28 settembre 2011

La pelle che abito (P. Almodóvar, 2011)

La pelle che abito (La piel que habito)
di Pedro Almodóvar – Spagna 2011
con Antonio Banderas, Elena Anaya
***

Visto al cinema Colosseo.

Robert, chirurgo plastico di successo, è ossessionato dalla scomparsa della moglie, rimasta carbonizzata sei anni prima in un incidente stradale. Per questo ha messo a punto una nuova pelle sintetica in grado di resistere alle ustioni e la sperimenta su Vera, una donna che tiene reclusa in una stanza della sua villa, alla quale ha modellato il volto per imitare proprio quello della defunta moglie. In una serie di drammatici flashback e di controversi colpi di scena, scopriremo le tragedie del passato che hanno portato a questa bizzarra situazione, nonché la vera identità della misteriosa Vera (mai nome fu più ironico). Ispirato al mito di Pigmalione, un soggetto che nelle mani di un altro regista sarebbe degenerato in qualcosa di grottesco: e invece, vuoi perché Almodovar sguazza da sempre in mezzo a questi temi (l'ambiguità sessuale, la follia e l'ossessione creativa, le insolite relazioni fra i personaggi), vuoi perché la particolare struttura narrativa cambia più volte le carte in tavola, sfumando il melodramma in thriller e tenendo sempre desta la curiosità dello spettatore, il risultato è appassionante. Soltanto nel finale, però, capiremo la reale portata di quello che abbiamo visto: la pellicola passa infatti dagli iniziali temi "transgenici" a quelli, tipicamente almodovariani, "transgender". Da menzionare le grandiose scenografie di Antxón Gómez (la villa del medico, con lo schermo gigante da cui Robert osserva in segreto la stanza di Vera o l'enorme tappeto che viene spesso inquadrato dall'alto; le scritte dalla stessa donna sulla parete della sua "prigione"), i personaggi eccentrici o dal passato tragico e complesso (dal chirurgo psicopatico e senza scrupoli impersonato da Banderas alla tenera e arrendevole – almeno in apparenza – Vera, cui la bella Elena Anaya – che ha sostituito Penélope Cruz – dona una memorabile caratterizzazione; dal criminale e stupratore con il costume da "uomo tigre", figlio della domestica Marilia, fino a quest'ultima – interpretata dalla solita Marisa Paredes – che in segreto è anche la madre di Robert), la suggestiva colonna sonora (di Alberto Iglesias), i costumi (la tuta color carne di Vera e l'uniforme da governante di Marilia sono stati disegnate da Jean-Paul Gaultier, ma nel film ci sono anche abiti di Dolce & Gabbana e di altre maison) e i numerosi riferimenti artistici, letterari e cinematografici (i dipinti del Tiziano, di Guillermo Pérez Villalta e John Baldessari, le sculture di Louise Bourgeois, i film di Luis Buñuel, Alfred Hitchcock e Fritz Lang, i testi di Mary Shelley – "Frankenstein", naturalmente – e di Shakespeare). La pellicola è stata girata e ambientata in Galizia, nei pressi di Santiago de Compostela, il che spiega l'occasionale uso del portoghese a fianco dello spagnolo (per esempio, nelle canzoni di Concha Buika).

7 commenti:

Marisa ha detto...

Film molto complesso ed interessante che, come dici bene, pesca da molteplici fonti e lancia numerose suggestioni.
A tutte quelle che hai ricordato aggiungerei ancora il motivo dei fratelli rivali e complementari, anche se qui del tutto inconsciamente( visto che la madre mantiene il segreto), ma non per questo il tema è meno significativo ed archetipico.

Il bollalmanacco di cinema ha detto...

Ambiguo e affascinante, credo mi rimarrà in testa per parecchio tempo, nonostante a tratti mi sia risultato anche parecchio fastidioso. Particolare, senza dubbio.

Christian ha detto...

Chi ama l'Almodóvar più "estremo" (quello di "Matador" o "Kika", per intenderci, non certo quello di "Volver") ci sguazzerà di sicuro! ^^

MonsierVerdoux ha detto...

Confesso che Almodovar mi è sempre stato sulle palle, anche se di questo film tutti dicono che è sconvolgente e particolare, per cui alla fine finirò col vederlo e farti sapere...

Christian ha detto...

Allora non so se ti piacerà, visto che è comunque un film molto "almodovariano"...

Se non lo hai ancora visto, prova semmai con "Tutto su mia madre", ovvero il film con cui ha convinto molti di coloro che erano scettici su di lui.

ladywriter65 ha detto...

Ho amato l'Almodovar degli esordi, l'ho seguito nel suo percorso e trovo che con la cura e la perfezione delle sue immagini e storie abbia perso anche un pò dello smalto creativo che lo contraddistingueva.
Nonostante tutto i suoi ultimi film mi sono piaciuti e rimane per me uno dei registi più interessanti. Questo mi ha lasciata un pò perplessa e fatico a darne un giudizio sintetico.
Ciao.

Christian ha detto...

A me comunque è piaciuto più questo dei due film immediatamente precedenti ("Volver" e "Gli abbracci spezzati"). Ci ho ritrovato nuovamente proprio qualcosa dell'Almodovar degli esordi che citi.