11 maggio 2011

Picnic ad Hanging Rock (P. Weir, 1975)

Picnic ad Hanging Rock (Picnic at Hanging Rock)
di Peter Weir – Australia 1975
con Rachel Roberts, Dominic Guard
****

Rivisto in DVD, con Giovanni, Rachele, Paola, Ilaria e Stefano.

Nel giorno di San Valentino del 1900, un gruppo di studentesse di un college privato dell'entroterra australiano si reca a fare un picnic ai piedi di Hanging Rock, antichissima formazione geologica e vulcanica nello stato di Victoria. In un'atmosfera di impalpabile sospensione (il tempo sembra fermarsi, passato e presente si compenetrano, la natura e gli animali rimangono in osservazione), accade qualcosa di inesplicabile: tre ragazze (la bellissima Miranda e le compagne Irma e Marion) e un'insegnante (l'anziana Miss Craw), attratte da una forza misteriosa, si arrampicano sulla roccia e scompaiono nel nulla. Le ricerche e le indagini della polizia non portano ad alcun risultato: ma una settimana più tardi, il giovane inglese Michael riuscirà in qualche modo a "riportare indietro" una delle ragazze, Irma. L'affascinante film di Weir, uno dei capolavori del suo periodo australiano, pone molte domande allo spettatore senza apparentemente fornire le risposte: il trascendente, l'ignoto e il mistero (perché sia Irma che Michael hanno le medesime ferite sulla fronte e sulle mani?) rimangono impenetrabili a chi non desidera o non è in grado di avvicinarvisi (come, nel film, fa la quarta studentessa, Edith, che sceglie di non attraversare la soglia). Ma una chiave di lettura è fornita dalla bellissima colonna sonora, che oltre alle sonorità inquietanti di Bruce Smeaton (più Bach, Mozart, Tchaikovsky e Beethoven, con l'adagio del concerto per pianoforte n. 5 che Weir riutilizzerà anche in un altro film ambientato in un college, "L'attimo fuggente") contiene temi eseguiti da Gheorghe Zamfir con il flauto di Pan: strumento non certo scelto a caso, visto che Pan era il dio della natura selvaggia, colui che rapiva le ninfe (e al quale erano consacrate le cime dei monti!). Le sue fattezze (corna e zampe di caprone) hanno ispirato nella nostra cultura quelle del diavolo, e difatti Hanging Rock può essere assimilata a una di quelle località, sparse un po' in tutto il globo, che tradizionalmente sono indicate come via d'accesso agli inferi: una voragine che inghiotte le persone (soprattutto le fanciulle: vedi Persefone!) e dove è possibile entrare in contatto – spirituale o fisico – con "l'altro mondo", oppure con la parte di questo mondo che normalmente non è visibile a tutti.

Che stiamo parlando di un "passaggio" lo dimostra anche la collocazione geografica (l'Australia era davvero "un altro mondo" per gli europei, segnatamente per gli inglesi come i protagonisti di questo film; anche se nella pellicola non sono presenti aborigeni – a differenza di un altro film di Weir di questo periodo, "L'ultima onda" – con l'eccezione di qualcuno che si intravede fra coloro che cercano le ragazze, è chiaro il collegamento con le "vie dei canti" e i sogni: lo suggeriscono, per esempio, la visione notturna di Michael che si trova dinnanzi Miranda trasformata in cigno, o il sogno dell'amico Albert in cui la sorella Sara giunge a salutarlo per l'ultima volta) e soprattutto quella temporale (siamo esattamente nel 1900, ovvero nel passaggio da un secolo a un altro). Pan è anche un dio fortemente legato alla sessualità: e dunque quella di queste ragazze, dall'aspetto verginale, vestite di bianco, è una vera e propria iniziazione, un rito di passaggio verso la maturità e l'età adulta. Miranda e le sue amiche vengono "chiamate" dalla natura (e nella natura ci si addentra a piedi nudi, senza il corsetto o vestiti ingombranti), guarda caso a mezzogiorno preciso ("l'ora di Pan"): "C'è un tempo e un luogo giusto perché ogni cosa abbia principio, e fine...". Eppure la ricchezza (anche visiva, oltre che di contenuti) del film sembra suggerire molti altri paralleli: notevole quello, avanzato da Giuliano nel suo blog, con "Alice nel paese delle meraviglie" di Lewis Carroll: la ragazza che sparisce in un buco, l'ambientazione vittoriana, gli orologi, la matematica, gli animali, i personaggi e i loro abiti (la direttrice della scuola ricorda davvero, anche nell'aspetto, la Regina di Cuori)... Ma l'intera vicenda può anche essere letta più semplicemente come una metafora del tema della scomparsa: che sia per eventi naturali o violenti, tutti prima o poi sono destinati ad andarsene, e quelli che rimangono devono fare i conti con la loro assenza (Weir ha dichiarato di essere stato molto colpito dalle testimonianze di coloro che avevano perduto i propri cari durante la prima guerra mondiale: e di molti, dispersi in battaglia e la cui sorte è rimasta sconosciuta, hanno inutilmente atteso il ritorno per anni e anni).

L'atmosfera onirica e soprannaturale si tinge dunque di concretezza (il sangue delle ferite, la presenza fisica delle rocce – che sembrano volti umani – e degli alberi, gli sguardi degli animali), la dolcezza e l'eterea figura delle ragazze contrastano con le rigide norme di comportamento dell'epoca vittoriana (della dura disciplina e dell'oppressione fra le quattro mure del college fa le spese soprattutto la fragile e sensibile Sara, orfana e indifesa, che vive in adorazione della compagna Miranda). Anche per questo, nonostante il tripudio di pizzi, abiti bianchi, fiori e poesie, il film non risulta assolutamente melenso, e al posto del sentimentalismo troviamo la suspense e – come abbiamo visto – una continua tensione sessuale (che si tratti di iniziazione o di repressione). A renderlo indimenticabile, oltre alla colonna sonora, ci sono l'eccellente regia, la splendida fotografia (molte sequenze sono incredibilmente pittoriche), i vertiginosi scenari e le intense interpretazioni (magnifica la galleria di volti delle protagoniste: "Miranda è un dipinto del Botticelli", dice l'istitutrice francese). Ai numerosissimi personaggi, anche quelli minori, rendono giustizia molti bravi attori: spiccano, fra i tanti, Rachel Roberts nei panni dell'autoritaria Miss Appleyard, la direttrice del collegio, e Anne Louise Lambert in quelli della bellissima Miranda (nome shakesperiano...), personaggio centrale nonostante compaia solo nella prima mezz'ora di film. Il romanzo originale di Joan Lindsay (e in parte anche il lungometraggio) lasciava intendere che la vicenda narrata fosse tratta da una storia vera, di cui però non vi è menzione nella stampa dell'epoca. Il successo del film (una delle prime pellicole australiane a raggiungere una certa notorietà internazionale) ha dato un forte impulso alla carriera del bravissimo regista. Nel 2018 dal romanzo di Lindsay è stata tratta anche una miniserie televisiva in sei episodi.

7 commenti:

Alessia Carmicino ha detto...

bellissimo film e ottima recensione!se vuoi puoi legger la mia qui:
http://firstimpressions86.blogspot.com/2010/03/picnic-ad-hanging-rock.html

Christian ha detto...

Ciao Alesya, grazie del commento! ^^
Anche la tua recensione di questo film così stimolante è molto bella, soprattutto per gli accenni al tema della bellezza, che forse io non ho sottolineato abbastanza. In un certo senso è vero: i personaggi cercano la bellezza (nel mondo, nell'arte, nella vita), una ricerca che può farsi pericolosa perché la natura, oltre che bella, può anche essere maligna e selvaggia. Da questo punto di vista sono interessanti i personaggi di Edith (la ragazza che a un certo punto sceglie di non seguire più le altre, che trova "faticoso" proseguire su questo cammino, come molte persone – e spettatori! – che si stancano troppo facilmente di fronte a strade e percorsi nuovi) e di Michael (che invece da quella bellezza è affascinato, e anche se non arriva pienamente a comprenderla riesce a conquistare almeno un brandello).

Marisa ha detto...

E' un film su cui mi sono molto interrogata e qualcosa dei miei commenti si trova proprio in calce ai post di Giuliano, dove seguo la pista di Pan, il grande Dio della Natura, che ama nascondersi e rivelarsi all'improvviso proprio a mezzogiorno seminando "panico" tra le ninfe...
A proposito della bellezza non posso non citare Rilke che inizia la sua prima Elegia con l'invocazione all'Angelo e con la drammatica consapevolezza che non può avvicinarsi troppo agli uomini "Perchè il bello non è che il tremendo al suo inizio" ; se si avvicinasse troppo ci distruggerebbe...

curiositizen ha detto...

Uno dei film più misteriosi e ipnotici che abbia mai visto. Peter Weir è uno dei miei autori di cinema preferiti... si vedeva che era un maestro fin dal principio :) ciao, c

Giuliano ha detto...

in questi giorni sto rivedendo con calma "Dead poets society" (in lingua originale!), e Weir non finisce mai di stupire. Anche quando si sono visti i suoi film venti o trenta volte, c'è sempre qualcosa che sfugge e che sorprende ad una nuova visione. Non capita tutti i giorni...
"Hanging Rock" è davvero un miracolo, ma non irripetibile: non per Peter Weir, s'intende.
(grazie per le citazioni!)
:-)

Massimo Volpe ha detto...

Rimane a mio avviso il più bello dei film di Weir; anche io ancora oggi (ed è un po' che non lo rivedo) rimango piacevolmente interdetto di fronte al senso ultimo del film, che comunque è capace di trasmettere inquietudine in maniera sottile, quasi subdola.
Oltre tutto stilisticamente è di una bellezze disarmante.

Christian ha detto...

Weir è un grandissimo regista, che spesso (e a torto) viene dimenticato quando si stilano classifiche o elenchi dei migliori. Ma fra questo, "L'attimo fuggente", "Truman Show" e "Gli anni spezzati" (per citarne solo quattro) ha realizzato fior di capolavori!