12 giugno 2009

Vincere (Marco Bellocchio, 2009)

Vincere
di Marco Bellocchio – Italia 2009
con Giovanna Mezzogiorno, Filippo Timi
*1/2

Visto al cinema Apollo (rassegna di Cannes).

La storia di Ida Dalser, la donna che ebbe un figlio (inizialmente riconosciuto e poi rinnegato) da Benito Mussolini prima della sua ascesa al potere, e che il Duce fece rinchiudere in un manicomio perché continuava a insistere pubblicamente di essere sua moglie. Per anni la sua vicenda rimase del tutto sconosciuta, e solo dopo la fine della guerra la sua esistenza e quella del figlio (nel frattempo morti entrambi) vennero alla luce. Il film, che si dipana plumbeo fra stereotipi e melodramma, purtroppo è tutt'altro che convincente: l'impressione è che a Bellocchio della storia di Ida non importi niente, e che la pellicola sia una scusa per riproporre in un nuovo contesto temi a lui cari come l'anticlericalismo (notevole la trasformazione di Mussolini da sindalista socialista e ateo in dittatore alleato della Chiesa per interesse personale), l'antifascismo e le ossessioni e la follia. I personaggi sono tratteggiati con superficialità, e in certe scene sembra di assistere a una fiction televisiva – d'autore, sì, ma sempre una fiction. Colpa anche di una sceneggiatura fiacca e retorica (che fra l'altro – ma non è certo il peggior difetto – non ha nemmeno il coraggio di mostrare quale fu la fine della Dalser e del figlio), di una recitazione espressionistica e monocorde, di una colonna sonora troppo invadente e di una fotografia (di Daniele Ciprì) cupa e perennemente scura. Molte le scene metacinematografiche in cui si vedono i personaggi andare al cinema o assistere a proiezioni varie: bella, per esempio, la rissa fra pacifisti e guerrafondai (fra cui Mussolini) che scoppia di fronte alle immagini di un cinegiornale, oppure il momento in cui Ida si commuove guardando “Il monello” di Chaplin. C'è anche un ampio ricorso a diverse immagini di repertorio, con inserimento dei discorsi di Mussolini o sovraimpressioni di motti dell'epoca. Brutte e inutilmente lunghe, invece, le due scene di sesso nella parte iniziale. Bisogna comunque dare atto a Bellocchio di aver mostrato Ida come la donna folle e autodistruttiva che fu, attratta ottusamente da un uomo di potere e incapace di vivere una vita propria, tutt'altro che l'eroina coraggiosa che qualche regista (magari televisivo) avrebbe potuto essere tentato di dipingere.

11 commenti:

Anonimo ha detto...

Secondo me sei stato troppo clemente. Io ne ho ricavato tumefazione testicolare nonché febbre tra i 37 e 38°. Ne sono uscito solo grazie a somministrazione di cortisonici ;)

Un caro saluto

Ale

PS- Andrai a vedere "Un prophète" nei prossimi giorni?

Fabrizio ha detto...

Salve a tutti. NON sono d'accordo su diverse cose, cercherò di dire la mia su alcune di queste.
LA FOTOGRAFIA. Se fate attenzione, non è "perennemente scura" lo è soltanto nella prima parte del film, quella in cui, la passione amorosa di Ida si fonde con la passione rivoluzionaria di Mussolini, che Bellocchio esplica tramite i lunghi amplessi. Nella seconda parte del film la fotografia assune toni chiari, diventa gelida, per sottolineare come tutto (insieme al tintinnare di chiavi, di porte che si chiudono) la freddezza del luogo, la distanza di Ida(in manicomio)da Mussolini (che immaginiamo osannato da piazze gremite.
LA MUSICA: "l'invadenza" della musica nella prima parte del film, insieme alle scritte che compaiono sullo schermo ed a un sonoro fatto di zoccoli di cavalli, urla dei dimostranti ecc.. fanno della prima parte del film una vera opera futurista (che piaccia o meno questa è altra storia).
Non giudicherei troppo male questo film, anzi, anche se da sempre Bellocchio piace più all'estero che in Italia, Paese poco abituato a dare il giusto peso all'immagine, quando invece il cinema dovrebbe essere sopratutto IMMAGINE. Un saluto

Christian ha detto...

Ale: sì, dovrei vederlo proprio oggi pomeriggio!

Fabrizio: Io invece non ho notato grandi differenze fra la prima e la seconda parte. Avevo con me dei fogli e una penna per prendere appunti durante la visione, e di solito approfitto delle scene più chiare e luminose perché lo schermo illumina anche la platea e mi permette di vedere un po' il foglio su cui scrivo: proprio per questo motivo mi sono reso conto che durante "Vincere" è sempre buio, notte fonda anche quando è giorno. Ho sempre dovuto scrivere alla cieca! ^^

Lo stesso vale per la musica. E' vero che si passa dai "rumori" della prima parte a una colonna sonora più tradizionale nella seconda, ma tutte le scene madri sono accompagnate da una musica che a volte addirittura copre i dialoghi e le parole dei personaggi, rendendole quasi inintellegibili. Sono tutti aspetti che hanno fatto calare il mio gradimento, già non alto di suo, per questo film.

Ci tengo a sottolineare, comunque, che in passato alcune cose di Bellocchio mi sono piaciute eccome ("I pugni in tasca", naturalmente, ma anche "L'ora di religione" e "Buongiorno notte"), quindi la mia non è una idiosincrasia verso il regista o il suo stile, ma solo verso questo film (che in ogni caso, come detto, qualche lato positivo ce l'ha).

Ah, un'ultima cosa: io non sono affatto d'accordo sul fatto che il cinema debba essere "soprattutto" immagine. "Anche", sì, ma non "soprattutto". La narrazione di una storia, l'approfondimento dei personaggi, la sceneggiatura, il montaggio, la recitazione, per fare solo qualche esempio, sono almeno altrettanto importanti. Il bello del cinema è che è l'unione di tanti elementi, provenienti da tante altre forme d'arte (la letetratura, il teatro, la pittura, persino l'architettura...) e dare maggior importanza a una di queste è comunque riduttivo. Altrimenti accontentiamoci dei documentari dimostrativi degli schermi HD: quelli sì che sono soprattutto immagine.

Ciao!

Anonimo ha detto...

>non sono affatto d'accordo sul >fatto che il cinema debba essere "soprattutto" immagine. "Anche", sì, ma non "soprattutto".

Infatti, altrimenti non sarebbe nemmeno cinema. Per quello esiste la fotografia.

Fabrizio ha detto...

Per sopratutto, intendevo che all'immagine bisognerebbe dare il giusto peso, invece nelle sale italiane di solito, lo spettatore approfitta delle mancanza di dialoghi per qualche secondo, per commentare, scambiarsi opinioni, non dando il giusto peso a ciò che scorre sullo schermo, che magari potrebbe essere importante per l'economia del film. Faccio un esempio proprio rigurado a "Vincere": Quanto secondo voi la scena in cui Rachele fa mangiare le galline è importante? Con uno sguardo approssimativo potremmo dire che si tratta solo di una scena riempitiva, che potrebbe anche passare inosservata, allo stesso modo i trenta secondi di quella scena, potrebbero valere quanto un paio di biografie sul Duce. Un saluto.

Christian ha detto...

Quello di commentare ad alta voce è un atto di maleducazione e basta, temo che sia indipendente dalla presenza o meno di dialoghi e anche dall'interesse o dall'attenzione per quello che si vede sullo schermo: anzi, spesso si commenta proprio ciò che si vede, perché non lo si capisce, perché si vuole dire la propria opinione alla persona che è seduta a fianco, o semplicemente perché si è incapaci di stare zitti per più di cinque minuti. Concordo con te, naturalmente, che un film andrebbe visto in silenzio dall'inizio alla fine, e senza interruzioni, tanto al cinema quanto a casa.

La scena delle galline, sai che non me la ricordo nemmeno? E ho visto il film solo tre giorni fa. Si vede che proprio non mi ha impressionato per niente. :-(

Fabrizio ha detto...

Appunto Christian. quella di citare la scena delle galline è una mia scelta precisa.Tu non la ricordi nemmeno, magari invece altri ritengono che in quella scena si possa trovare l'idea fascista del ruolo della donna in quel momento storico e molto altro.
Era questo che intendevo dire, quando parlo di "immagini".L'esempio di DAN non regge "esiste la fotografia", perchè allo stesso modo si potrebbe affermare che per i dialoghi esiste la scrittura ecc..
Il mio dicorso era rivolto ad una osservazione ben precisa, Bellocchio è più apprezzato all'estero perchè in altri Paesi europei LO SPETTATORE da all'immagine, all'inquadratura, al movimento di macchina, alla fotografia il giusto peso nel giudicare un film, in Italia (per me) non è così.

Carlo ha detto...

Fabrizio permettimi, anche all'estero lo spettatore da all'immagine, all'inquadratura, al movimento di macchina, spesso un peso poco rilevante e chiacchera durante le scene non dialogate dei film.

Per esperienza diretta posso dire che anche all'estero lo spettatore non da necessariamente il "giusto" peso all'immagine per il solo fatto di essere non italiano.

Detto questo concordo con Fabrizio quando dice che ci sono momenti nei film in cui scene senza dialogo o apparentemente fuori posto possono avere un ruolo importante per l'economia del film.

Ma apprezzare o meno tali scene e gli aspetti di esse non mi risulta sia una caratteristica prettamente nostrana, quando piuttosto assai trasversale mondialmente e suscettibile non solo al gusto cinematografico o alla formazione ma anche a preferenze sessuali o idiosincrasie, interessi e perfino a personali stati di salute (avere certe malattie ad esempio, cambia la percezione e quindi il giudizio su quello che si vede).

Fabrizio ha detto...

Quello che dice Carlo è senz'altro vero e mi trova d'accordo, ma non riesco a spiegarmi come Bellocchio che da sempre lavora molto sull'immagine, nel resto d'Europa sia molto più apprezzato che in Italia (anche dalla critica), probabilmente una delle cause sarà senz'altro dovuta al fatto che i film di MB "interessino" il giornalista di cinema (che spessissimo non è un critico) più dal punto di vista politico, che garantisce un pò di gazzarra in tv e sui giornali, che da quello cinematografico.
Non capendo, secondo il mio umilissimo parere, che sia il sequestro Moro di Buongiorno Notte, che il figlio segreto del Duce in Vincere sono solo la base per fare buon cinema d'autore in un Paese dove ormai i registi, anche bravi e famosi, si preoccupano principalmente di non inquadrare un seno femminile per non compromettere il passaggio in Tv del loro film.

Christian ha detto...

Anch'io sono d'accordo con Carlo nel non vedere particolari idiosincrasie degli spettatori italiani verso le scene prive di dialoghi rispetto a quelli di altri paesi. Agli spettatori stranieri invidio semmai il fatto di essere molto più abituati a vedere un film in lingua originale con i sottotitoli, cosa che la maggior parte degli italiani reputa fastidioso o impossibile solo perché è contrario alle loro abitudini.

Sul fatto che il gradimento di un film dipenda anche dal particolare stato d'animo o predisposizione del momento, naturalmente, non ci piove! E anche sull'importanza che possono avere scene "più d'atmosfera" o evocative nell'economia di una pellicola.

Per quanto riguarda il riscontro critico di Bellocchio all'Italia o all'estero, devo ammettere di non avere molte basi su cui giudicare. Mi pare però che in Italia se ne parli sempre piuttosto bene, almeno negli ultimi anni (era stato lodato persino "Il regista di matrimoni", un altro film che non mi ha detto assolutamente nulla): d'altronde la critica ufficiale italiana è parecchio sciovinista e parla raramente male dei film nostrani.

marco c. ha detto...

questa non è più un'analisi di cinema ma di metacinema. non ho ancora capito se vale una visione o meno. un saluto a tutti!