11 febbraio 2010

Il colore del melograno (S. Paradžanov, 1968)

Il colore del melograno (Sayat Nova)
di Sergej Paradžanov – URSS 1968
con Sofiko Chiaureli, Giorgi Gegechkori
**1/2

Visto in divx, in originale con sottotitoli.

Ispirato alla vita di Sayat Nova, poeta e trovatore armeno del XVIII secolo (ma le didascalie lo chiamano semplicemente "il poeta", come a volerlo rendere un personaggio universale), è il film più rappresentativo di Paradžanov, da molti considerato il suo capolavoro. Affonda a piene mani nella cultura tradizionale armena, che ai tempi della realizzazione della pellicola – come tutte quelle delle singole repubbliche sovietiche, in particolare le più periferiche e ai margini dell'URSS – era pesantemente ostracizzata dal regime: anche per questo motivo, oltre che per la forma e il linguaggio assolutamente personale e innovativo che "deviava dal realismo russo", il film fu ritirato dalla circolazione e proibito quasi subito dalle autorità. La carriera di Paradžanov giunse a una battuta d'arresto: negli anni successivi gli fu ripetutamente negato il permesso di girare altre pellicole. Tornerà dietro la macchina da presa solo negli anni ottanta, con "La leggenda della fortezza di Suram", proseguendo il discorso stilistico che aveva iniziato. Si tratta di un cinema in gran parte puramente estetico e concettuale, praticamente senza trama, una successione di "quadri viventi", ritratti, nature morte e pantomime. Sinceramente non è nelle mie corde: da bravo contenutista, di fronte a queste cose mi stanco piuttosto in fretta; se devo restare nello stesso genere, preferisco allora Jodorowsky o Greenaway, nei cui lavori c'è maggior tensione drammatica. Però dal lato formale il film è indiscutibilmente bello, con una notevole ricchezza di immagini, simboli, architetture, costumi e allegorie, spesso ispirate all'iconografia medievale armena, russa e bizantina. Ed è anche riposante e contemplativo, con una staticità quasi assoluta rispetto al lungometraggio precedente di Paradžanov, "Le ombre degli avi dimenticati", che invece era caratterizzato da continui movimenti di macchina. Qui i personaggi si muovono con estrema lentezza o restano addirittura fermi in posa davanti all'obiettivo, come i soggetti di una pinacoteca, tenendo in mani oggetti, libri, tessuti, icone, frutta, pani, strumenti, armi, sfere dorate e altro ancora, sullo sfondo di chiese, antichi palazzi, tappeti e affreschi. La colonna sonora è invece costituita da preghiere, canti e musiche tradizionali e da frammenti di poesie dello stesso Sayat Nova. Fra le scene memorabili, ricordo quella – citatissima – dei libri fradici d'acqua stesi ad asciugare nel cortile e sui tetti; e quella della chiesa invasa dalle pecore durante il funerale del patriarca armeno. L'attore Sofiko Chiaureli, oltre a interpretare il poeta da giovane, ricopre anche numerosi altri ruoli (sei in tutto), persino femminili.

12 commenti:

Marisa ha detto...

Un film che sul momento mi ha impressionato, ma poi sedimentandolo mi è parso manierato e poco convincente. Bellissimi quadri, ma poco cinema. Questo "Poeta" assolutizzato diventa astratto ed incomprensibile, ben lontano dall'archetipo del poeta che per me è rappresentato dall'Orfeo di Rilke.

Giuliano ha detto...

Per me questo è uno dei film più grandi di tutta la storia del cinema, qualcosa che va oltre il cinema. Siamo proprio in un altro mondo, Paradzhanov ci dà le chiavi, poi sta a noi se decidere di entrare.
A te piace la musica indiana? Siamo in quell'ambito lì, altro sistema musicale, altre coordinate.

"La fortezza di Suram" l'ho visto quando uscì al cinema: eravamo quattro persone in sala, quasi una proiezione privata ma in uno dei grandi cinema di corso Vittorio Emanuele.

Christian ha detto...

Purtroppo non sono riuscito a entrarci del tutto in sintonia, e mi rendo conto che senza di questa non è possibile apprezzare appieno il film (di cui comunque ho gradito molte cose). Credo che Paradzanov sia uno di quei registi "per pochi" come i citati Greenaway e Jodorowsky: magari ci riproverò e prima o poi riuscirò a entrare anch'io nel suo mondo, ma in fondo non siamo tutti obbligati ad apprezzare le stesse cose.

Per esempio, esperienze di cinema vuoti come la tua, Giuliano, io le ho vissute con Tsai Ming-Liang, un altro regista "per pochi" che personalmente ritengo immenso, durante i cui film ho spesso assistito a un progressivo svuotamento della sala anche nel mezzo delle proiezioni stesse.

(La musica indiana non la conosco per nulla, eccezion fatta per qualche colonna sonora di film di Bollywood...).

Giuliano ha detto...

C'è un disco bellissimo di Ravi Shankar (sitarista classico indiano) con Yehudi Menuhin (che - lo saprai di certo - ha un nome strano ma è di New York, violinista leggendario in Bach e Mozart), degli anni '60.
Non è musica facile, ma questo disco è un punto d'incontro a livelli altissimi. (però non frequento molto la musica indiana, per capirla bene penso che si debba essere musicisti - era solo per fare un esempio di "cose da un altro mondo")
Invece non accosterei Greenaway e Jodorowski a Paradzhanov: ma penso che anche tu ti sia accorto che le differenze ci sono e sono profondissime (Paradzhanov è molto più vero e sincero)

Christian ha detto...

Grazie per l'informazione su Ravi Shankar, proverò ad ascoltare qualcosa.

Più che di verità o di sincerità (non mi sembra che Greenaway, in particolare, possa essere accusato di non esserlo! Anzi, nei suoi film mette davvero tutto sé stesso, esponendo allo spettatore le proprie ossessioni in maniera diretta e aperta), direi che Paradzanov mi è parso più "puro", meno mediato da formalismi e costruzioni schematiche.

Prossimamente, comunque, mi vedrò anche "La leggenda della fortezza di Suram", così farò un altro piccolo passo dentro il suo mondo.

Giuliano ha detto...

Già che ci siamo, andando fuori tema e parlando di Greenaway, forse tu sai se nel dvd di "La tempesta" è stato inserito "A walk through Prospero's library" ?
So che in origine faceva parte del film, poi fu tolto per motivi di distribuzione. (ne ho una vecchia vhs, molto disturbata, che guardo spesso come una cosa rara, anche per via di John Gielgud).
Ho rigirato una decina di volte la copertina del dvd, ma sai anche tu come sono fatte quelle copertine...

Christian ha detto...

Interesserebbe molto anche a me, anch'io credo di avercelo registrato su VHS da qualche parte, ma temo proprio che nel dvd italiano (che non ho ancora comprato) non ci sia nessun extra... :-(

Martin ha detto...

Dai tuoi commenti direi che questo russo si sta rivelando un clamoroso buco nell'acqua. Eviterò di perderci tempo.

Christian ha detto...

Ma no, Martin, è comunque un regista interessante e molto particolare. Vero è che fa un tipo di cinema che richiede una certa predisposizione.
(E comunque è armeno, non russo). ^^

Anonimo ha detto...

Un consiglio sincero: non vederlo "La leggenda della fortezza di Suram", è pessimo. L'unico grande suo film è Ashik Kerib, che comunque non credo troverai molto migliore degli altri!

PS: un film come Nightwatching, Paradzanov se lo sognava!

Christian ha detto...

Ormai me li voglio vedere tutti, almeno una volta! ^^

("Nightwatching" è davvero molto bello, sì).

Martin ha detto...

Intendevo russo come termine improprio per indicare sovietico.
E poi prima della rivoluzione erano tutti "russi" anche gli ucraini e i turkmeni.
Sottigliezze a parte se dalle tue impressioni volevi invogliarmi la visione ci vuole qualosa di più.
C'è talmente tanta roba bella da vedere che spararsi la fimografia di Parajanov solo per trovarci qualcosa di interessante mi pare un po' eccessivo.
Spero in un colpo di coda nei prossimi film!