10 ottobre 2009

Vive l'amour (Tsai Ming-liang, 1994)

Vive l'amour (Ai qing wan sui)
di Tsai Ming-liang – Taiwan 1994
con Yang Kuei-mei, Lee Kang-sheng
****

Rivisto in DVD, con Martin (registrato da "Fuori Orario").

Un appartamento vasto e disabitato diventa lo spazio inconsapevolmente condiviso da tre personaggi alla disperata ricerca di amore: Hsiao-kang (Lee), rappresentante di urne cinerarie dalle tendenze gay e suicide, che si impossessa delle chiavi quando le trova infilate fuori dalla porta; May Lin (Yang), giovane agente immobiliare dall'esistenza desolatamente vuota, che vi conduce un suo amante occasionale; e quest'ultimo, Ah-jung (Chen Chao-jung), venditore ambulante dal giubbotto di pelle, che vive alla giornata e senza prospettive. La solitudine e l'incomunicabilità nella moderna e popolosa Taipei, temi comuni a tutti i film di Tsai Ming-liang, vengono portate sullo schermo senza alcuno sconto, in maniera diretta e devastante. La pellicola, forse il suo capolavoro, è dominata dai silenzi e dai rumori ambientali: i pochi dialoghi sembrano riservati a momenti di lavoro e di vita quotidiana del tutto secondari rispetto ai veri problemi emotivi ed esistenziali dei personaggi, anche se curiosamente proprio le sequenze più parlate del film (quando May Lin presenta alcuni appartamenti ai potenziali acquirenti e quando un venditore di loculi illustra i propri prodotti ai suoi clienti) permettono di tracciare un inquietante parallelo fra le dimore dei vivi e quelle dei morti, entrambe in attesa di qualcuno che le vada ad occupare. Ottima la regia, che rinuncia del tutto al commento musicale (ancora presente invece nella precedente pellicola di Tsai, "Rebels of the neon god") per puntare solo su immagini e inquadrature fisse, soffermandosi con lunghi piani sequenza sulle strane e disperate abitudini dei personaggi (l'appartamento diventa il teatro di bizzarri "rituali privati", come li definisce Mereghetti). La sequenza di Hsiao-kang con il cocomero anticipa "Il gusto dell'anguria", mentre la formidabile scena conclusiva – forse la più celebre di tutto il cinema di TML – mostra coraggiosamente per quasi una decina di minuti il volto di May Lin, seduta su una panchina, che piange per l'acquisita consapevolezza della propria solitudine. Un film sincero e non ricattatorio: impossibile non provare empatia. Meritatissimo il Leone d'Oro al Festival di Venezia (ex aequo con "Prima della pioggia" di Milko Manchevski), che è valso al regista malese l'appellativo di "Antonioni di Taiwan". Il personaggio di Hsiao-kang resterà una costante di tutto il suo cinema. La brava Yang Kuei-mei, al suo primo film con il regista, era una delle tre sorelle in "Mangiare, bere, uomo, donna" di Ang Lee.

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Adoro Tsai e sono d'accordo con te che questo film è il suo capo d'opera (insieme a GOODBYE DRAGON INN, che probabilmente resta l'epitaffio cinematografico più etereo e avido mai impresso sui fotogrammi). In Tsai il cinema è il luogo del desiderio, non banalmente inteso (in fondo ogni film mette in scena desideri e aspirazioni), ma come sorgente di visione: desiderio che si fa immagine.

Purtroppo non ho ancora visto I DON'T WANT TO SLEEP ALONE: aspetto il momento giusto per farlo. Tu lo vedesti?

Buona giornata e un caro saluto!

Ale

Christian ha detto...

Anch'io amo moltissimo "Goodbye Dragon Inn" e lo metto senza alcun dubbio fra i suoi film migliori, insieme appunto a "Vive l'amour" e "The Hole" (cui sono legato perché è stato il mio primo Tsai). Forse ne abbiamo già parlato...

E anch'io non ho ancora visto "I don't want to sleep alone" (e nemmeno il corto "The skywalk is gone"), per il tuo stesso motivo! Magari ora me li rivedrò tutti di fila, così ne approfitto per infilarci anche quelli... ^^

Ciao!

iosif ha detto...

il primo piano finale di vive l'amour va a braccetto con la lunga immagine della sala vuota, in conclusione di dragon inn. grazie tsai, per i tuoi volti ed i tuoi spazi.
sleep alone è bellissimo.

Christian ha detto...

Sequenze bellissime, sì. Mi associo al ringraziamento a Tsai, per donarci un tipo di cinema che altri non hanno (più) il coraggio di fare.

Martin ha detto...

Fermo restando che capisco bene le vostre osservazioni, personalmente più che le singole sequenze mi ha colpito il tono generale del film, il suo restare sospeso e contemporaneamente scavare così a fondo nei personaggi, senza enfasi ma con una delicatezza straordinaria.
Non so se ho reso l'idea...

Christian ha detto...

Comprendo bene quello che vuoi dire Martin, e hai ragione: uno dei pregi maggiori di Tsai è proprio la capacità di mettere a nudo i personaggi con grande naturalezza. In effetti sarebbe sbagliato isolare singole sequenze dai suoi film (anche perché, tolte dal contesto, rischiano di non significare nulla), ma le due che Iosif ha citato risaltano particolarmente come paradigma del suo modo di fare cinema.