10 aprile 2010

L'australiano (Jerzy Skolimowski, 1978)

L'australiano (The shout)
di Jerzy Skolimowski – GB 1978
con Alan Bates, John Hurt
***

Visto in divx alla Fogona, con Marisa.

In un istituto inglese di ricovero per malattie mentali, dove si è recato per "segnare i punti" durante una partita di cricket a cui prendono parte sia medici sia pazienti (ed è curioso come i praticanti di questo sport vestano tradizionalmente di bianco, proprio come i residenti nell'istituto), il visitatore Robert Graves (Tim Curry) ascolta lo strano racconto di uno dei malati, l'enigmatico Crossley, che gli narra una storia di cui egli stesso è il protagonista nei panni di un uomo che – dopo aver vissuto diciotto anni nell'entroterra australiano, apprendendo da uno sciamano aborigeno inquietanti segreti e capacità "magiche", come quella di uccidere ogni essere vivente a distanza attraverso il suo "urlo" assassino – si installa prepotentemente a casa di una giovane coppia che vive sulla costa del Devon settentrionale, sconvolgendone le vite. Il marito, Anthony, è un musicista che suona occasionalmente l'organo nella chiesa del paese e intanto compie ricerche e sperimentazioni sui suoni e sugli effetti elettronici; la moglie, Rachel (Susannah York, il cui bel corpo nudo è mostrato a più riprese), viene "conquistata" da Crossley attraverso la magia: per sconfiggerlo e riappropriarsi della propria moglie e della propria esistenza, anche Anthony ricorrerà al soprannaturale, spaccando in quattro pezzi la pietra che contiene "l'anima" del rivale. Le suggestioni antropologiche legate al mondo degli aborigeni australiani (che erano già approdate al cinema l'anno prima con "L'ultima onda" di Peter Weir) si sposano alla perfezione con le inquietudini familiari ed esistenziali di Skolimowski (che, ricordiamolo, era stato lo sceneggiatore del primo lungometraggio di Polanski, "Il coltello nell'acqua") in un film disturbante e coinvolgente, tutto basato sulle percezioni sensoriali (soprattutto uditive: i suoni, i rumori, il racconto, l'urlo) e su quello che va oltre (il soprannaturale, i sogni, l'anima), e che paradossalmente trova maggior valore proprio nella frammentazione e nella confusione della vicenda (cui si adeguano persino la regia e il montaggio, tutt'altro che lineare). Come ne "Il gabinetto del dottor Caligari", si rimane con il dubbio che l'intera vicenda sia soltanto frutto della fantasia di Crossley, che vi ha inserito come protagonisti alcune delle persone con cui è entrato in contatto nell'istituto (Anthony è uno dei ricoverati, Rachel sembrerebbe un'infermiera), anche se alcuni indizi (il dottore morto mentre si tappava le orecchie, la scena finale in cui Rachel recupera la sua fibbia) sembrano invece suggerire un fondo di verità. Magnifica l'ambientazione, una striscia abitabile imprigionata fra un mare impervio e le dune del deserto, ma bella anche la clinica di campagna dove si svolge l'incontro di cricket, e indimenticabili anche i personaggi minori (dal dottore che valuta la pazzia anche degli alberi, ai vari abitanti del villaggio). La colonna sonora è di Tony Banks, membro dei "Genesis". Il personaggio interpretato da Tim Curry è in realtà l'autore del racconto originale da cui il film è tratto.

4 commenti:

Giuliano ha detto...

Un capolavoro, così come il racconto di Graves. Mi è rimasto il dubbio che Skolimowski sia stato solo "lo strumento" nelle mani di Bates e/o della York...
(La filmografia di Skolimowski è molto diversa da questo film).
Dopo di questo, è interessante rivedere la York in Images di Altman.

Christian ha detto...

Di Skolimowski non ho ancora visto praticamente nient'altro, tranne che un suo film recente che mi era parso interessante ma anche nulla di speciale. Susannah York mi ha davvero colpito!

Marisa ha detto...

Ho molto pensato a questo film catturante ed inquietante e non riuscivo a capire cosa mi disturbasse. Finalmente credo di aver sciolto l'enigma(il mio naturalmente). L'aiuto mi è venuto paragonandolo all'Ultima onda di P. Weir, paragone che è venuto spontaneo anche a te, ovviamente. Nel film di Weir l'avvocato bianco entra a contatto con il mondo degli aborigeni attraverso il mondo dei sogni. E' cioè il mondo stesso degli aborigeni che si manifesta a lui, quasi scegliendolo come suo rappresentante e testimone, custode dei segreti: Non solo egli non sfrutta per vantaggi personali tali rivelazioni, ma ne è sinceramente impressionato e vorrebbe aiutare gli aborigeni. In questo film invece, sia che si tratti di suggestioni di una personalità paranoica e sovraeccitata, sia che quello che racconta il protagonista sia vero, c'è comunque (pur dietro l'innegabile fascino virile) il desiderio di manipolare gli altri a proprio vantaggio e di utilizzare il "sapere" appreso dagli stregoni solo per i propri piaceri, per non parlare dell'ombra inquietante dell'assassinio dei figli. Quando i bianchi entrano a contatto col mondo degli aborgeni, e in genere con i così detti "Primitivi", molto spesso non riescono a resistere alla tentazione ( vera o fittizia)di "impossessarsi" delle loro magie, così come si sono impossessati dei loro territori e delle loro anime. A volte la cosa è patetica ed innocua, a volte va male, come in questo caso.

Christian ha detto...

Infatti è sicuramente un film molto "disturbante", soprattutto a causa di questo personaggio (Crossley) che usa la magia degli aborigeni a scopi personali ed egoistici. Non a caso, anche se degli aborigeni si parla molto, in realtà nel film non ne compare nessuno, a parte quella figura vestita con l'uniforme militare che si intravede in un sogno. Quello che rende ancora più interessante i lfilm è poi tutto il "contorno", i vari ambienti contenuti (fisicamente o solo narrativamente) l'uno nell'altro (la clinica, la partita di cricket, il villaggio, la casa-laboratorio del musicista)...