14 gennaio 2010

La leggenda del re pescatore (T. Gilliam, 1991)

La leggenda del re pescatore (The fisher king)
di Terry Gilliam – USA 1991
con Jeff Bridges, Robin Williams
***1/2

Rivisto in DVD, con Ginevra, Giovanni e Rachele.

La carriera di Jake Lucas, speaker radiofonico cinico e rampante, si arresta bruscamente quando spinge senza volerlo uno dei suoi ascoltatori a compiere una strage in un locale di Manhattan frequentato da yuppie. Sconvolto dai sensi di colpa, Jake finisce col ritirarsi dal mondo: ma verrà scosso dall'incontro con l'eccentrico Parry, ex professore di storia trasformatosi in un barbone e precipitato nella follia dopo aver perso la moglie proprio in quella sparatoria. Convinto di essere un cavaliere medievale e di avere il compito di recuperare il Santo Graal (in realtà un trofeo custodito nella libreria di una casa sulla quinta avenue), Parry chiede l'aiuto di Jake, il quale – sentendosi responsabile del suo stato – se ne prende a cuore le sorti e cerca di ripagare il proprio debito aiutandolo a conquistare il cuore della goffa impiegata Lydia, di cui Parry è invaghito. Ma chi ha veramente bisogno di aiuto è Jake, non Parry: e per risorgere dall'inferno in cui è precipitato dovrà fare ben di più, calandosi fino in fondo nel mondo irreale e fiabesco dell'amico e lasciandosi guidare da lui fino a riscoprire la semplicità della vita e la bellezza del mondo che lo circonda. Uno dei migliori film di Terry Gilliam, nonostante si tratti di un progetto non suo (è il primo lungometraggio al quale non ha collaborato a livello di scrittura – anche se il Santo Graal, la follia e gli elementi fantastici in un contesto urbano sono elementi tipici delle sue opere – nonché il primo in cui non figura nessuno degli ex membri dei Monty Python). Le tendenze più estreme e visionarie del regista vengono tenute sotto controllo dall'ottima sceneggiatura di Richard LaGravanese, capace di fondere romanticismo ed elogio della pazzia e di lavorare sui temi del perdono, della redenzione e della grazia divina, benché alcuni passaggi – soprattutto nel finale – sembrino un po' affrettati. Davvero ottimi i due interpreti, ben affiancati da Mercedes Ruehl e Amanda Plummer (e c'è anche un cameo di Tom Waits), per non parlare della buffa drag queen Michael Jeter. Ma a colpire è soprattutto la trasfigurazione in chiave fantasy e surreale della città di New York, trasformata (grazie a luci, effetti, scenografie e alla fotografia di Roger Pratt) in un'ambientazione fiabesca e medievale, con tanto di castelli, boschi e cavalieri, dove la verità e la bellezza si nascondono fra montagne di rifiuti, negli scantinati, in scalcinati videoshop, in contrapposizione ai freddi attici e ai grattacieli dei quartieri alti. Come regista, Gilliam aggiunge molte idee di suo: meravigliosa, per esempio, la sequenza in cui Perry sta seguendo Lydia e, per un momento, la hall della stazione si trasforma in un salone da ballo; visivamente interessante anche l'interno del palazzo-castello, con le scalinate che sembrano uscire da un quadro di M. C. Escher. In una scena è ben visibile un poster di "Brazil" sulla parete, mentre fra le canzoni intonate da Robin Williams spiccano "How about you?" (più volte) e "Lydia the tattooed lady" (resa celebre da Groucho Marx). Nel ciclo arturiano, il "re pescatore" è il malato custode del Santo Graal che può essere curato dalla sua infermità soltanto grazie all'intervento di un "eletto" dall'animo semplice: nel film questo personaggio può essere identificato con ciascuno dei due protagonisti, visto che in un certo senso Jake e Parry si guariscono a vicenda.

15 commenti:

Giuliano ha detto...

Sì, un bel film (ma è tanto che non lo vedo, forse addirittura da quel 1991). Viene da chiedersi come mai Gilliam si sia perso per strada...Ha fatto tanti bei film, ma dopo "Brazil" mi aspettavo molto di più.

Christian ha detto...

Effettivamente i suoi ultimi progetti più personali (compreso il recente "Parnassus") hanno deluso un po' anche me (non ho ancora visto "Tideland", però). Forse Giliam è talmente visionario e dispersivo da aver bisogno di essere tenuto a freno in qualche modo, per esempio confinandolo in una sceneggiatura non sua (come in questo caso), altrimenti rischia di debordare. Non a caso fra i suoi migliori film, oltre a "Brazil" e questo, citerei "Paura e delirio a Las Vegas"e "L'esercito delle dodici scimmie", due film che dipendevano molto dal materiale di partenza (rispettivamente il libro di Hunter S. Thompson e il cortometraggio "La jetèe" di Chris Marker).

Martin ha detto...

O non sono d'accordo o non ho capito.
Per me Gilliam ha fatto un solo film "brutto" nella sua carriera (l'insopportabile Grimm) ma non ho visto Parnassus, per il resto ha alternato film più o meno belli.
Forse intedevi che Gilliam è uno di quei registi che poteva fare ancora meglio se non avesse avuto tutti i problemi produttivi che ha avuto. La sua carriera mi ricorda un po' quella di Orson Welles, fatta di continui scontri, spesso persi, per avere il completo controllo del proprio lavoro.
Non è un caso che entrambi hanno subito la fascinazione dell'idealista per eccellenza, Don Chisciotte.

Christian ha detto...

Non hai capito perché non hai visto "Parnassus"... ^^
Io non ho detto che ha fatto film "brutti" (per me nemmeno "I fratelli Grimm" lo è), ma che ormai raramente sfiora i picchi che aveva raggiunto in passato (ripeto però che non ho visto "Tideland"). Le ultime volte che lo ha fatto è stato con film assai meno personali, come "La leggenda del re pescatore" e "L'esercito delle dodici scimmie" (che a me sono piaciuti anche più di "Brazil", ma è questione di gusti).

Giuliano ha detto...

Martin, la fascinazione di Don Chisciotte l'abbiamo sentita tutti...Il finale del film di Pabst, che è dei primi anni del sonoro, con Fiodor Scialiapin, è indimenticabile.
Il paragone tra Gilliam e Welles mi sembra un po' azzardato. Gilliam è molto bravo, ma Welles è un fuoriclasse in tutti i sensi. E Gilliam non ha mai girato un film contro chi gli finanzia i film, come fece Welles con Hearst...

Detto questo, concordo in pieno con Christian: molto belli i film di Gilliam che hai citato. Ma Brazil, e ancora prima i frammenti dei Monty Python, facevano immaginare una carriera diversa. Secondo me, i difetti di Gilliam saltano già fuori con il Munchhausen: si mira molto in alto, poi si deve ripiegare su qualcosa di fattibile. E il caso di "Lost in La Mancha" è esemplare.

Scusa per lo spazio che ti ho preso! E un saluto anche a Martin, la passione per il cinema è ormai una cosa rara.

Martin ha detto...

@Christian: il brutto era appunto tra virgolette per evidenziarne il carattere relativo, "brutto per essere un film di Gilliam".
E in effetti in questo momento non pago lo scotto della delusione-Parnassus che ha colpito te.
Non penso poi che i due film che citi siano poi tanto meno personali, nel senso che sono decisamente film alla Giliam, non li puoi confondere con nessun altro.
Se è vero che Gilliam ha anche una vena folle e visionaria alla Munchausen, ha comunque dimostrato di essere un autore vario e versatile, capace di contaminare progetti non suoi con il proprio stile. Non necessariamente i film più estremi devono essere considerati i più rappresentativi dell’espressione cinematografica di un regista.
Comunque penso siamo tutti d'accordo che rimane uno di quei registi di cui si attende con ansia il nuovo film.

@Giuliano:
Ti ringrazio del complimento ma non mi sembra una cosa poi così rara, o forse sono io ad essere fortunato a vederne abbastanza in giro di passione.
Il paragone tra Welles e Gilliam avevo specificato chiaramente che era riferito allo sviluppo della loro carriera e al loro rivendicare il proprio ruolo di autore.
Anche Gilliam ha avuto sempre grossi problemi a farsi finanziare, oltre al fatto che gli scontri avuti con le major per Brazil e Munchausen ne hanno fatto per anni un regista emarginato e ostracizzato.
Il discorso sulla qualità invece mi guardo bene dal porlo.

iosif ha detto...

ho rivisto recentemente il re pescatore, ma continua ad essere un film che non mi piace. vero, la scena del salone da ballo è bellissima, e il cavaliere fiammeggiante è folle, ma non c'è praticamente nient'altro che mi convinca in questo film. nonostante questo, sono d'accordo con quel che dice christian: gilliam ha fatto le sua cose migliori quando non se l'è scritte da solo. è la prima cosa che ho pensato all'uscita di parnassus. il suo film che preferisco è paura e delirio e, pur essendo stato più o meno commissionato, trovo sia riuscito a trovare nelle le sue immagini una sintonia perfetta con le parole di thompson.
tideland è da vedere, molto disturbante, molto marcio, nel ricordo addirittura fastidioso.

Martin ha detto...

In realtà Gilliam non ha mai scritto una cippa da solo.
I criticati Parnassus e Munchausen sono in gran parte farina del sacco di Charles McKeown (da cui le similitudini).
Per il resto ha sempre lavorato su sceneggiature interamente di altri o in cui ha dato solo un modesto contributo.
Personalmente ne ho apprezzato da sempre le capacità di "cretore di immagini" e non certo quelle di scrittore.
Tant'è che nei MP si occupava in gran parte delle animazioni e poco delle gag.
Proprio per questo per me non esistono "due Gilliam" ma un'unica visione artistica che si esprime in maniere diverse a seconda del materiale di partenza.

Marisa ha detto...

Per me è stato un piacere vedere "IL re Pescatore" perchè sono sempre contenta se qualcuno rivisita i miti e le leggende cogliendone il fondo archetipico e quindi universale ed atemporale. In una cultura dove il piano simbolico è così impoverito ed appiattito solo attraverso la follia è possibile far riemergere la potente facoltà visionaria che proprio perchè porta "oltre" può riallacciare i fili spezzati e a volte,se ben guidata,arrichire di un senso più profondo una vita che,quando va bene, scorre entro i binari della convenzione e della banalità.Il Re pescatore è l'immagine struggente di un Io ferito dalle battaglie della vita(e chi non lo è ad una certa età?), che soffre la propria impotenza e con lui tutto il regno(il nostro territorio?) sta soffrendo e agonizzando in attesa del "nuovo", di quel rinnovamento vitale che solo la relazione col giovane cavaliere(un nuovo modo di risolvere i vecchi problemi?) può permettere.
T.Gilliam ne ha data una versione Affascinante e moderna di grande impatto visivo ed in più cattura anche il sentimento senza cadere nel sentimentalismo.

Christian ha detto...

Giuliano: Comunque, anche se non sempre centra il bersaglio, Gilliam è uno di quei registi che vale in ogni caso la pena di seguire. E chissà che in futuro non ci sorprenda ancora.

Iosif: Mi dispiace che a te questo film non sia piaciuto come a me... Cercherò di vedere "Tideland" al più presto!

Martin: Però è indubbio che film come "Munchhausen" e "Parnassus", già a livello di soggetto (più che di sceneggiatura), sembrano più in linea con la sua poetica rispetto ad altri. E una cosa è scegliersi uno sceneggiatore di fiducia e lavorare insieme a lui allo sviluppo del film, un'altra è salire a bordo quando il progetto è già stato avviato da altri.

Marisa: Naturalmente sono d'accordo, anche a me di questo film è piaciuto molto il recupero del mito arturiano (ricordo che il re pescatore fa parte del ciclo delle leggende di Parsifal), trasfigurato in chiave moderna.

Giovanni ha detto...

Più che un commento sul film il mio è un commento sull'evento, perché questo bel e affascinante film inaugura degnamente la prima serata di cineforum tra un gruppo di amici, sul tema "fuga dalla realtà".
Beh, devo dire che questo è stato un ottimo inizio, e il film suggerito da Christian coglie nel segno questo primo tema del cineforum. Chi non vorrebbe essere libero da vestiti e regole sociali in un parco ad ammirare le nuvole che passano al tramonto... (magari solo io!).
Attendiamo con ansia il secondo film!

Anonimo ha detto...

Straordinario. L'ho visto veramente un sacco di volte. E' uno dei miei preferiti in assoluto di Gilliam.

Ale55andra

Christian ha detto...

Giovanni: Grazie, vedrai che ci divertiremo!

Ale55andra: È anche uno dei miei preferiti!

Federico ha detto...

Approfitto di questo film per lasciare il mio primo commento, che vuole più che altro essere un sincero complimento al tuo Blog, Christian.

Ho scovato questo blog per puro caso, ma grazie a te sto scoprendo una quantità sorprendente di film di cui magari non avevo sentito troppo parlare (o avevo sottovalutato come in questo caso).
Un gran film, sebbene a mio avviso scada in un finale un po' troppo mieloso. Per il resto, tutto è stato più o meno detto nei post precedenti e non posso che sottoscrivere, quindi ne approfitto per ringraziarti per il lavoro che svolgi.

Federico

Christian ha detto...

Grazie a te, Federico, per il commento e per i complimenti... Blog come questo nascono magari per soddisfare un bisogno personale di chi scrive, ma poi vivono solo se qualcuno li legge e li trova utili!

Quanto al film, è vero che tutto finisce bene (anche fin troppo, da come si erano messe le cose), ma ci può anche stare, visto che siamo dalle parti della fiaba. Perdipiù il tema della guarigione era al centro anche della leggenda originale, nella versione con Parsifal. E in fondo i drammi vissuti in precedenza dai personaggi non vengono cancellati: Parry non rinsavisce né dimentica la moglie morta (anzi, nel finale torna a ricordarla).

Ciao e a presto!