

This must be the place
di Paolo Sorrentino – Italia/Francia/Irlanda 2011
con Sean Penn, Frances McDormand
**

Visto al cinema Colosseo.

Dopo i successi de "Le conseguenze dell'amore" (che a mio parere resta il suo lavoro migliore) e "Il divo", Sorrentino goes international e va a girare un film in inglese negli Stati Uniti (ma non di produzione americana), come molti registi europei prima di lui hanno sentito l'esigenza di fare (i paragoni che sorgono subito in mente, anche per via dei temi e dei toni da road movie, sono quelli con il Wenders di "Paris, Texas" e l'Antonioni di "Zabriskie Point"). Protagonista assoluto è un sorprendente Sean Penn nei grotteschi e ingombranti panni di Cheyenne, rock star invecchiata, annoiata e depressa, che fatica a uscire dal "personaggio" che gli aveva dato la notorietà negli anni ottanta, prima di ritirarsi dalle scene per chiudersi in un esilio dorato in Irlanda. Punk, dark (il look è ispirato a quello di Robert Smith dei Cure), infantile ("solo i bambini non sentono mai il bisogno di fumare"), effemminato (evidente il contrasto con la moglie, interpretata da Frances McDormand, che invece è fin troppo "maschile", al punto da lavorare come vigile del fuoco e da battere regolarmente il marito a pelota) e in perenne crisi artistica (come confessa a un David Byrne che, oltre a realizzare la colonna sonora del film, interpreta sé stesso in una delle scene registicamente più interessanti, quella del suo concerto a New York), eppure intellettualmente lucido e capace di improvvisi scatti di di umorismo cinico e sarcastico, Cheyenne si mette in viaggio per gli States in occasione del funerale di un padre con cui non parlava da molti anni; e per espiare il senso di colpa per la distanza che lo ha tenuto lontano da lui, si getta sulle tracce di un criminale nazista che ora vive in America e che il genitore, da questi umiliato mentre era prigioniero ad Auschwitz, aveva cercato invano di scovare. Se i temi del viaggio come metafora della ricerca di sé stesso, del rapporto con il padre da ricucire dopo la morte, e del superamento dei traumi del passato (solo nel finale Cheyenne saprà uscire dalla "maschera" che ha indossato per trent'anni, riacquistando la propria identità da adulto, chiudendo i conti con una tragedia che lo opprimeva – il suicidio di due suoi giovani fan – e permettendo a quelle che scopriamo nell'ultimissima scena essere sua madre e sua sorella di "ritrovare" il proprio caro perduto) non sono in fondo così originali, la cura nella caratterizzazione del personaggio dà i suoi frutti e proprio il finale aggiunge significato all'intera operazione. Nulla da dire invece sullo stile: sono convinto – come ho già scritto altrove – che Sorrentino sia attualmente il più dotato, dal punto di vista della tecnica, fra i registi italiani. La struttura in acciaio e vetro che si vede dietro le case nelle scene ambientate in Irlanda è il nuovo Aviva Stadium di Dublino. Il titolo del film, invece, è quello della canzone dei Talking Heads che lo stesso Cheyenne suona alla chitarra in casa di Rachel (Kerry Condon), la figlia americana dell'uomo che sta cercando. Cameo per Harry Dean Stanton (già protagonista del citato "Paris, Texas") nel ruolo dell'inventore del trolley, mentre Judd Hirsch è Mordecai Midler, il cacciatore professionista di nazisti.

7 commenti:

persogiàdisuo ha detto...

Anche secondo me dal punto di vista della tecnica Sorrentino è il più dotato dei registi italiani. E ora anche il più furbo ora.

Marisa ha detto...

Tutto il film si regge su Sean Penn, che, pur costretto in una maschera quasi catatonica, riesce a volte anche solo con un soffio sui capelli a dare vita ed emozioni ad un personaggio attraverso cui si può leggere tutta la tragedia dell'ansia moderna di fermarsi in un apparente mondo disincantato alla Peter Pan, fonte di continue rimozioni e negazioni di una realtà che prima o poi esige i suoi conti.

Christian ha detto...

Persogiàdisuo: In realtà credo che ce ne siano di più furbi. Sorrentino mi pare abbastanza sincero. Il problema è che, a fronte di una grande maestria tecnica, i suoi film sono sempre un po’ banalotti come contenuti, almeno se confrontati a quelli di altri grandi maestri del passato (per esempio, sto riguardando in questi giorni alcuni film di Bernardo Bertolucci e ho appena visto “La luna”… Pur non essendo un film perfetto, offre molti più spunti di gran parte delle pellicole italiane di questi ultimi anni).

Marisa: Penn è davvero un ottimo interprete, un valore aggiunto per dare “vita” e profondità a questo personaggio comunque interessante. Sicuramente gran parte del merito del film è suo.

marco c. ha detto...

Sono stato costretto alla visione di questo film per sfuggire ad uno peggiore che era...nemmeno mi ricordo. Cmq non mi ha trasmesso nulla, mi è sembrato un po' banalotto. Poi non amo molto i film macedonia dove c'è dentro di tutto. Questo film accontentava tutta la variegata compagine di cui è solitamente formato il pubblico: donne, ragazze, teens, e persino me che ho trovato degli spunti interessanti nella opprimente costruzione metallica del nuovo stadio. Il vero problema di un film girato con un intento essenzialmente commerciale è che solletica ciascun spettatore ma non approfondisce nulla. Prendi il paesaggio a stregua della logica costruttiva: si passa dall'Europa all'America, da Est a Ovest, dalla sabbia alla neve, da uno stato all'altro. C'è dentro il dramma dei lager, il viaggio di crescita personale, il rapporto mancato padre-figlio, quello figlio-madre, la comicità, il freak, la musica onnipresente. Francamente era una macedonia. Non che non mi abbia divertito, però come hanno detto molti: è una furbata.

Christian ha detto...

Sono d'accordo su tutto: come ho già scritto, anche a me è parso un film un po' banale e tutto sommato già visto. Mi dispiace, perché se vogliamo sperare in una rinascita del cinema italiano, è proprio su talenti come Sorrentino (e Garrone) che bisogna puntare. Ma non mi pare che stiano dimostrando di essere in grado di fare film "di rottura" o importanti come quelli che facevano Germi, Bertolucci, Pasolini, Antonioni, Visconti, ecc. Questo è un film gradevole, ma resta un "filmetto". Difficilmente ce ne ricorderemo a distanza di tempo.

Luciano ha detto...

Anche per me il film è di buona qualità però ci sono alcuni aspetti che non mi convincono (a parte la maestria di Sorrentino nel "muovere" la camera). Prima di esprimere un'opinione conto di rivederlo una seconda volta.

Anonimo ha detto...

"Qualcosa mi ha disturbato. Non so bene cosa, ma mi ha disturbato".
E' quello che ho provato anche io nei confronti del film, sebbene comunque sappia di cosa si tratti...

Ale55andra