17 giugno 2011

Polisse (Maïwenn, 2011)

Polisse
di Maïwenn – Francia 2011
con Karin Viard, Joeystarr
***

Visto al cinema Apollo, in originale con sottotitoli (rassegna di Cannes).

A metà strada fra il police procedural e il cinema-verità, questo bel film segue le vicende di un gruppo di agenti dell’unità per la protezione dei minori di Parigi, alle prese con pedofili o con bambini avviati alla delinquenza. Alle azioni sul campo si alternano scene della vita privata dei poliziotti stessi, fra momenti di tensione e altri di allegria, speranze e disillusioni, litigi e nascite di nuovi amori. Il titolo, naturalmente, è la parola “Police” come verrebbe scritta da un bambino. La regista e sceneggiatrice si ritaglia per sé il ruolo di Melissa, la fotografa che accompagna i poliziotti per documentarne l’azione per un servizio giornalistico (un ruolo in parte autobiografico, visto che per raccogliere materiale prima di girare la pellicola aveva ottenuto l’autorizzazione a restare con i membri dell’unità per un certo periodo di tempo, facendo ricerca sul campo: tutti i casi che si vedono sullo schermo sono basati su eventi di cui lei stessa è stata testimone o che le sono stati raccontati dagli agenti). Quello fornito dal film è dunque uno spaccato diretto di realtà, con la macchina da presa che indaga senza pudore negli sguardi dei bambini e nei sentimenti dei poliziotti. Molte le sequenze scioccanti o comunque memorabili: gli interrogatori ai parenti pedofili e le loro reazioni (che spaziano dall'inconsapevolezza all'arroganza), l’incursione al campo rumeno, le discussioni sulla gerarchia all’interno della polizia (dove gli agenti dell’unità minorile sono considerati l’ultima ruota del carro), la missione al centro commerciale, la ricerca della madre fuggita con il suo bambino, o quella che si presenta volontariamente per affidare loro il figlio. Di molti di questi casi non viene rivelato l'esito o la conclusione: la scelta è motivata dal fatto che gli stessi poliziotti talvolta non ne vengono messi al corrente. La regista, il cui nome completo è Maïwenn Le Besco, ha un passato di modella ed è stata compagna di Luc Besson, nei cui film ha fatto piccole apparizioni (era, per esempio, la cantante aliena Plavalaguna ne “Il quinto elemento”). I due ebbero un figlio nel 1993, quando Maïwenn aveva solo 16 anni: Besson l'ha poi lasciata per sposare Milla Jovovich (a sua volta mollata dopo pochi anni). Qui si dimostra davvero all’altezza del compito, riuscendo a mantenere le redini di un film complesso e delicato e, in particolare, rivelandosi un’ottima direttrice di attori, tutti credibili e in parte. Il lungometraggio è esemplare persino quando offre alcune belle scene di litigate, da cui molti registi italiani dovrebbero apprendere qualcosa. Trattandosi di un film corale e dalla struttura episodica, il cast è assai vasto e comprende il rapper francese Joeystarr (Fred), Karin Viard (Nadine), Marina Foïs (Iris), Nicolas Duvauchelle (Mathieu), Karole Rocher (Chrys), Emmanuelle Bercot (Sue Ellen), Frédéric Pierrot (Baloo), Arnaud Henriet (Bamako), Naidra Ayadi (Nora), Jérémie Elkaïm (Gabriel), più un ruolo minore anche per Riccardo Scamarcio (che recita in francese e in italiano). Ottima l’accoglienza a Cannes, dove ha vinto il Premio della Giuria.

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