16 gennaio 2009

Bagdad Cafè (Percy Adlon, 1987)

Bagdad Cafè (Out of Rosenheim)
di Percy Adlon – Germania/USA 1987
con Marianne Sägebrecht, CCH Pounder
***

Rivisto in DVD, con Hiromi.

Piccolo film di culto, surreale e divertente. Una grassa turista tedesca dal nome impronunciabile, Jasmin Münchgstettner, dopo aver litigato con il marito scende dalla macchina e si incammina a piedi nel deserto Mojave (in California). Giunge infine al Bagdad Cafè, una sperduta, disordinata e trasandata stazione di sosta con motel annesso, gestita in mezzo al nulla dalla vivace e irritabile Brenda, la quale a sua volta ha appena cacciato via il suo uomo. La strana apparizione della donna teutonica, con i suoi insoliti comportamenti (fra le altre cose, ha portato con sé per errore non la sua valigia ma quella del marito) mette a dura prova il comprendonio e dunque la pazienza di Brenda. Come se non bastasse, l'annoiata Jasmin comincia a pulire i locali e a fare ordine nella confusione in cui Brenda è abituata a sguazzare. Ma poco a poco l'amicizia fra le due donne cambierà completamente l'atmosfera del posto, coinvolgendo anche i due figli adolescenti di Brenda e gli altri abitanti della ristretta comunità, in particolare il pittore gentiluomo Rudi Cox (Jack Palance), che si invaghisce della nuova arrivata e la ritrae in una serie di dipinti sempre più "boteriani". E gli spettacoli di magia di Jasmin attireranno orde di clienti e di camionisti. Caratterizzato da una comicità rarefatta, quasi alla Kaurismäki, il film è un gioiellino che mette a confronto mondi assolutamente diversi (mitiche le differenze di vedute dei personaggi su come si debba bere il caffè: ristretto, all'europea, o allungato, all'americana), dimostrando come l'amicizia possa nascere ovunque: in fondo, grassi o magri, giovani o anziani, bianchi o neri, siamo tutti esseri umani. Il gioco dei contrasti è esemplificato da piccoli particolari, come lo sceriffo che in realtà è un indiano, o la ragazza dei tatuaggi che vuole andarsene "perché c'è troppa armonia". La fotografia colora (con filtri evidenti) i paesaggi e i cieli di rosso, giallo e blu, mentre le inquadrature – specie all'inizio – sono volutamente sbilenche. Bellissima la canzone "Calling you" di Jevetta Steele, che si sente a più riprese.

3 commenti:

Luciano ha detto...

Un bel film che vidi anni fa in VHS. Stavo per recensirlo ma non ho ancora trovato il tempo di rivederlo.

Christian ha detto...

Anch'io l'avevo visto una volta sola molti anni fa... e a rivederlo mi è piaciuto ancora molto.

Giovanni ha detto...

Film molto interessante - come atmosfere mi ha ricordato "Arizona Dream"... molto onirico, dimensione del tempo dilatata, colori forti e "riempenti"!

Condivido appieno il commento di Cristian - se non fosse stato un regista tedesco, bensì hollywoodiano mi sarei aspettato un colpo di scena del marito di Brenda che rompe l'idillio tra le due amiche per gelosia... meno male che non è successo, preservando il suo messaggio.

Gio