8 marzo 2011

Se mi lasci ti cancello (M. Gondry, 2004)

Se mi lasci ti cancello (Eternal Sunshine of the Spotless Mind)
di Michel Gondry – USA 2004
con Jim Carrey, Kate Winslet
****

Rivisto in DVD, con Hiromi.

In un'uggiosa giornata di febbraio, il timido e complessato Joel Barish (Jim Carrey) incontra la vivace ed estroversa Clementine Kruczynski (Kate Winslet) sulla spiaggia di Montauk, presso New York, ed è amore a prima vista. Ma i due ignorano di essere già stati insieme in passato e che la loro storia è finita nel peggiore dei modi: qualche giorno prima, infatti, si erano rivolti alla Lacuna Inc., una clinica in grado di rimuovere selettivamente i ricordi indesiderati dalla mente di una persona. E così dapprima Clementine aveva cancellato Joel dalla propria memoria, e poi per ripicca Joel aveva fatto lo stesso. Ma contro il destino – e la forza dell'amore – non si può andare, a costo di tornare a commettere gli stessi errori: lo dimostrano pure la vicenda di Mary (Kirsten Dunst), impiegata come segretaria alla Lacuna, che si sente attratta dal dottore che ha inventato il procedimento di cancellazione (Tom Wilkinson), senza sapere di esserne già stata l'amante; e quella di Patrick (Elijah Wood), che insieme al tecnico Stan (Mark Ruffalo) esegue materialmente le "operazioni" e che, infatuato a sua volta di Clementine, cerca inutilmente di sfruttare i ricordi e gli effetti personali di Joel per far colpo sulla ragazza. Uno dei film più belli, originali e significativi del decennio, una struggente e sofisticata storia d'amore che mostra non solo le gioie ma anche e soprattutto i dolori di una tormentata relazione romantica: al termine della pellicola, anche se Joel e Clementine decidono di riprovarci, il lieto fine non è garantito. Straordinarie le prove della Winslet e soprattutto di un Carrey in stato di grazia, che dimostra una volta di più la sua immensa (e sottovalutata) statura di attore. Non male nemmeno il resto del cast: persino la Dunst, una volta tanto, mi è piaciuta. Il regista francese Michel Gondry, che in precedenza aveva lavorato soprattutto nel campo dei videoclip, è ricco di idee e di talento visivo; ma il vero punto di forza del film risiede nella sceneggiatura stratificata e psicologica di Charlie Kaufman, vincitrice dell'Oscar, che si snoda abilmente attraverso flashback, memorie e percezioni alterate di eventi già accaduti. La relazione di Joel e Clementine ci viene narrata a ritroso, man mano che i ricordi dell'uomo vengono cancellati, e dunque gran parte del film si svolge "nella testa" di Joel (il quale, pentito e resosi conto di amare ancora la ragazza, cerca disperatamente di fermare il procedimento), con effetti surreali, onirici e fantastici: il tutto, per fortuna, non si risolve in uno sfoggio di grafica fine a sé stessa ma è sempre al servizio del racconto e della caratterizzazione dei personaggi. Per non perdere il filo della storia, comunque, conviene prestare attenzione ai dettagli: per esempio al colore dei capelli di Clementine (rosso, arancio, blu), dai quali si ricostruisce facilmente la cronologia degli eventi. Purtroppo il film va ricordato anche per uno dei peggiori esempi della stupidità dei distributori italiani, che gli hanno affibbiato un titolo del tutto fuorviante (quello originale è un verso del poeta inglese Alexander Pope) con il risultato di alienarsi il pubblico che avrebbe potuto gradirlo e di attirare invece in sala spettatori che si aspettavano una spensierata commedia hollywoodiana, finendo col rimanere sconcertati dalla complessità della narrazione. Ricordo infatti che quando lo vidi al cinema ero circondato da persone che borbottavano in continuazione, lamentandosi di non capire che cosa stesse succedendo sullo schermo. E Tullio Kezich (un critico con cui peraltro non sono mai stato in sintonia) scrisse una recensione estremamente negativa, nella quale raccontava di aver portato al cinema il suo nipotino e che questi non si era divertito come con il precedente film di Carrey, "Una settimana da dio".

20 commenti:

Lakehurst ha detto...

stupendo. uno dei miei film preferiti e certamente il migliore di Gondry.
Anch'io lo andai a vedere al cinema con un paio di amici che si erano fatti attirare da Carrey e dal titolo; contro ogni pronostico lo apprezzarono, ma gli altri spettatori uscirono sconvolti. D'altra parte ai distributori interessa soprattutto il primo weekend, e quel titolo dev'essere stato sufficiente

Pau ha detto...

All'epoca fui testimone di un episodio sconcertante; mentre attendevo fuori dal cinema che mi raggiungesse l'amica con cui avrei visto il film, ascoltai la conversazione di un gruppo di tredicenni o poco più, tutte eccitate alla prospettiva di godersi il seguito di "Se scappi ti sposo". Ero imbarazzatissimo, non sapevo se metterle in guardia o farmi i cavolacci miei e lasciare che vivessero le loro esperienze.

Anonimo ha detto...

Io invece ricordo che non andai a vederlo al cinema proprio perché l'avevano spacciato per una di quelle commediole sentimentali che tanto mi stanno sui maroni, a partire dal titolo ma anche dal montaggio del trailer. Fortunatamente dopo l'ho recuperato e, non solo ho apprezzato enormemente questo bellissimo film, ma ho anche imprecato contro tutti i santi per il trattamento che aveva ricevuto qui da noi.

Ale55andra

Seconda serata ha detto...

Occasioni del genere, per i fortunati come Ale55andra che l'hanno visto al cinema, sono godibili solo a posteriori. Anche Kezich aumenta la mia consapevolezza di essere davanti ad un classico.

Franci ha detto...

Io non lo vidi proprio per non sorbirmi una commediola... lo stesso terribile errore si è ripetuto recentemente per il film "amore e altri rimedi" che dal trailer sembra una commedia facile facile mentre si rivela tutt'altro.

Christian ha detto...

Siamo tutti d'accordo: intitolarlo in quel modo sarà anche stata una buona strategia di marketing (ma ho i miei dubbi, come testimonia il fatto che per l'uscita in DVD hanno ripristinato il titolo originale, lasciando quello italiano solo come "sottotitolo"),ma sicuramente non ha reso un buon servizio all'opera e non ha rispettato, prima ancora che l'autore, il pubblico.

In un certo senso, è un caso di pubblicità ingannevole... È come quando "Domicile conjugal" di Truffaut venne intitolato in Italia "Non drammatizziamo... è solo questione di corna", per spacciarlo come una commedia pecoreccia nostrana!

ilbibliofilo ha detto...

non mi meraviglia che Tullio Kezich non abbia apprezzato
Kezich (che riposi in pace nel paradiso degli atei) era rimasto al cinema degli anni '70 QUANDO UN FILM, PIU' CHE RACCONTARE BENE UNA STORIA, DOVEVA "PORTARE AVANTI IL DISCORSO", preannunciando e magari accelerando l'Avvento della Rivoluzione
questo spiega molte delle sue incomprensioni

Christian ha detto...

Io Kezich l'ho conosciuto solo dagli anni '80 e '90 in poi. Spesso leggevo le sue recensioni sul "Corriere della Sera" per decidere quali film andare a vedere: quelli di cui parlava male! ^^

Ricordo un terrificante articolo pubblicato nel gennaio 2002, quando nei cinema erano usciti contemporaneamente il primo Harry Potter e il primo Signore degli Anelli, in cui elogiava il film di Columbus (!) e stroncava quello di Peter Jackson con la motivazione che il primo faceva divertire i bambini e il secondo no.

Pau ha detto...

Insomma, l'ultimo Kezich aveva molto a cuore la sorte dei bambini al cinema. :-)
Se volessimo aprire la rubrica sui titolisti italiani ci vorrebbe un blog esclusivamente dedicato. L'esempio fatto da Christian è clamoroso, forse il più assurdo è quello di "Jeremiah Johnson", bellissimo pseudo-western sulla tolleranza e l'integrazione, che i nostri distributori riuscirono a trasformare in "Corvo Rosso, non avrai il mio scalpo".
Più innocua, ma ugualmente clamorosa, la scelta di appioppare al raffinatissimo giallo con venature parapsicologiche "Don't look now" il titolo da thrilleraccio nostrano "A Venezia un dicembre rosso shocking". Yeah.

Christian ha detto...

Riguardo a Kezich, probabilmente era diventato nonno e andava spesso al cinema con i nipotini, per cui era diventato sensibile più ai loro gusti che ai propri! ^^

Un blog dedicato ai titolisti italiani (in realtà soprattutto agli errori di doppiaggio, ma comunque anche ai titoli) c'è già: Doppiaggi italioti. Mi pare interessante, e dunque l'ho aggiunto al blogroll nella colonna qui a lato.

Evit ha detto...

Grazie per il link, ti ho aggiunto anche io tra i miei preferiti.

Barbara Cerquetti ha detto...

E' uno dei miei film preferiti, bellissima anche la colonna sonora (mi pare sia di Beck).
Per colpa del titolo non andai al cinema, sgrunt!

Ciao

Barbara

Christian ha detto...

Io per fortuna lessi da qualche parte (forse su un blog) che valeva la pena di vederlo, e così andai in sala. ^^

La colonna sonora è di Jon Brion, ma c'è una canzone di Beck (una cover di "Everybody's Got to Learn Sometime").

stefano ha detto...

Gran bel film, ma gli preferisco "L'arte del sogno". Si respira un'aria di totale anrachia e libertà creativa che, talvolta, colma anche gli sporadici vuoti narrativi. E i personaggi sono molto più bizzarri e indefiniti...insomma, una ricerca dell'astrazione che va oltre l'aspetto visivo. Inoltre la sceneggiatura è, nel complesso, più altalenante in "Se mi lasci ti cancello". Per dire, il rapporto tra Mary e il dottore, instauratosi parallelamente a quello dei protagonisti, me lo ricordo sviluppato maluccio, proprio a causa delle loro personalità appena abbozzate (insomma, quando il tempo è poco il troppo storpia).

Christian ha detto...

"L'arte del sogno" è interessante, ma io gli preferisco decisamente questo. Non sono d'accordo sui difetti della sceneggiatura, la sottotrama di Mary secondo me è ben dosata (con la rivelazione che anche lei si è sottoposta - o forse è stata addirittura obbligata! - alla cancellazione, che giunge al momento giusto come un colpo di scena) e serve a mostrare un altro punto di vista a proposito dei rischi, di cosa accadrebbe se questa tecnologia esistesse anche nel mondo reale. Insomma, il film fa quello che dovrebbe fare il buon cinema di fantascienza: non solo proporre botti e scene d'azione, ma riflessioni e speculazioni su come possibili scenari futuri e/o tecnologici possano influire sulla società e sui rapporti umani.

Evit ha detto...

Il commento di Tullio Kezich su come il nipotino non si fosse divertito tanto quanto in "Una Settimana da Dio" dimostra quanto fosse illusorio il titolo "Se Mi Lasci Ti Cancello" e di come gli italiani siano affezionati agli stereotipi in cui non ci si aspetta nient'altro che commedie da attori comici.
Del titolo ne parlai in questo mio articolo:
http://doppiaggiitalioti.splinder.com/post/24315861/della-serie-titoli-italioti-11-puntata

Christian ha detto...

Purtroppo, per i distributori sono solo i risultati al botteghino che contano. Se con quel titolo sono riusciti ad attirare più spettatori in sala (e poco importa se erano gli spettatori "sbagliati" per quel tipo di film), allora dal loro punto di vista è stata una buona scelta.

Fabio ha detto...

Molto bello. L'ho visto solo adesso, qualche settimana dopo Memento, e devo dire che mentre lì la particolare sceneggiatura è ad uso e consumo del "thrilling" qui invece abbiamo una bellissima parabola sulla vita e sull'amore, una sorta di piccolo laboratorio sentimentale (cosa succederebbe se...).

All'inizio temevo fosse molto più intricato.
Davvero azzeccati tutti i trucchi di regia ed effetti speciali. Ce n'è uno geniale con Carrey che rivive il momento in cui la sua ex-fidanzata amoreggia con il giovane rivale in libreria e tenta di vederne il volto...

Christian ha detto...

Ah sì, quella scena in cui, visto da qualsiasi angolazione, Elijah Wood appare sempre di nuca: una situazione davvero onirica... ^^

Fabio ha detto...

Più che da qualsiasi angolazione c'è Carrey che tenta di farlo voltare prendendolo per una spalla. Riesce a "sognare" il gesto, solo che non riesce a sognare il risultato ed Elijah Wood rimane sempre girato di spalle.

Chiunque abbia mai provato a "controllare" un sogno ha esperienza di cose simili!