29 dicembre 2010

Bad guy (Kim Ki-duk, 2001)

Bad guy (Nabbeun namja)
di Kim Ki-duk – Corea del Sud 2001
con Cho Jae-hyun, Seo Won
***1/2

Rivisto in DVD.

Umiliato in pubblico dalla studentessa Sun-hwa, una ragazza pudica e "perbene" che aveva cercato di baciare contro la sua volontà, il taciturno delinquente Han-gi si vendica incastrando la ragazza in una spirale di debiti con la malavita e costringendola a diventare una prostituta. Obbligata a vendere il proprio corpo in una squallida casa del distretto a luci rosse di Seul, dove è sorvegliata a vista da Han-gi e dai suoi due giovani sottoposti, Sun-hwa finirà con lo sviluppare una relazione d'amore e d'odio con il suo aguzzino. E alla fine, nessuno dei due saprà più fare a meno dell'altro. Uno dei film più feroci, crudeli e controversi di Kim Ki-duk, al pari de "L'isola" (e non è un caso se, insieme a quello, è probabilmente anche il suo lavoro migliore), "Bad guy" recupera numerosi temi già affrontati dal regista coreano nei suoi lungometraggi precedenti, per esempio in "Crocodile" o "The birdcage inn": il rapporto sadomasochistico fra uomo e donna, l'amore per l'arte (Sun-hwa è affascinata dai nudi di Egon Schiele), la dolcezza che si nasconde nella violenza, la sopraffazione che dà origine alla dipendenza, e naturalmente – ma questo è un tema universale nel cinema dell'estremo oriente – la difficoltà nel comunicare (nel finale Han-gi rivela la ragione del suo mutismo: la cicatrice sulla gola gli ha lasciato una voce stridula, acutissima, sofferta, che collide comicamente e dolorosamente con il suo aspetto da duro). A questi aggiunge un sordido ma simpatetico ritratto del sottobosco criminale che opera ai margini del mondo della prostituzione: Han-gi e i suoi due complici sono legati da rapporti di solidarietà, di amicizia, di sacrificio ma anche di feroce rivalità. Se Sun-hwa viene esposta in vetrina come una vera e propria "merce", un altro vetro la divide da Han-gi: quest'ultimo, infatti, spia la ragazza mentre fa l'amore con i propri clienti attraverso il finto specchio nella sua stanza, come in una sorta di peep show privato, lasciandosi conquistare sempre più da lei. Scopriremo solo in seguito (attraverso le foto fatte a pezzi e sepolte nella sabbia che Sun-hwa ritrova e incolla sullo specchio della sua stanza: puzzle cui manca il tassello fondamentale, quello con i volti) che la ragazza è una copia esatta della donna che Han-gi aveva precedentemente amato e che forse è morta suicida (in una delle scene più belle del film, quasi onirica, rivediamo proprio questa ragazza materializzarsi a fianco dei protagonisti, come una sorta di fantasma, per offrire un conforto a Sun-hwa e infine immergersi nuovamente nell'oceano, come probabilmente aveva fatto la prima volta). Ferocemente attaccato da una parte della critica, soprattutto femminista, che vi ha visto un'apologia della violenza e dell'umiliazione della donna, in realtà "Bad guy" racconta la storia di un amore estremo perché consente ai personaggi, disperatamente, di ritrovare l'altro guardando dentro di sé. In più è girato e interpretato splendidamente, con una cura per l'immagine (magnifica la fotografia notturna, quasi scorsesiana, così come la scelta dei colori di scenografie e abiti) e per il sonoro (da segnalare una bella canzone in italiano che si sente per ben due volte, la prima proprio nella suddetta scena onirica: "I tuoi fiori" di Etta Scollo) di incisiva bellezza.

13 commenti:

Massimo Volpe ha detto...

Forse non il migliore in assoluto dei lavori di Kim , ma sicuramente il più travolgente, il più crudo, il più disperato. Scrissi a suo tempo che "l'amore marcio trionfa" , ma anche sotto quella scorza di violenza e sopraffazione, si sente pulsare forte il sentimento.
Alcune scene poi sono da antologia: stupenda quella in cui lui riporta la ragazza alla panchina con l'idea di renderle la libertà.

Christian ha detto...

Io me lo ricordavo bello, ma rivedendolo mi è piaciuto anche di più. Le scene da antologia sono parecchie, compresa quella che citi, o tutte quelle che hanno a che vedere con lo specchio in camera della ragazza.

Massimo Volpe ha detto...

Nelle scene dello specchio mi è subito venuto in mente il Wenders di Paris, Texas , allo stesso modo lo specchio come tramite tra i sentimenti.

Marisa ha detto...

E' un film talmente denso - non si spreca neanche un fotogramma - che si fa fatica a scegliere di cosa parlare. Tra le tante sollecitazioni metterei in risalto, perchè appare all'inizio e ritorna come accompagnamento segreto, la fascinazione della studentessa per Egon Schiele; fascinazione sicuramente non solo estetica, visto che proprio dal furto della pagina di uno dei quadri più drammaticamente erotici del grande e tragico artista tedesco, a sua volta provocatore, smascheratore e vittima della morale ipocrita del suo tempo, parte la "vendetta" che costringe Sun-hwa a vivere la sua parte negata e violentata e noi a diventarne complici spettatori.

Christian ha detto...

Nulla è per caso: inizialmente non avevo dato molta importanza al fatto che Sun-hwa rubasse proprio un immagine di Schiele, come se un artista valesse un altro. Invece la sua scelta da parte di Kim è significativa proprio perché, come dici, Schiele era a sua volta un "provocatore", e per Sun-hwa ammirare i suoi nudi è una specie di prima ammissione della propria natura in fondo non così "immacolata" (altrimenti non avrebbe rubato né il disegno né i soldi nel portafoglio).

Mi piace poi l'espressione che usi, “complici spettatori”, perché è proprio quello che diventiamo noi che vediamo il film, e infatti ci si sente un po' anche in colpa nell'apprezzare una storia così tremenda e sordida.

Marisa ha detto...

Il "complici spettatori" si riferisce anche al fatto di essere costretti anche noi a vedere attaverso lo specchio gli approcci di Sun-hwa e praticamente identificarci col voyeurismo di Han-gi.

Fabio ha detto...

Questo era un film di Kim che mi ero lasciato indietro e che, con la tua recensione di questi giorni, mi sono ricordato di recuperare.
Purtroppo ne avevo visto lunghi frammenti di notte, in Fuori Orario, quindi conoscevo già tanti dettagli della storia... e questa volta mi sono annoiato (non è il massimo vedere un film di cui già conosci una metà).

Credo comunque che non sia un film impeccabile: è troppo pieno (o troppo vuoto), a tratti sembra una collezione di situazioni e non c'è uno sviluppo ai vari livelli che ti permette di seguire sentimentalmente i vari personaggi. E' un film che nella seconda parte potrebbe terminare in ogni istante.
Anche l'elemento onirico dell'antica ragazza, forse è un po' fuori registro (infatti è inserito con realismo assoluto, indistinguibile dal resto).

Credo poi che l'espediente di immedesimare lo spettatore in un personaggio che la morale comune ci fa respingere sia più riuscito nel tanto vituperato l'Arco.

Con quest'ultima affermazione degna del ban ti auguro buon anno! :D

Christian ha detto...

Nessun ban, naturalmente, anche se non sono d'accordo. ^^ Quella che hai notato ("una collezione di situazioni...") è una caratteristica non solo di questo film ma di tutti i lavori di Kim Ki-duk, sin dai suoi esordi: le sue sceneggiature non godono mai di una particolare compattezza, ma procedono per accumulo di momenti e di riflessioni lungo un determinato filo conduttore. Oserei dire, fra l'altro, che proprio "Bad guy" è uno dei suoi film più omogenei e meglio costruiti da questo punto di vista. In alcuni film recenti, invece, a un certo punto sembra davvero non sapere più come andare avanti.

Fabio ha detto...

Il fatto è che io Kim Ki Duk l'ho conosciuto con Ferro 3 (per me davvero eccellente).
A partire da quello ho trovato un po' scialba la sua produzione seguente, e troppo violenta e cruda quella precedente. L'Isola l'ho visto a fatica (oddio, non fatemi pensare a quella stomachevole scena!!! D:), Primavera e Samaria li ho apprezzati abbastanza, poi quella vaccata inaudita di Time, e Breath che quantomeno ha il pregio di essere un film fatto in agilità.

Bad Guy non è che non sia bello (anzi, sottoscrivo sulla musica e la fotografia), solo che in questa pellicola in particolare i temi e gli stilemi di Kim Ki Duk mi sono riusciti un po' pesanti (l'accumulo di situazioni, la violenza, il mutismo..).
Butto lì una considerazione ardita: Kim ha un solo mondo e una sola storia da raccontare. Ognuno di noi lo ha amato quando ha visto i primi lavori (non voglio dire a prescindere da quali fossero, ma quasi) e lo ha messo da parte quando non vi ha trovato più nulla.

Non so, a guardarlo ora mi sembra una mia passione adolescenziale... non so se riesco a spiegarmi.

Christian ha detto...

Ti sei spiegato benissimo, e non hai tutti i torti in questa tua analisi! In effetti io Kim l'ho conosciuto proprio con i suoi film più "violenti" o estremi (innanzitutto "L'isola", anche se per un po' ho sospeso il giudizio perché non sapevo bene cosa pensarne, e poi "Address unknown" e "Bad guy"), e invece ho cominciato ad avere qualche dubbio a partire da "Primavera, estate" (che pure mi era piaciuto, ma che avevo trovato fare un po' troppe concessioni allo spettatore).

Marisa ha detto...

Il fascino e la forza di questo film per me sta proprio nella impossibilità di ricostruire le solite certezze: la brava ragazza e la puttana, il delinquente e l'amico, il passato e il presente , il sogno e la realtà, l'arte e la vita...
Tutto è compresente e viene slatentizzato per mostrare una realtà - trappola da cui è impossibile uscire con la semplice "buona volontà". Così inevitabilmente falliscono sia il tentativo dell'amico complice che vuole sposare Sun-hwa che quello di annullare tutto riportandola sulla panchina iniziale.
Per cambiare veramente ci vorrebbe ben altro, ma sarebbe un altro film.

Massimo Volpe ha detto...

Dissento fortemente dall'affermazione che Kim ha un solo mondo e una sola storia da raccontare, mi sembra eccessivamente semplicistica come valutazione. Sono forse lo stesso mondo Ferro3 e Bad Guy? Non credo proprio, così come di storie da raccontare ne ha avute molte e con varei sfaccettature.
I film di Kim sono così, prendere o lasciare, urlano nel loro silenzio assordante (siano mazze da golf o specchi o ami da pesca).
Sono invece d'accordo sulla pericolosa involuzione che si è evidenziata negli ultimi lavori: Time , Soffio e soprattutto Dream sono veramente deludenti.
Credo e temo che Kim abbia imboccato una percolosa strada, anche le notizie sulle condizioni di salute propendono in tale senso.
Io personalmente son sempre qui ad attendere il suo ritorno...

Giuliano ha detto...

La mia impressione (la prima cosa che ho fatto dopo aver visto L'isola è stato di cercare una biografia e capire chi era questo e da dove veniva) è che Kim avesse un bel po' di violenza dentro da sfogare, e che l'abbia fatto in questi primi film. Che sono film notevoli, ma anche un gran pugno nello stomaco - bisogna attrezzarsi bene prima di vederli!
Ma è la stessa durezza di Dreyer, di Bergman, di Kubrick, sia pure con tutt'altro stile.
Non so se lo rivedrei volentieri, come già sai sono altri i film di Kim Ki-duk che mi sono tenuto dentro...