14 gennaio 2009

Un matrimonio all'inglese (S. Elliott, 2008)

Un matrimonio all'inglese (Easy Virtue)
di Stephan Elliott – GB 2008
con Jessica Biel, Kristin Scott Thomas
**

Visto al cinema Apollo, con Hiromi.

Anni Venti: la bella, intelligente e vistosa sposa americana del giovane rampollo di una famiglia inglese deve fare i conti con l'ostilità e i pregiudizi della famiglia del marito, e in particolare della madre. Liberamente tratto dalla commedia teatrale "Easy Virtue" di Noël Coward (che era già stata portata sullo schermo nel 1927, nientemeno che da Alfred Hitchcock: ma pur non avendola vista, ho l'impressione che la versione di "Hitch" avesse un tono completamente diverso), il film affianca al tema del contrasto fra americani e britannici (la sposa yankee, emancipata – è persino una pilota automobilistica! – e indipendente, non si trova a proprio agio di fronte all'ipocrisia e alle regole ingessate della società inglese) quello ancor più annoso e proverbiale fra nuora e suocera (con quest'ultima che le muove guerra sin dal primo istante). E la protagonista, costretta a riflettere sulla reale portata dell'amore del marito, trova la sola anima affine nel padre di lui (un grande Colin Firth), l'unico della famiglia che in gioventù – durante e dopo la Grande Guerra – ha sperimentato la libertà e ha visto il mondo "reale". I pregi del film stanno negli attori, nell'ambientazione, nei dialoghi e in alcuni momenti che si stagliano su tutto il resto (come il tango ballato nel finale da Firth e dalla Biel); i difetti stanno nell'assoluta prevedibilità della vicenda e nella mancata evoluzione dei personaggi, che tali sono all'inizio e tali restano, come se il confronto fra i diversi modi di vivere fosse incapace di intaccare i rispettivi stili di vita. Amanti degli animali, attenzione: il chihuahua fa una brutta fine!

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