19 marzo 2009

Gran Torino (Clint Eastwood, 2008)

Gran Torino (id.)
di Clint Eastwood – USA 2008
con Clint Eastwood, Bee Vang, Ahney Her
**1/2

Visto al cinema Colosseo, con Hiromi.

La "Gran Torino" del titolo è una storica automobile della Ford (il modello di "Starsky & Hutch", per intenderci) che fa bella mostra di sé nel polveroso garage dell'anziano Walt Kowalski, reduce della guerra in Corea, metalmeccanico in pensione e vedovo da poco. L'anacronistico Walt vive ora da solo in compagnia del cane Daisy in una villetta nei sobborghi di Detroit: il quartiere è ormai degradato e invaso da immigranti del sud-est asiatico, che il burbero protagonista poco sopporta. Ma il suo razzismo è solo apparenza (non molto diverso dal tono sfrontato, di facciata, con cui si rivolge agli amici, come il barbiere italiano): scoprirà di avere molto più in comune con i nuovi vicini che con la sua stessa famiglia (i rapporti con i figli sono infatti ai minimi termini), e si prenderà a cuore le sorti del giovane Thao, introverso e poco propenso a entrare a far parte della gang di teppisti del quartiere che lo ha preso di mira. In fondo Walt è "solo" xenofobo, non razzista (e lo rimane fino alla fine del film, non c'è cambiamento, nonostante le apparenze): detesta il figlio perché compra auto straniere e "adotta" Thao non in quanto immigrato ma perché è un giovane in grado di adeguarsi ai valori americani (casa, ragazza, lavoro onesto e naturalmente auto americana). L'intero film – "piccolo" e intimo, tutto ambientato in un microcosmo (una casetta con giardino, un isolato e poco altro) che riflette l'intero pianeta, e girato con stile classico anche se a tratti caricaturale – è un elogio dell'integrazione all'american way of life, non certo dell'apertura al diverso e del rispetto delle culture straniere. Attento al contesto sociale e indulgente con la sua retorica e gli stereotipi, Eastwood riesce a coinvolgere lo spettatore senza rinunciare a molti dei suoi temi preferiti (il rapporto con la religione, quello fra genitori e figli, l'individualismo, l'uso e i limiti della violenza, la difficoltà del compiere una scelta drastica). Ma in un mondo che sta cambiando e che ha ormai perso la propria identità (la crisi economica, la globalizzazione, la microcriminalità, l'immigrazione), anche l'ispettore Callaghan deve aggiornare i propri metodi e modificare le sue prospettive. Peccato solo per una certa prevedibilità (dopo dieci minuti di film, è facile immaginare come proseguirà). Il valore aggiunto della pellicola, naturalmente, è Clint stesso, con il suo volto rugoso, i grugniti e lo sguardo tagliente: se veramente questo sarà il suo ultimo ruolo da protagonista sul grande schermo, come avrebbe fatto trapelare, non sarà stato in fondo un cattivo epitaffio. E con un finale davvero ironico se riportato alla sua intera carriera.

16 commenti:

Anonimo ha detto...

Filmaccio!

Christian ha detto...

Non è brutto, ma tutt'altro che memorabile, e certo non un capolavoro.

Ale55andra ha detto...

Io invece l'ho trovato memorabile. Non me ne scorderò facilmente, affatto. Un vero e proprio gioiellino!!

Anonimo ha detto...

Ciao,

insomma mi pare di capire che rispetto al consenso generale riportato dal film tu abbia qualche perplessita'...mi ha colpito quando dici a proposito dello stile classico..." a tratti caricaturale"..potresti spiegarmi meglio cosa intendi?

grazie

NICKOFTIME

Christian ha detto...

Ale55andra: Non so, è sicuramente un film piacevole (voto 7, per intenderci) ma non ci ho trovato nulla di innovativo, di sorprendente o davvero emozionante, come invece (per fare un esempio) in "Million dollar baby". Tu sì?

Nickoftime: mi riferivo soprattutto alle inquadrature del volto di Clint digrignante, ma anche a certi personaggi che sembrano un po' delle macchiette, a partire dallo stesso Clint, ma anche il barbiere italiano, il capocantiere irlandese, la nonnetta asiatica che sputa...

Ale55andra ha detto...

Bè io ci ho trovato un cuore e un'anima non indifferenti, oltre che alla caratterizzazione straordinaria di un personaggio che però rappresenta una determinata fetta di società, oltre che uno spaccato davvero significativo degli Stati Uniti e dei meccanismi che stanno alla base della società appunto. Poi vogliamo parlare di quel finale, di quel commiato veramente straordinaio? Senza tener conto della regia che ho apprezzato oltremodo (ancora nella testa mi martella la straordinaria sequenza del tentativo di furto della Gran Torino) e dell'immensa interpretazione di Clint Eastwood.

Christian ha detto...

D'accordo sul cuore e l'anima, sul bel finale e sull'interpretazione di Eastwood (anche se non poi così diversa da quelle già viste in altri suoi film). La scena del furto, francamente, non mi ha colpito più di tanto dal punto di vista della regia, anzi quasi non me la ricordo.

Anonimo ha detto...

NOOO Christian!!! Non ti ha convinto abbastanza?? Noooo!!!
:D Vabbè ognuno esprime il suo personalissimo parere. A me il film è rimasto dentro.

Christian ha detto...

Guardate che mi è piaciuto! Solo, per me non è un capolavoro o comunque non è bello quanto "Million dollar baby", "Gli spietati" o "Lettere da Iwo Jima", per citare altri tre film di Clint più o meno recenti.

Martin ha detto...

Non vedo perchè tu ti debba giustificare Christian.
Giri per i blog e un film su tre nuove uscite è un capolavoro...!
Visto che sei uno dei pochi che mantiene uno spirito critico (e una prospettiva storica) continua come hai sempre fatto ed evita certe inutili discussioni.
O preferisci stare a pesare il gradimento con il bilancino?

Spinoza ha detto...

Bel film, anche se troppo schematico. Non mi ha convinto la caratterizzazione della famiglia di Walt, nè il veloce cambio della personalità dello stesso Walt nei confronti degli asiatici.

Christian ha detto...

Sulla famiglia di Walt sono d'accordo, è caratterizzata in maniera un po' superficiale. Per quanto riguarda il cambiamento di Walt, direi che lui non è mai stato "razzista" (in senso letterale) nemmeno all'inizio: a dargli fastidio non era il fatto che i suoi vicini fossero di etnia differente dalla sua, bensì che non fossero "inquadrati" nello stile di vita americano, che non curassero il giardinetto, non avessero la bandiera a stelle e strisce, ecc. E infatti poi aiuta il ragazzino a diventare "americano" in tutto e per tutto, a trovarsi un lavoro, una ragazza, ad avere la casa ben tenuta, finché non diventa degno anche della macchina. La visione di Walt è quella di un'America fatta comunque di tante etnie e culture (dopotutto è un dato di fatto), tutte però omologate a un unico stile di vita: tant'è che non ha problemi a frequentare italiani, irlandesi o neri già "integrati". I cattivi sono chi non si adegua a questo stile (come i teppisti), a prescindere dalla loro origine. Questo, forse, è il vero tema del film (e non un generico messaggio "antirazzista").

Martin ha detto...

Da come descrivi l'atteggiamento di Walt direi che calza perfettamente con la definizione di xenofobia che non ne fa una questione di razza ma piuttosto di "modelli sociali, politici e culturali del proprio paese" opposti a quelli stranieri.

Christian ha detto...

Sì, anche se pure il termine "xenofobo", riferito a Walt, mi sembra un po' fortino. Certo è che gli dà molto fastidio che i suoi figli si comprino automobili straniere... ^^

Carlo ha detto...

Il barbiere italiano era l'interprete di Arthur Leigh Allen ovvero Zodiac in "Zodiac" del 2007, credo sia stato voluto farlo essere presente assieme all'interprete di Callaghan, che ne pensi?

Christian ha detto...

Non lo sapevo... Probabilmente è una coincidenza, anche se di certo è curiosa.