15 gennaio 2010

Max amore mio (Nagisa Oshima, 1986)

Max amore mio (Max mon amour)
di Nagisa Oshima – Francia 1986
con Charlotte Rampling, Anthony Higgins
***

Visto in DVD, in originale con sottotitoli.

Peter, diplomatico inglese presso l'ambasciata britannica di Parigi, viene a sapere che la moglie Margaret ha un amante; quando però scopre che si tratta di Max, uno scimpanzé, decide di accoglierlo in casa propria per indagare meglio la natura del loro strano rapporto. L'animale porta scompiglio nel mondo alto-borghese della coppia, entusiasmando il figlioletto, scandalizzando o incuriosendo gli amici, scatenando l'allergia della cameriera e rendendo il povero Peter sempre più frustrato. Ma alla fine l'armonia tornerà e si darà vita a una "famiglia allargata", con una sorta di ménage à trois. Il giapponese Oshima, i cui precedenti lavori "Ecco l'impero dei sensi" e "L'impero della passione" erano già stati coprodotti dalla Francia, sbarca in occidente per dirigere una bizzarra pellicola ideata da Jean-Claude Carrière (lo sceneggiatore degli ultimi film di Buñuel), che in un certo senso ne è il vero autore. Ma non si tratta, nonostante il tema, di un film scabroso o scandaloso: la provocazione resta confinata sul piano intellettuale, mentre il tono paradossale della situazione è stemperato da una messa in scena fredda e algida come la recitazione della Rampling, dove non c'è posto per la passione, almeno a livello esplicito. Al pari di Peter, lo spettatore vorrebbe trasformarsi in voyeur e scoprire qualcosa di più sulla relazione sessuale fra la donna e la scimmia, ma viene costantemente tenuto a distanza e non può nemmeno sbirciare dal buco della serratura come i titoli di testa del film lasciavano presagire. L'unica inquadratura dei due personaggi ripresi nell'intimità – dall'alto, nella stanza chiusa – li mostra teneramente abbracciati ma non svela altri dettagli. E quando Peter assolda una prostituta per osservarla mentre fa l'amore con Max, l'animale rifiuta ogni contatto perché non la trova di suo gusto: nonostante la donna si spogli davanti alla scimmia, lo stimolo visivo si rivela per l'animale meno importante di quello olfattivo o soprattutto di quello uditivo, visto che sono proprio i rumori – i latrati dei cani, il fragore dei tuoni, le grida dei commensali, la canzoncina di Margaret – a stimolare le sue reazioni. La sceneggiatura, al cui servizio si mette una regia classica ed essenziale, sembra più interessata a spingere sui pedali della satira e del paradosso (come nel finale, quando la scimmia è acclamata dalla folla come se si trattasse di quella regina d'Inghilterra il cui viaggio a Parigi è stato pianificato dal diplomatico) che ad indagare in profondità possibili temi come la natura bestiale dell'uomo, il rapporto di coppia o la rottura delle consuetudini sociali e sessuali. E la natura sovversiva della situazione viene via via fatta rientrare nell'alveo della normalità. Nella versione originale il film è parlato per metà in inglese e per metà francese (persino della scimmia si dice che è "bilingue"!). Nel cast ci sono anche Victoria Abril (la cameriera Maria) e Milena Vukotic (la madre di Margaret).

4 commenti:

Marisa ha detto...

Ho dovuto vincere una resistenza per vedere questo film perchè pensavo fosse morboso e perverso.
La tua recensione mi ha incuriosito ed ho trovato un'opera elegante ma non manierata. Credo che la molla del film sia proprio nel contrasto tra l'ambiente super raffinato,asettico e civilissimo della coppia e del loro entourage e il mondo del sentimento primordiale ed autentico di cui è portatore lo scimpanzè. Paradossalmente tutti pensano al sesso meno Max ed è proprio il recupero di un sentimento non conformistico che avviene dopo l'esperimento fallito di offrire la prostituta agli "istinti bestiali".
Proprio la tenerezza che lega la moglie alla scimmia scatena la gelosia assassina di Peter anche se lui preferrebbe credere a rapporti sessuali perversi e lei ,sempre molto enigmatica anche se estremamente sincera, non smentisce. Forse dobbiamo reimparare dagli animali più di quel che crediamo?

Christian ha detto...

Visti alcuni dei precedenti lavori di Oshima (come "L'impero dei sensi"), in effetti era lecito immaginarsi un film molto più esplicito e morboso. Invece stavolta il regista si è un po' tenuto da parte e si è messo silenziosamente al servizio dello sceneggiatore buñueliano, che è interessato - più che al sesso in sé - al modo in cui le persone reagiscono di fronte a una situazione del genere. Un film interessante e originale, anche se devo ancora capire quanto mi sia piaciuto. Prima o poi lo rivedrò.

G. & R. ha detto...

Primo film visto di Oshima - l'impressione a caldo è di aver visto un bel film, molto fine.
In particolare la leggerezza del film sembrava essere legata all'umore del marito tradito, Peter, che via via accetta e viene coinvolto dalla situazione.
Così il film sembra rigido e bacchettone all'inizio, per essere comico ed estremamente coinvolgente alla fine, proprio come gli umori di Peter. Un po' come gli eczemi della governante Maria.
Insomma, un bel film che lascia un qualcosa a cui pensare.

G. & R.

Ps. R. pensa che all'inizio lo spettatore sia decisamente annoiato; poi si recupera!

Christian ha detto...

Sì, è un film elegante che, come scriveva anche Marisa più su, in realtà ha come vero tema centrale l'affetto, e non il sesso.
Effettivamente noi spettatori rimaniamo "legati" al marito e ai suoi umori, perché anche noi ne sappiamo quanto lui sul rapporto fra la moglie e la scimmia: man mano che la pellicola procede, l'aspetto più morboso si attenua e viene fuori la leggerezza e l'accettazione di quella che in fondo è una relazione affettiva "naturale".

Grazie del commento! ^^