24 settembre 2011

A dangerous method (D. Cronenberg, 2011)

A dangerous method (id.)
di David Cronenberg – Canada/Germania 2011
con Michael Fassbender, Keira Knightley
**1/2

Visto al cinema Anteo, in originale con sottotitoli (rassegna di Venezia).

Sabina Spielrein, russa di origine ebrea, fu paziente (e amante) di Carl Gustav Jung e poi corrispondente e allieva di Sigmund Freud. Divenne in seguito una delle prime donne psicoanaliste: la storia della sua vita si intreccia dunque inesorabilmente con quella della psicoanalisi, che proprio negli anni precedenti alla prima guerra mondiale stava muovendo i suoi primi passi. Tratta dal testo teatrale "The talking cure" di Christopher Hampton (da lui stesso adattata per il cinema), la pellicola utilizza proprio la figura della Spielrein come filo conduttore per raccontare l'incontro, la collaborazione e poi i contrasti fra i due massimi teorici dell'analisi dell'inconscio: Freud (interpretato da un controllato Viggo Mortensen, al suo terzo film consecutivo con Cronenberg), fondatore della disciplina, e il più giovane Jung (un somigliantissimo Michael Fassbender), a lungo considerato il suo "erede" e successore designato, prima che profonde divergenze di varia natura li portassero a prendere strade diverse (Jung rimproverava a Freud l'ostinazione a interpretare ogni elemento da un punto di vista sessuale, nonché la visione dell'incoscio come un semplice "deposito" di emozioni e desideri repressi, mentre il pragmatismo di Freud mal tollerava il tentativo di Jung di allargare la psicoanalisi allo studio di funzioni più trascendenti, agli archetipi e a un'energia psichica più generalizzata). Ben documentato e attento ai particolari storici e biografici (molti episodi sono riproposti con estrema fedeltà: il primo colloquio fra Freud e Jung, che durò quasi tredici ore; la reticenza di Freud a raccontare un suo sogno a Jung durante il viaggio in nave verso gli Stati Uniti per "non mettere a repentaglio la propria autorità"; e si cita di sfuggita persino la diatriba sul nome da dare alla disciplina: "psicanalisi" per Jung, "psicoanalisi" per Freud), il film è sicuramente interessante ma non riesce mai a decollare. A tratti si ha l'impressione che Cronenberg e Hampton si siano limitati a svolgere un "compitino" senza particolare creatività, soprattutto se lo si confronta con pellicole come "Amadeus" che, pur non rinunciando ai dettagli storici, si prendevano enormi libertà per raccontare non solo le vite dei personaggi ma per darne anche un'interpretazione artistica, offrendo "qualcosa di più" di quello che può essere trovato semplicemente leggendo una biografia o una voce enciclopedica. Qui, a parte alcuni momenti (quelli della relazione con venature masochistiche fra Sabina e Jung, per esempio), la narrazione rimane freddina e i protagonisti non prendono mai davvero vita. Fortunatamente la regia solida e le buone prove degli attori (anche se Keira Knightley tende un po' a esagerare nella sua recitazione) rendono comunque piacevole la visione. Alla fine il personaggio che rimane più impresso è forse quello dell'eccentrico Otto Gross, interpretato da Vincent Cassell, che pur essendo solo un comprimario in una breve sequenza, risulta simpatico e memorabile. La vita di Sabina Spielrein e la sua turbolenta relazione con Jung sono al centro anche di un altro film recente, "Prendimi l'anima" di Roberto Faenza, che non ho ancora visto. Curiosità: uno psicoanalista era al centro anche del primissimo lavoro di Cronenberg, il cortometraggio amatoriale "Transfer", girato quando il regista era solo uno studente.

5 commenti:

Giuliano ha detto...

mi hai fatto pensare a Videodrome, che ho rivisto nei giorni scorsi, dopo chissà quanto tempo (forse da quand'era uscito).
Cronenberg è sempre stato sul punto di diventare un grande autore, ma gli è sempre mancato sempre qualcosa... Questo film su Freud e Jung (e la Spielrein) è molto interessante, ma la paura di restare deluso, trattandosi di Cronenberg, c'è...
E' una battuta, che vale un po' per tutti i suoi film. A momenti, dei capolavori: mai un capolavoro vero, però. E mi dispiace molto.

Christian ha detto...

Di "quasi capolavori", comunque, ne ha fatto parecchi: "Inseparabili", "M. Butterfly", "Il pasto nudo", "La zona morta", "Spider" e altri ancora... il che basta a elevarlo, e di molto, sopra la media degli autori attuali. È un regista che merita di essere seguito sempre e comunque con attenzione. Vedremo il prossimo "Cosmopolis"...!

Marisa ha detto...

Concordo sul "compitino". In realtà le scene sado-maso potevano essere risparmiate proprio perchè aggiunte dalla fantasia del regista in un'opera che ricalca abbastanza fedelmente i fatti, probabilmente per evidenziare le fantasie masochistiche di Sabina, ma che non rendono giustizia a Jung, che, pur essendosi comportato "da mascalzone"(sono sue parole) in qualche situazione, sicuramente non passava a simili agiti.
La vera grandezza di Jung in realtà comincia dalla fine del film, proprio con la grande crisi che attraversa dopo la rottura con Freud e la serietà con cui tratta i propri sogni e visioni, a partire dai sogni catastrofici a cui si accenna nel finale e che preludono alla grande guerra, tutto materiale incandescente che costituirà lo spunto per le sue grandi opere.
Una curiosità: il rapporto con Otto Gross, che gli era stato affidato da Freud nel 1908, diventa così coinvolgente che una loro seduta durerà 22 ore...ancora di più del primo incontro con Freud

Giuliano ha detto...

temo proprio che il sadomaso sia una passione di Cronenberg, fin dai suoi inizi (Videodrome è del 1982...). Questo è stato uno dei motivi per cui ho smesso di andare a vedere i suoi film, anche per via di dettagli vari truculenti (truculento è la parola giusta).
Non ho mai capito queste passioni, forse anche per via di un paio di soggiorni in ospedale, eccetera: e non capisco perché metterli in un film su Freud, ma evidentemente si pensa che queste scene attirino pubblico. Così non è, ma pazienza...

Christian ha detto...

In realtà, come ha ricordato anche Marisa, quelle del rapporto sadomaso fra Jung e la Spielrain sono fra le poche scene in cui il film non si limita a riproporre quel che è noto (ovvero le biografie ufficiali dei personaggi) ma si azzarda a "inventare" qualcosa...